Belle, una ragazza testarda e all'appareza sicura di sé, si trasferisce in California con sua madre, costretta ad andare in una scuola privata.
Lei, in una scuola che pullula di ricconi altezzosi, non si sente conforme e odia tutti, soprattutto un...
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BELLE 🌙
«Sei pronta?»
Adeline mi osserva con gli occhi carichi di adrenalina. Mi sorride con un pizzico di malvagità, sollevando le sopracciglia bionde. Nelle mie vene scorre euforia allo stato puro. Ogni parte del mio corpo vibra al solo pensiero di ciò che farò tra pochi secondi.
E chi lo avrebbe mai detto che Adeline, la ragazza che fino a ieri, per me, era una sconosciuta, sarebbe stata la mia compagna perfetta di vendette? Assottiglio gli occhi lanciandole un'occhiata, mentre lei, leggermente nervosa si passa una mano tra i capelli dorati.
«Mancano trenta secondi» guardo l'orologio in preda all'ansia.
Stringo tra le dita un chiodo appuntito, leggermente arrugginito, mordendo l'interno guancia, con un misto tra rancore e angoscia in circolo nel mio corpo. Il cortile della scuola è vuoto: ogni singolo alunno è ancora a lezione. Saltare un'ora il mio secondo giorno di scuola non andrà di certo a mio favore, ma non posso starmene con le mani in mano, mentre un deficiente si prende gioco di me.
Non sarebbe da me.
I miei occhi brillano non appena la campanella suona, facendo stridere le mie orecchie doloranti. Mi volto verso la mia amica, che annuisce mordendo le labbra rosee. Il mio cuore saltella nella mia gabbia toracica, battendo come un tamburo.
Le porte della scuola si aprono, ed io e Adeline corriamo all'attacco: ci fiondiamo sulla moto nera di Aaron alla velocità della luce ignorando i mille volti rivolti verso di noi. Come se impugnassimo due coltelli, con il sangue amaro, colpiamo con rabbia le ruote, che si sgonfiano ogni secondo di più, fino ad essere completamente atterra.
Il vociferare aumenta, e non appena ci alziamo il cortile ormai pullula di studenti curiosi, che ci osservano con stupore. Con due sorrisi stampati sui volti, io ed Adeline ci diamo il cinque.
«Ha avuto quello che si merita, quel bastardo» esclamo, fiera della mia vendetta, lanciando a terra il chiodo che fino a pochi secondi fa stringevo tra le dita.
Proprio in quel momento, da in mezzo il mare di persone con dei telefoni in mano, riconosco due iridi verdi che sembrano delle pietre preziose. Una chioma di capelli neri e folti, a grande falcate viene verso da noi, ed un brivido percorre la mia spina dorsale.
Non appena incontro i suoi occhi, taglienti e cupi, puntati su di me, una scarica di adrenalina viene rilasciata nella mia figura.
Mordo la lingua squadrandolo dalla testa ad i piedi, anche quando ormai si trova ad un passo da me. Lo osservo dal basso, in tutta la sua altezza di più di un metro e novanta, con due occhi di sfida. Lui stringe la mascella, tirandosi su dai polsi i lembi della camicia della divisa della scuola, lasciando scoperti sulle braccia muscolose i tatuaggi.
«Cosa cazzo hai fatto alla mia moto?!» sbotta innervosito, avvolgendo le sue dita attorno al mio polso. Mi dimeno staccando la sua presa forte e decisa.