Capitolo IX: La Dura Lezione

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Il sole era ormai calato quando Yamato Xia e sua moglie Nami Fu arrivarono a scuola, la tensione palpabile nei loro movimenti. Nonostante la loro posizione di rilievo nella società, Yamato e Nami non erano persone abituate a mostrare il loro potere per dominare gli altri. Entrambi erano cresciuti con valori di disciplina e rispetto, e ciò che avevano appena appreso sulla figlia li aveva colti di sorpresa e profonda delusione.

Yamato, un uomo di corporatura robusta e sguardo penetrante, camminava con passi pesanti, mentre sua moglie Nami, una donna dalla bellezza elegante e composta, lo seguiva a pochi passi di distanza, il viso scolpito da un'espressione di preoccupazione. La signora Cheng li attendeva in piedi all'ingresso della scuola, il viso ancora segnato dalla frustrazione dell'intera situazione.

"Signor Xia, signora Fu, grazie per essere venuti così velocemente," iniziò Cheng con un cenno rispettoso, cercando di nascondere la stanchezza nella sua voce. "C'è molto di cui dobbiamo parlare. Vostra figlia... ha causato un incidente molto grave oggi."

Senza dire una parola, Yamato fece un cenno alla signora Cheng, che li condusse nel suo ufficio. Al centro della stanza, seduta su una sedia, c'era Lin, la testa china, le braccia incrociate e un'aria impenetrabile di sfida sul volto. Non mostrava alcun segno di pentimento, anzi, il suo sguardo freddo tradiva una sottile arroganza.

Appena entrati, la tensione divenne quasi soffocante. Yamato si fermò davanti a sua figlia, il viso teso in una smorfia di disapprovazione. Nami si posizionò accanto a lui, fissando Lin con occhi che cercavano una spiegazione, ma trovavano solo il vuoto.

"Cosa hai fatto, Lin?" chiese Yamato con voce grave, tagliando il silenzio. "La tua insegnante mi ha raccontato tutto."

Lin sollevò appena lo sguardo, le labbra serrate in un'espressione di sfida. "Non ho fatto niente di sbagliato. Sono loro che—"

Il ceffone arrivò prima che potesse terminare la frase. Il suono dello schiaffo risuonò come un tuono nella stanza, e Lin, sorpresa e stordita, si portò una mano alla guancia. Gli occhi di Yamato erano fiammeggiante di una furia controllata.

"Come ti permetti?" disse con una voce gelida, piena di disprezzo. "Come ti permetti di comportarti in questo modo? Ti abbiamo cresciuta con valori di rispetto e onore, non per usare il tuo talento nel kung fu per umiliare e ferire i tuoi compagni. È questa la figlia che ho cresciuto?"

Lin abbassò lo sguardo, la sfida nei suoi occhi scemata in un attimo di vergogna. Tentò di rispondere, ma Yamato la interruppe prima che potesse inventare altre scuse.

"Non cercare di screditare le tue compagne di classe," continuò, la voce più dura che mai. "Non hai alcun diritto di ferire gli altri solo perché sei più forte o più ricca. Il rispetto non si pretende con la violenza o con l'arroganza, Lin. Il rispetto si guadagna con le azioni, con la gentilezza, e con l'umiltà. E oggi, tu non hai mostrato nulla di tutto questo."

Nami, che fino a quel momento era rimasta in silenzio, si avvicinò alla figlia, la voce calma ma ferma. "Ti abbiamo dato tutto, Lin. Ti abbiamo insegnato l'importanza della disciplina, del controllo. Ma sembra che tu abbia dimenticato tutto. La forza non è una scusa per ferire gli altri, è una responsabilità."

Lin, con gli occhi ancora abbassati, tentò un'ultima difesa. "Ma loro... loro mi hanno provocata. Mi hanno giudicata."

Yamato scosse la testa, deluso. "E anche se fosse vero, la tua reazione è stata ingiustificata. La forza del corpo è nulla senza la forza del carattere. E tu oggi hai dimostrato di non possedere né l'una né l'altra. Ora ti chiedo: sei pronta a fare la cosa giusta?"

Lin rimase in silenzio per un momento, il suo orgoglio ferito dal colpo di realtà che i suoi genitori le avevano inflitto. Finalmente, con riluttanza, annuì. Yamato le lanciò uno sguardo severo e si avvicinò a lei, piegandosi leggermente per guardarla negli occhi.

"Allora ti scuserai. Non solo con le ragazze che hai ferito, ma con la scuola intera, e troverai il modo di rimediare a ciò che hai fatto. Non ti stiamo chiedendo un favore, ti stiamo imponendo di fare ciò che è giusto. O dovremo prendere misure ancora più drastiche."

Lin sapeva che suo padre non stava bluffando. Sapeva che nonostante l'amore che i suoi genitori provavano per lei, non avrebbero tollerato ulteriori errori. Con il cuore pesante e il volto ancora segnato dal ceffone, si alzò lentamente dalla sedia.

"Mi scuserò," mormorò a malapena, la voce spezzata da una sorda frustrazione.

Yamato e Nami si scambiarono uno sguardo, entrambi consapevoli che quel momento era solo l'inizio di un lungo percorso di redenzione per la loro figlia. La signora Cheng, che aveva osservato tutto in silenzio, si avvicinò alla porta, pronta a condurre i genitori e Lin fuori dall'ufficio.

"Farò in modo che le scuse avvengano domani, davanti alla classe," disse Cheng, con una determinazione che fece eco alla gravità della situazione.

Mentre uscivano dall'ufficio, Yamato prese Lin per il braccio e, guardandola con la severità che solo un padre deluso può avere, disse: "Ricorda questo momento, Lin. La vera forza non risiede nelle tue mani, ma nel tuo cuore."

Lin abbassò lo sguardo, consapevole che non avrebbe mai dimenticato quelle parole.

Jīn hǔ La Tigre DorataDove le storie prendono vita. Scoprilo ora