Specchio

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Ognuno di noi possiede una fobia. Una paura talmente forte da spingerci a stare in un angolo con le mani che affondano nei capelli e la testa fra le ginocchia, mentre tremiamo come foglie di fronte a qualcosa che ci terrorizza a morte.
Il buio nasconde molte insidie, molte delle quali sono quasi un gioco della nostra mente. Gli scherzi che il nostro cervello ci gioca forse per metterci in guardia o per farci sentire vulnerabili.
Eppure alla luce del giorno ci sembra tutto così innocuo. Ci sentiamo al sicuro, sicuri che sono solo brutti sogni quelli che ci fanno visita nel cuore della notte.
I mostri che si annidano nelle pagine di un libro o nella pellicola di un film ci sembrano così distaccati da non toccarci, da non farci sentire deboli.


L'inverno portava con sé il freddo e la neve candida, mentre il paesaggio spoglio mutava giorno dopo giorno. Il sole faceva capolino dietro le spesse nuvole e la vegetazione iniziava il suo letargo assieme alla fauna che la popolava.
Tutto era immerso nella quiete e gelida atmosfera invernale in cui tutto si fermava per un istante.
La casa di un piccolo villaggio si ergeva in una distesa di prati ormai imbiancati e il vento ne accarezzava gli steli agitando una chioma verde. Nessun animale passava di lì, solo una ragazza che rientrava a casa. Capelli biondi, labbra rosee e pelle candida. Il suo passo svelto non destava nessun tremore, né le mani in tasca percepivano il freddo.
La sera calava assieme al sorgere della luna. Un altro giorno che finiva e uno che ne cominciava appena nato dopo l'alba.
La ragazza mangiò una cena a base di pesce e verdure, metteva quello che era per molti il solito rituale di che vive da solo: la biancheria sporca in lavatrice. Avviato l'elettrodomestico, seduta sul water il suo sguardo si perse a seguire i movimenti della centrifuga. Il mente navigava in vari pensieri, canzoni, frasi, amici, sorrisi e il lavoro. Anche se in quel momento non faceva al caso suo pensare alla giornata lavorativa. In testa diede spazio alle sue canzoni preferite. Almeno riusciva a staccare i pensieri opprimenti delle sue responsabilità. Adesso la sua attenzione si spostava vicino al lavandino. Il bianco della ceramica immacolato specchiava una parte del suo piccolo bagno assieme alla finestra. Lo fissava intensamente, mentre la lavatrice sciacquava i panni e il vento faceva sbattere una corda in metallo fuori nel cortile. Il suo cervello si focalizzava più in alto sopra il lavandino e il rubinetto. Seguiva le linee bianche delle fughe attorno alla ceramica verde acqua. Quel colore la tranquillizzava, la rilassava. Tutto prendeva una forma diversa, quasi come se qualcosa mancava all'appello. Un oggetto che era indispensabile. Eppure c'era un vuoto sulla parete. Un vuoto in cui si vedevano solo i contorni di un oggetto dalla forma rettangolare abbastanza grande.
La mente vagava ancora fino al giorno in cui aveva deciso di fare a pezzi l'oggetto della sua fobia più grande: lo specchio.
Lei stessa consapevole di quello che provava nei confronti degli specchi, la terrorizzava ancora. Tremava al solo pensieri di vedere la propria immagine riflessa. Si corresse, l'immagine riflessa di quello che era accanto a lei. Nella sua casa non era presente nessuno specchio, nessun quadro che potesse riflettere.
Qualcosa si nascondeva nel buio, negli angoli più bui. Una scelta alquanto drammatica che portava i suoi conoscenti a farle delle domande alle quali però non riusciva a dire la verità. Inizialmente aveva pensato di essere pazza, di essere solo finita in un incubo. Le cose erano degenerate dopo circa due mesi. Così aveva frantumato lo specchio nel corridoio.
Un mostro orribile le faceva visita, mentre lei si rilassava oppure provava un nuovo vestito. L'aveva visto correre verso di lei, nero come la pece con due corna e le unghie lunghe. La notte lo sentiva alitare in fondo al letto, per questo teneva sempre la luce accesa. La situazione era degenerata quando il mostro le aveva strappato le coperte di dosso, e aveva fatto saltare la luce. Lei però non si faceva impietosire ed era ricorsa a cospargere la casa di acqua santa e tappezzato i muri di crocifissi. Non era cristiana, ma sapeva che l'unico modo era quello.
Per qualcosa mese tutto era finito, e lei era tornata alla sua vita normale.

Mancavano tre giorni a Natale e Julia si mangiava l'ultima fetta di panettone. Ne andava matta, mentre i suoi genitori suonavano alla porta. Così colta del entusiasmo andò ad aprire. Suo padre e suo fratello reggevano in due un grosso pacco, mentre Julia si era interrogata sul perché di quel regalo. Che cosa poteva essere?
Dopo gli auguri, qualche bicchiere di spumante, e qualche dolce i genitori e il fratello fecero ritorno alle proprie case. Il pacco però era rimasto lì poggiato al muro ancora da scartare.
Julia poggiò il suo calice di spumante ed esaminò la grandezza del pacco. Cosa poteva essere? Mille idee navigavano nella sua mente, quando decise di prendere il grosso coltello del panettone e tagliò ogni nastro e carta da regalo. Strappò i lembi e ne scoprì una cornice, dalla finitura sembrava qualcosa di antico. Era placcata in oro e probabilmente intagliata nel legno. Strappò altri pezzi di carta e ne scoprì altri dettagli di intagli nel legno, fino a che non staccò la parte centrale. Il suo sguardo si pietrificò all'istante, rimase immobile per svariati minuti. Il cuore le palpitava nel petto, mentre la mano stringeva con forza il manico del coltello. L'enorme specchio antico rivelò la propria immagine, mentre un'oscura ombra la si parava accanto. Julia si mise a piangere, mettendosi le mani nei capelli e decisa a rompere lo specchio. L'ombra prese forma attimo dopo attimo e la prese per il collo. La mano del mostro attraversava lo specchio da parte a parte. Sorrise alla ragazza dai capelli biondi. I suoi canini sporgenti erano sporchi di sangue, mentre la pelle nere era bruciata, odorava di morte e fuoco. Julia scuotè il capo a destra e sinistra per liberarsi. La mano si strinse sempre più forte fino a trascinarla verso la superficie dello specchio.
"Chi... chi sei? Perché mi perseguiti?" disse lei con la voce spezzata dal respiro affannoso.
"Sono il tuo incubo, la tua paura più grande e di questo mi nutro per vivere accanto a te."
Julia tentò di mordere le dita del demone, ma niente. Le lunghe corna ricurve facevano da cornice agli occhi rossi e scintillanti. Si leccava le labbra, quasi come per gustarsi il sapore di sangue che aveva sulle labbra.
Il cuore di Julia era impazzito e lei tentava di divincolarsi senza smuovere la posizione in cui era.
"Lasciami stare. Io... io non ho paura di te!"
"Davvero? Ho fatto comprare io questo specchio ai tuoi genitori. E' stato fin troppo facile. E comunque la realtà che stai vivendo ora non è reale. E' tutto il frutto della tua immaginazione.

Il buio calò attorno a lei, mentre una luce fioca illuminava lei e lo specchio. Di fronte ad esso erano mostrate in sequenza i suoi ricordi più profondi, le sue azioni e ciò che per lei era importante nella vita. Ora lo specchio rifletteva sé stessa. Ogni minimo dettaglio della sua pelle, delle sue labbra, dei suoi occhi che divenivano scarlatti. Le sua mani divennero magre scoprendo le ossa. Il viso si scavò, fino a far intravedere i muscoli della mascella, le gengive e i denti. Il capelli caddero uno ad uno ad ogni colpo di spazzola della lei nello specchio. Julia si guardò le mani e vide solo tendini e muscoli. Urlò disperata, tremando ed osservando il sangue scendere e colare come una fontana. Il suo riflesso sorrise ed iniziò a ridere prima di staccarsi gli occhi dalle orbite, e mostragli leccandosi le labbra secche con la lingua biforcuta. Julia non poteva muoversi era incatenata, prigioniera da un incubo che la torturava dall'interno. Attimo dopo attimo, il suo riflesso si strappò la pelle del torace scoprendo la gabbia toracica e il cuore pulsante.
"Fermati ti prego! Fermati!" urlò lei, mentre faceva gli stessi movimenti della sua parte cattiva.
Mise le mani sulla gabbia toracica e tirò con forza fino a spezzare le ossa, non sapeva se era umanamente possibile, la fece cadere a terra. L'intestino e altri organi erano caduti a terra, mentre con la mano tremante si avvicinò al cuore. Rosso vivo, mentre pulsava ancora. Lo afferrò con forza e lo strappò con violenza: il sangue schizzò sullo specchio, sul pavimento e sul suo viso del cadavere.
Osservò quel muscolo pulsare tra le proprie mani e lentamente lo avvicinò alla propria bocca. Il sapore era nauseante, quasi ferroso. Non era buono, anzi la sua mente si era spenta assieme all'anima e non sentiva più nulla. Solo il lamento di qualcosa nelle profondità dell'inferno. Perché quello che vide allo specchio era un'immagine distorta. Una donna dalla pelle rossa, le corna ricurve e i capelli neri. Dietro di lei c'era il fuoco e ciò che bruciavano erano le anime dei dannati.
Julia divorò il proprio cuore, mentre il demone le tendeva la mano. La invitava a seguirla per l'eternità. Un piccolo passo e sarebbe diventata parte di qualcosa di più grande di lei. Niente paure, sofferenze, problemi. Solo pace. Afferrò la sua mano.
"Julia se vorrai questo sarà tutto tuo." Il diavolo le disse all'orecchio, affondando i canini nel suo collo per berne il sangue ancora caldo.
Eppure dietro di lei c'era una luce, una luce bianca che la chiamava. La chiamava con insistenza.
"Julia. Julia resta con noi. Avanti non arrenderti."
"Mi stanno.. mi stanno chiamando..."
"Non ascoltarsi sono solo i tuoi ricordi." Il demone, strinse la sua mano e la tirò a sé per leccare via il sangue dal collo. "Sei mia e di nessun altro."
"Julia! Resisti!"

Un sospiro lungo, lento e come tornare ad emergere dalle profonde acque di un oceano troppo oscuro per essere esplorato. Il battito di ciglia appena percettibile. Una luce troppo intensa per essere messa a fuoco. Il calore di qualcosa che l'avvolgeva. Il ronzio di un oggetto di cui non ne conosceva il nome. Urlò, alzandosi supina, mentre il dolore alle braccia le causarono un forte mal di testa. Di fronte a lei delle pareti color verde speranza. Un letto morbido o troppo confortevole le sorreggeva la schiena. La luce si abbassò. Era vestita e su di esse del sangue. Del sangue rappreso. C'erano degli aghi nelle proprie braccia e di fronte a lei una finestra. Si guardò attorno, ma non riusciva a capire che posto era. Dall'altra parte della finestra una donna. Una donna dai capelli neri e gli occhi scarlatti. Un mezzo sorriso sulle labbra e una goccia di sangue che le colava. Svanì nel nulla, mentre le sue mani erano legate e qualcuno le teneva ferma la testa. Delle cinghie in cuoio. Sentiva freddo. Sentiva il cuore battere all'impazzata. Sentiva dell'acqua sulle tempie e qualcosa di morbido le accarezzava la pelle, finché non sentì una scossa percorrerle tutto il corpo. Un'altra scossa la fece tremare tutta. La prossima volta avrebbe varcato quella soglia. Avrebbe ammazzato i propri carnefici. Perché il demone che la cercava era la sua vendetta. 

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