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Mi ricordo ancora quando ero piccola, che avevo paura del buio e di qualsiasi cosa, ma crescendo ho imparato che a volte bisogna avere più paura di se stessi che che degli altri. Un giorno, avevo circa sei anni e mi ricordo che mia mamma mi aveva chiamata con il mio secondo nome , quello che non usava mai , e fece << jasmin, vieni un attimo..>> mi è sembrato molto strano però scesi di sotto visto che vivevamo in una casa a tre piani. Appena arrivata di sotto mia mamma era strana aveva un alito che non sapevo riconoscere, però lì, avevo capito la ragione perché mi aveva chiamata. Non feci in tempo a finire di pensare che qualcuno mi toccò la spalla, era il mio cugino più odiato, era ancora in pigiama, capelli ricci con un piccolo ciuffo bruno, ma la cosa che mi faceva ridere di più era che aveva le ciabatte da giullare: tutte colorate con la campanella, che quando camminava si sentiva da kilometri di distanza, quella campanella super fastidiosa, invece io a differenza di lui, ero vestita con un abito che mi arrivava a mezza coscia, abbastanza adatto per i miei sedici anni, poi avevo due tacchi abbastanza alti e i capelli biondi lisci legati in uno chignon; ma non posso fare altro che sopportarlo perché da quando mia mamma non c'era più sono dovuta andare ad abitare con i miei zii, e a un certo punto mi disse << ti vuole lo zio vai nel suo ufficio, e in fretta perché ossenò si arrabbia anche con me>> mi infastidisce da morire quel suo accento napoletano, e avrei voluto rispondergli di andare al diavolo, ma mi trattenni e gli dissi << he, appena ho finito questo compito vado >> così con queste parole l'avrei mandato via dai piedi, ho pensato, ma il mio piano fallì e lui si mise a controbattere << NO, ora >> avrei voluto strozzarlo ma me ne andai prima di farli qualcosa di cui mi sarei potuta pentire; Quindi andai da mio zio Lucas, che mi disse << dovrai cambiare scuola, Jasmin>> adesso quel nome mi piaceva perché è stata l'ultima parola che aveva pronunciato mia mamma prima di morire, e da allora volevo che la gente mi chiamasse solo con quello, menomale che l'aveva imparato anche lui, non sopportavo quando ancora mi chiamava Nicol, a un certo punto però mi ricordai cosa mi aveva detto e allora risposi << perché devo cambiare scuola?! Mi sono sempre trovata bene in quella in cui sono ora!>>

<< non è vero, so che ti bullizzano>> sicuramente glie lo aveva detto il mio adorato cuginetto, appena torno in salotto lo ammazzo.

<< e in quale scuola andrò? Visto che adesso mi devi controllare pure lo studio!>> ormai chiesi arresa, anche se mi dispiaceva perdere i miei amici, ma soprattutto la mia compagna di banco, con cui prendo sempre le note senza una ragione che io non capisco, perché scrivono sempre: l'alunna da un ora disturba la lezione masticando la gomma e ritagliando carta insieme alla sua compagna di banco. Dopo un po', che mi è sembrato un secolo, mio zio mi rispose, dicendomi, di una scuola che non mi sarei mai immaginata nominare, visto che mio cugino e io non andiamo d'accordo <<andrai al liceo artistico, dove va tuo cugino, comportati bene>> lo sapevo che lo avrebbe detto, infatti poi quando stavo per uscire dalla stanza, prima di aprire la porta ad un centimetro, neanche dalla maniglia, disse << ha mi ero dimenticato tu e lui starete in classe insieme>> mi aspettavo tutto, ma non questo! Mi trattenni dal rispondere che non avevo intenzione né di cambiare scuola né di restare in classe con lui, ma me ne andai prima di scoppiare. Non ci vedevo più dalla rabbia, non solo mi toccava cambiare scuola perché mio cugino Gabriel aveva detto i fatti miei a suo padre, ma adesso dovevo pure stare in classe con lui. Uscii dalla stanza sbattendo la porta, ma avevo bisogno di stare sola: senza nessuno, nella mia stanza. Appena arrivata in camera sbattei la porta e mi sdraiai sul letto.

Stai calma...

Non succede niente tranquilla...

Mi diceva il mio cervello, ma io non sapevo cosa fare, stavo solo andando in panico.

E se non troverò amici nella nuova scuola?

Se tutti mi evitassero per non parlarmi?

Tutte le paranoie possibili immaginabili mi entrarono in testa, non riuscivo a ragionare dalla rabbia, quindi aprii nel telefono la chat della mia migliore amica Laura Miracle e gli scrissi le emozioni che provavo: mi aiutò a calmarmi e appena calma riuscì a ragionare lucidamente, dicendomi che una ragazza alta, bella, come me, anche se non mi consideravo questo granché di persona , però queste frasi riuscirono a calmarmi e dopo stavo ridendo liberamente insieme a Laura col telefono. Quando si fece buio decisi di andare a dormire: mi preparai lo zaino di scuola, i vestiti, mi misi il pigiama e dopo aver messo la sveglia andai in un sonno profondo.

Come se non fossimo cuginiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora