L'Arcano senza nome

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Poco si era salvato dall'incendio:

Brandelli del tendone
Un vecchio baule di ferro
Due palloni gialli sgonfi e rattoppati
Un barattolino di cerone bianco
Tre o quattro clavette da giocoliere
Il ciondolo col teschio rosso di sua madre
Qualche scheggia della sfera di cristallo
La bambola di pezza di quando Barb aveva cinque anni
La testa del suo cavallo a dondolo
Le carte bruciacchiate di un vecchio mazzo di tarocchi

La carta senza nome lo fissava beffarda, abbandonata a faccia in sù in mezzo alle macerie, con il suo "XIII" mezzo mangiato dal fuoco e il sorriso sbilenco di uno scheletro, con la pelle rattrappita su un  volto senza occhi. La falce, e tutte quelle teste e quelle braccia sparse ai suoi piedi.

Sua madre gli diceva sempre che quasi mai la carta della morte  era legata a cattivi presagi. Che non doveva averne paura. Che non certo di morte si trattava, piuttosto forse di  cambiare pelle, di abbandonare il vecchio involucro come il serpente o la lucertola. E forse quelle cose là ai piedi della carta senza nome, le teste, e gli arti, non erano che vecchi involucri delle vite passate, solo cose che era necessario abbandonare, parti di sé che non ci appartengono più.

Il bambino che si fa uomo e abbandona i vecchi giochi in un cassetto.

Poco era rimasto dall'incendio e di quel poco, ancor meno aveva portato con sé:
La bambola di pezza di Barb, nella speranza, un giorno, di potergliela ridare.
Il ciondolo col teschio rosso di sua madre.
E quell'Arcano senza nome che aveva resistito alle fiamme solo per farsi beffa di lui.

Tante cose aveva lasciato indietro. Cose che non più gli appartenevano.E di tante, una sola aveva tenuto, solo che non poteva tenerla intera.
Il suo nome mutilato gli avrebbe permesso di cambiare pelle: si lasciò dietro, abbandonandola  tra i detriti di una vita passata, la vocale finale del suo nome.

"Blizø" si sarebbe presentato da quel momento a chiunque glielo avesse chiesto "la 'o' è muta".

L'Arcano senza nomeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora