Oggi è stato il mio terz'ultimo giorno di lavoro, da quando ieri ho saputo che questa sarebbe stata l'ultima settimana di lavoro sento come se avessi un mondo di opportunità che mi si aprono davanti.
Forse mi sto illudendo che qualsiasi strada alternativa a questa possa rendermi felice, il fatto è che finché non l'avrò percorsa voglio credere che andrà bene.
Un giorno spero di trovare un posto che faccia per me, e di avere abbastanza forze per cercarlo anche se dovessi prendere mille strade sbagliate.
Sono passate delle ore ed ora sono alla mattina del mio penultimo giorno , è incredibile che stia per finire. Mi sento come un ragazzino che è agli ultimi giorni di scuola e vorrebbe solo fuggire da quel supplizio per poi andare a divertirsi al mare o in piscina con i suoi amici.
Oggi il sole sarà torrido ma sento che andrà bene, non ho più paura di fare questo lavoro per il resto dei miei giorni.
La gabbia di cemento che si era creata attorno a me sta crollando pezzo per pezzo, sgretolandosi dall' alto verso il basso, granello dopo granello.
Anche stamattina il sole è sorto e lo farà pure domani e il giorno dopo, magari il mondo cambierà nel frattempo, ma non ci sono prove che smetterà di esserci la luce.
Purtroppo in questi anni di dolore ho cominciato ad odiare il sole e a rifugiarmi dalla sua presa, tutto quel calore provocato, la sensazione di essere prosciugato dai suoi tentacoli lucenti mi creava e mi crea un senso di claustrofobia.
Quando vaghi nel deserto cerchi solo un luogo d'ombra dove non bruciare almeno per un po', ma se trattieni tutto quel calore anche all' ombra continui a soffrire e a desiderare solo pace.
E questo lavoro è stato per me come un deserto, grande e infinito, senza vie d'uscita , geograficamente impossibile, ma della geografia la mente non se ne fa nulla. Alcuni miei colleghi mi raccontavano di aver vissuto quella vita per anni, decenni anzi. E i più anziani che hanno cominciato in tenerissima età hanno appena compiuto cinquanta anni di dolore e nei loro corpi si intravede quel dolore. Nei loro corpi pesanti e doloranti si vede la continuità dei danni che il sole ha provocato loro.
I denti marci e decadenti dovuti a tonnellate di fumo inalato per estraniarsi da quella tortura. Muscoli che tremano e mostrano ferite e cicatrici profonde. Perché per ogni anno passato in questo settore la fatalità aumenta e le possibilità di farcela diminuiscono.Ma loro, come leviatani morenti si aggirano ancora in questa terra a condurre una vita straziante.
Il mio datore di lavoro un giorno mi disse che se avessi continuato per altri due o tre anni sarei finito gravemente malato o mutilato, già adesso il cuore mi funziona in maniera bizzarra, se avessi aspettato ancora un po' cosa mi sarebbe successo?
Non sono fatto della stessa carne di quei leviatani e ne sono felice, la loro forza, forse, è stata proprio quella ostinata forza a renderli incapaci di fare un cambiamento. Una mentalità tutta siciliana della vita, fatta di sofferenza, e di conseguenza, di dedizione spropositata ad un lavoro che dopo decenni non ti lascia nulla se non un senso di vuoto.
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viaggio infinito
RandomDiario personale, non ho i soldi per andare dallo psicologo quindi scrivo di getto finché non riuscirò a stare meglio