⎯⎯⎯ 𝓟𝓻𝓸𝓵𝓸𝓰𝓸 ⎯⎯⎯
Chiunque avrebbe notato l'astio che regnava tra Tom Kaulitz e Bill Trümper.
«Che capelli di merda, sembra una strega», sibiliò un ragazzo sfilando accanto il povero malcapitato a testa alta, camminando con aria spavalda davanti alle espressioni imbambolate di tutte le ragazze della classe. La ridicola cipolla che raccoglieva i lunghi dread faceva sfuggire qualche ciocca ricaduta sulla fronte, ma non sembrava infastidirlo, anzi, lo scompigliò ancora di più, con un gesto istintivo ma dannatamente attraente.
Bill si sentì improvvisamente scottare sulla sedia nel vago tentativo di sistemare una ciglia finta sul procinto di staccarsi ai lati. Avvertii quei occhi da stronzo ancora addosso, marchiati come ferite sulla pelle. Non avrebbe dovuto, ma il suo ego era tale da divorargli lo stomaco, perciò si voltò con l'intenzione di fagli una battuta a tono. Percepii un senso di vertigine bucargli la pancia nel momento in cui si perse in quello sguardo indomabile. Doveva assolutamente rispondere, ma quando aprí le labbra per pronunciare qualcosa di sadico, il professore tuonò un buongiorno alla classe.
Dopo due ore era suonata la campanella che segnava l'inizio dell'intervallo e Bill cominciava ad avvertire un certo languorino. Cosa che mai stava per lasciare l'aula e unirsi al gruppo di ragazzi che abbandonava la classe, andando ad allinearsi alla lunga coda di persone nei distributori automatici. Si accodò alla fila, ma l'atmosfera si arroventò quando una sagoma alta passò davanti tutti.
«Mettiti in coda come tutti i comuni mortali!», urlò qualcuno.
«È arrivata la regina di 'sto cazzo», rincarò la dose un ragazzo con un grosso paio di occhiali.
La bionda, che indossava una divisa da cheerleader, affilò lo sguardo e gli lanció un'occhiata truce.
«Hai detto bene. Sono la regina, quindi chiudi la bocca e aspetta il tuo turno.»
Il moro si rese conto di quanto i suoi capelli fossero un ammasso di paglierino solo in quell'istante. Quasi credette di avere davanti una creatura ultraterrena. Era impossibile che un essere umano avesse lineamenti tanto aggraziati. La sua chioma, cosi lucente da sembrare cosparsa di miele, era ciò che più si notava. Con un elegante colpo di mano si lanciò una lunga ciocca dietro alle spalle, ma la sua espressione altezzosa venne meno quando udii una voce familiare.
«Che succede?» Tom Kaulitz arrivò a un soffio dal viso della sua vittima che aveva osato contraddire la bionda. La preda tremó sotto al suo sguardo. «C'è qualche cazzo di problema?» Chiese ancora, senza curarsi di risultare maleducato.
«N-no», balbetto quello, impaurito e a Bill scappò uno sghignazzo. Tutto quello era un'assurdità.
Il profilo di Tom era perfetto, non poteva contrastarlo. Sembrava fosse dipinto a mano, con pennellate delicate a sottolineare la curva verso l'alto del naso e chiaroscuri tenui a mettere in rilievo la sporgenza delle sue labbra forate da un pearcing argentato. A parte le seghe mentali casuali, non poteva nemmeno negare che quella tanta perfezione alimentava ancora più la sua immensa voglia di tirargli una sberla e trasformarlo nello stronzo che era.
«E tu che cazzo ridi?», insinuò poi voltandosi verso Bill giocherellando con una sigaretta spenta.
«Rido perché guardandoti mi viene spontaneo», rispose il corvino senza scrupoli, e prima che l'altro potesse reagire, si affrettò a voltarsi alla ricerca di qualche altra macchinetta funzionante, mostrando il suo perfetto fondoschiena che si muoveva a ritmo per ogni passo.
Arrivò alla fine del corridoio ritrovandosi presto da solo, circondato da sconosciuti. Si piazzò davanti alla porticina metallica che mostrava diversi snacks. Spostò lo sguardo sul distrubutore delle bevande calde e pigiò il tasto 'caffè' sul quadrante elettronico, ma anche dopo aver messo i soldi il bicchiere non apparí. Provò a cliccare nuovamente, ma nonostante la lucina diventasse verde, l'anta pareva bloccata. I suoi tentativi di forzarne l'apertura furono del tutto vani e di certo, non avrebbe spezzato le sue unghie per un caffè del cazzo. Innervosito, diede un colpo di polso, causando un boato metallico. Ricevette un paio di occhiatacce, ma nessuno si offrì di aiutarlo.
«Quanta violenza», commentò una voce.
Uno studente lo osservó incuriosito. Aveva occhi grigi come una mattina d'inverno e ciuffi biondi decolorati che ornavano un viso d'angelo.
«Vuoi una mano o preferisci picchiarlo ancora un po'?»
«Puoi aiutarmi, per favore?», sbottò arrogante Bill indicando il distributore che di fare il suo lavoro non ne voleva sapere.
«Sono tutti difettosi. Devi fare così: metti la moneta e dopo aver scelto la bevanda, schiaccia con il ginocchio l'anta. Prova.» Il suo tono era particolarmente pacato, come se nulla fosse in grado di turbarlo.
«Grazie, ehm...»
Il bicchiere di carta apparve per magia e la macchina cominciò a produrre rumori poco rassicuranti.
Bill attese che si presentasse, togliendolo dall'imbarazzo.
«Andreas», suggeri lui, muovendo un passo nella sua direzione.
«Grazie, Andreas.»
«Prego, Bill.»
Bill corrugò la fronte. Quel moccioso sapeva giá il suo nome. Si chiese a che costo dovesse ausiliare i poveri sfigati in difficoltà, durante il loro primo giorno di scuola.
I tratti delicati del suo viso ipnotizzarono Bill per qualche istante di troppo, lui però sembrò non curarsene e, con una camminata lenta ed elegante indietreggió per poi sparire nel corridoio. Cosí com'era apparso, dal nulla, se n'era andato.
«Principessa la sua diarrea in carta è pronta.»
Si sentí dire alle spalle.
Troppo incentrato a pensare allo strambo tizio che un'attimo prima gli indirizzava come manovrare quel fottuto distributore automatico, da non accorgersi del caffè rimasto a prendere aria nel bicchiere.
Tom Kaulitz e il suo gruppo di falliti non potettero ovviamente farne a meno di approfittarne, a ripicca del commento precedente.
Il moro si voltò cercando di non dare peso alla sua inutile presenza, ma gli risultò difficile in quanto non riuscisse a dagliela vinta.
Prese il bicchiere, ma quest'ultimo si incastrò giusto giusto nella linguetta dell'anta. «Vaffanculo», biascicò quando il liquido bollente gli si versò sulla mano.«Velocizzi? Se tu ti levassi in mezzo ai coglioni magari a casa ci torni intero. Dovresti essere tu ad aspettare noi, ma riflettendoci hai la precedenza», disse il rasta facendo scoppiare a ridere come iene tutti i disagiati che lo affiancavano.
«Se tu te ne andassi a fanculo, saremmo tutti più felici», ribattè e una risata prese sopravvento. Sguaiata e spavalda. Inconfondibile.
Bill agitò i suoi anfibi contro il pavimento come zoccoli, irritato dalla situazione frustante. Lo prese come un evidente segno di non uscire piú dalla classe se non per fumarsi una sigaretta in cortile.
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Bacca di luna nera
Fanfiction[ LONG FANFICTION / IN CORSO ] Bill Trümper, quindicenne, è ben consapevole di chi è. Non si nasconde dietro un'immagine falsa e non lascia che gli insulti e le battutine, specialmente quelle rivolte alla sua sessualità, lo tocchino. Frequenta una p...