IBRAHIM

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《Hai preso tutto? Mi raccomando fai attenzione, non parlare con nessuno e chiama appena arrivi!》
《Basta Magda, lascialo respirare, non è più un bambino!》disse mio zio Bashir rivolgendosi alla mia apprensiva zia.
Io la guardai sorridendo, per poi abbracciare mio zio e avviarmi verso il mio gate, non prima di rivolgere un'ultima occhiata alla splendida terra che mi aveva accolto, coccolato ma anche travolto l'ultimo anno.
Quando mio padre mi disse che avrei passato un anno in Marocco, nella sua città natale, ammetto di non aver esultato, ma non dissi niente, accettai la sua decisione. Allora non capivo. Ora quei colori, quei profumi, quell'amabile caos caldo marocchino li custodivo nel mio cuore in attesa di viverli di nuovo.
Avevo fatto un tuffo nelle mie origini, il Marocco era per me casa, vita e sapevo che sarei tornato presto, magari una volta terminato il liceo.
Nell'ultimo anno, oltre a seguire le lezioni a distanza, possibilità avuta vista i miei ottimi voti, avevo conosciuto la fatica lavorando nel market dei miei zii e avevo conosciuto la disciplina nella palestra di mio nonno.
Ero molto migliorato nella lingua, avevo imparato a trattare, avevo appreso usi e costumi e avevo visto con i miei occhi quanto si potesse essere felici con poco.
Forse mio padre sapeva che mi sarei innamorato di tutto ciò quando mi ha proposto di trascorre un anno nella sua città di origine, lui che tanto amava il suo Paese, lui che ancora oggi, dopo tanti anni, faticava a vivere la sua nuova vita.
Ora, guardando fuori dal finestrino, sentivo già la mancanza di quel vivere in cui mi sentivo me stesso, libero e a cui sarei tornato presto.
Sì, quello era il mio posto nel mondo.
Scrissi un messaggio a mia sorella per avvisare l'orario di arrivo all'aeroporto, per poi perdermi nelle nuvole.

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