Nel giornale locale con cui collaborava era il reporter più giovane, per questo toccava sempre a lui occuparsi di tutti i casi più stupidi e improbabili, compresi i mitomani. Se gli andava bene, riusciva a ricavarne un pezzo leggero e ironico destinato a riempire qualche vuoto in fondo al giornale. Nella maggior parte dei casi invece era fatica sprecata. Non ci poteva fare niente, questa era la gavetta ed era più di quanto avessero in mano tanti colleghi anche più anziani di lui.
Fermò la macchina sul bordo della strada chiedendosi perché mai i mitomani debbano sempre fissare appuntamenti in luoghi sperduti e disabitati. Un bar in centro non sarebbe meglio per tutti?
Prese la pistola dal cruscotto, controllò che fosse carica e la infilò nella cintura. Si massaggiò la guancia destra, attraversata da una candida cicatrice che risaltava sullo sfondo della barba di due giorni: aveva imparato a sue spese che dare la caccia ai mitomani, pur essendo un'attività scevra di soddisfazioni professionali, non era esattamente un lavoro noioso.
Registratore o appunti? Appunti. Poteva sempre scarabocchiare qualcosa facendo finta di scrivere, col registratore avrebbe dovuto fingere attenzione tutto il tempo. Si girò per raggiungere la cartella degli appunti sul sedile posteriore. Non c'era. Imprecò sottovoce e si contorse ancora un po' per raggiungere il borsone del softair scivolato dietro il suo sedile: quella sera avrebbe dovuto trovarsi con alcuni amici. Uno sport che aveva cominciato a praticare dopo la brutta esperienza della cicatrice, e che ora lo appassionava.
Spero di non perderci la giornata con questo qui.
Rimessa la sacca sul sedile posteriore, raccolse la cartellina e i fogli sparsi qua e là.
Sceso finalmente dall'auto si guardò intorno. La giornata serena e l'assenza di vento rendeva ancora più solitaria la strada in cui si era fermato. Sentiva solo il ronzio delle api, indaffarate con le acacie fiorite da poco. Dall'altro lato della ruvida striscia d'asfalto c'era un'unica casa, non troppo male in arnese ma disabitata da tempo. Non c'erano macchine né tracce di pneumatici nel vialetto infestato dalle erbacce.
È sicuramente un bidone. Meglio così.
Ricontrollò che la pistola fosse a posto e si avviò verso la casa per un giro di controllo, pensando già a come impiegare il resto del pomeriggio. Una doccia, un salto veloce al centro commerciale e poi via, al softair. Poi avrebbe raccontato al boss qualche stupidaggine e gli avrebbe propinato un articolo del tutto inventato su quanto strane siano certe persone. Per quel che lo avrebbe pagato, inventarsi un'intervista con un mitomane bidonaro era anche troppo.
La casa era un anonimo cubo di cemento e mattoni a due piani più seminterrato, tetto a quattro spioventi, due camini e porte e finestre rigorosamente chiuse. Il giardino, incolto da anni, forse un tempo era stato bello, a giudicare dai due grandi alberi ai lati della casa e da ciò che restava di alcune siepi che probabilmente un tempo fiancheggiavano il vialetto, dove ancora si scorgeva la ghiaia bianca in mezzo a ciuffi di erbe alte e dure che pian piano riconquistavano lo spazio perduto.
Arrivò davanti ai tre gradini di pietra bianca che portavano alla porta d'ingresso. Tutto aveva l'aria di essere rimasto così per anni. Stava per girarsi e tornare alla macchina quando sentì armeggiare la serratura dall'interno. Pochi secondi dopo la porta si aprì, lenta e cigolante, tirata con circospezione da un uomo alto e magro, dai capelli neri un po' scompaginati, vestito con una orribile tuta da ginnastica gialla e verde.
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Diffidate delle imitazioni
Science Fiction«Viaggiare nel tempo è un grosso affare. Sapere in anticipo i risultati delle corse dei cavalli o dell'estrazione del lotto è nulla in confronto a tutte le possibilità che si aprono» «Il primo che realizza una macchina del tempo ha il potere di ferm...