Capitolo 6: Giornate bollenti

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Mi alzai presto quella mattina, nonostante la notte precedente fossi andata a dormire molto tardi, non riuscivo più a dormire. Qualcosa mi spinse a controllare come stesse Rylan. Forse fu il senso di responsabilità che sentii dopo averlo lasciato a dormire nel fienile, o forse era solo la curiosità di vedere come avrebbe affrontato il risveglio post-sbornia.

Attraversai il cortile silenzioso, ancora avvolto nella quiete del primo mattino, e raggiunsi il fienile. Spinsi leggermente la porta di legno e la luce dorata dell'alba si diffuse all'interno, illuminando il letto di paglia dove Rylan dormiva ancora profondamente. Era avvolto nella coperta che gli avevamo messo addosso la sera prima, e i suoi capelli erano sparsi in modo disordinato sulla fronte. Il fieno era sparso ovunque, e una leggera tenerezza mi colse nel vederlo così vulnerabile, i suoi lineamenti meno spigolosi e più dolci nel sonno.

Mi avvicinai piano, quasi senza fare rumore, fino a chinarmi su di lui. C'era qualcosa di inaspettatamente pacifico nel vederlo così. Mi ritrovai a voler sfiorare quella ciocca di capelli ribelli che gli copriva la fronte, come se quel gesto potesse risolvere il disordine della sua vita, almeno per un attimo.

Con delicatezza, scostai la ciocca. Ma all'improvviso, prima ancora che potessi reagire, una mano solida afferrò il mio polso con forza. Mi trattenni dal sobbalzare, e il mio sguardo incrociò quello di Rylan che spalancò gli occhi di scatto, lo sguardo turbato e spaventato, come se fosse stato svegliato da un incubo.

«Rylan, sono io» dissi subito, cercando di tranquillizzarlo.

La tensione nei suoi occhi si sciolse lentamente quando si accorse che ero solamente io. La sua presa si allentò e il suo solito sorriso sornione tornò a incorniciare il viso, anche se il sonno gli rendeva ancora i movimenti e le parole un po' lenti.

«Non riesci a stare neanche un minuto senza mettermi le mani addosso, eh?» sogghignò, la voce impastata dal sonno ma con la soddisfazione maliziosa di chi si divertiva a provocare.

Quella frase ruppe la magia che il suo viso angelico addormentato aveva creato in me solo un attimo prima. Tirai indietro la mano con un gesto secco, cercando di mascherare il leggero imbarazzo che sentii montare.

«Non è colpa mia se ti sei messo a dormire nel fienile» replicai, cercando di non cedere alle sue provocazioni. «Solo una persona irresponsabile avrebbe bevuto così tanto sapendo di non poter tornare a casa.»

Rylan rise piano, ancora intontito, ma il sorriso non abbandonò il suo volto. «C'era una persona responsabile a tenermi d'occhio, quindi mi sono sentito libero di rilassarmi.»

Lo guardai, cercando di capire se stesse scherzando o se ci fosse un fondo di verità nelle sue parole. Lui mi fissò con quegli occhi chiari, apparentemente innocenti ma carichi di malizia.

«Libero di rilassarti?» ripetei, alzando un sopracciglio. «Mi sembra più che altro che tu abbia scelto di lasciarti andare del tutto.»

Rylan scosse la testa con un sorriso di sfida. «Non ho sentito nessuna lamentela ieri sera. Sembravi troppo occupata a goderti la compagnia di Luke per notare quello che facevo.»

Sentii una punta di calore salirmi sulle guance, ma cercai di ignorarlo. «E tu sembravi troppo occupato a cercare di farti portare a letto da Jenna per notare cosa facessero gli altri.»

Per un momento, ci fissammo in silenzio, un gioco di frecciatine velate e sguardi intensi che nessuno di noi due voleva spezzare. Era un equilibrio precario, in cui entrambi giocavamo a tirare e allentare la corda, senza mai voler davvero perdere.

Alla fine, fu lui a parlare di nuovo, cambiando tono. «E comunque, grazie per avermi lasciato qui a dormire. Non so cosa avrei fatto se mi aveste portato da mio padre...»

Sotto il cielo dell'OklahomaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora