1

148 24 9
                                    

Il problema principale delle scarpe è che non sono pensate in larghezza. Sì può pensare che una determinata lunghezza comporti automaticamente una determinata larghezza, ma non è questo il caso. Non per Asia almeno, che ha un piede che ricopre appena un trentasei ma estremamente largo.
Ad Asia in generale non piace particolarmente indossare vestiti.
Le scarpe la stringono, i jeans la soffocano, le maglie le prudono. L'unico momento in cui riesce a stare serena è l'estate, quando finalmente può mettersi copricostumi e vestiti larghi, ai piedi solo e rigorosamente ciabatte, preferibilmente infradito.
Ad Asia danno fastidio un sacco di cose.
I vestiti, i bambini che piangono, il rumore che fa il polistirolo quando lo stringi tra le dita, l'odore delle zucchine in padella.
E ancora, gli speaker in radio, le persone che ridono troppo forte, il fumo, truccarsi, guidare.
Suo marito.
In questo momento però, tra tutte le cose che le danno fastidio che si ritrova intorno, riesce a concentrarsi solo su una: le maledette scarpe che ha ai piedi.
Toglie velocemente una mano dal volante e la passa sui jeans, alza il materiale per permettere alla pelle di respirare e tira un sospiro di sollievo, addirittura quasi le spunta un sorriso in volto.
"Che cazzo ti ridi?"
"Sono pur sempre tua madre, un pochino di rispetto non penso ti farebbe male".
Tommaso sbuffa sonoramente mentre passa una mano tra i ricci neri incolti, con l'altra butta il mozzicone fuori dal finestrino e subito dopo incrocia le braccia davanti al petto e prende a guardare il panorama. Della tangenziale.
"C'è qualche problema?" chiede lei.
"Non so come fai a pretendere rispetto in questo momento".
"Ripeto: sono pur sempre tua madre, penso di meritarmelo".
"Dopo quello che hai fatto invece non ti meriti proprio nulla".




1998

"Dai Asia che facciamo tardi! Sbrigati!"
"Cinque minuti e ci sono!" urla dalla porta del bagno chiusa.
Non sarà mai pronta in cinque minuti.
Si trova da venti minuti nel bagno della sua amica Paola a truccarsi, cosa che lei non ha mai fatto e che onestamente non ha interesse nel fare; suo padre le ha insegnato che nella vita ci sono cose ben più importanti della bellezza, e sua madre è morta prima che lei potesse anche solo desiderarla, la bellezza.
Non vuole farlo, non ne vede il senso; tanto poi non dovrà comunque struccarsi? Non è forse questo il concetto alla base dello spreco?
Guarda disperata la situazione allo specchio: Paola l'ha convinta a truccarsi in maniera 'audace', 'sexy', 'cool', come dice sempre lei, ma il risultato è disastroso.
L'eye-liner sopra i grandi occhi scuri è sbavato e tratteggiato, sembra stato messo da un bambino, e il fondotinta la fa sembrare vecchia e pallida. L'aveva detto a Paola che non sarebbe andato bene per la sua tonalità di pelle, che è troppo scura per potersi permettere i trucchi dell'amica bianca cadaverica. Sotto l'accecante luce che c'è nel bagno di Paola poi la situazione non può che peggiorare.
"Sfumalo bene e non si vedrà" le aveva detto.
"Col cazzo invece" pensa lei mentre raccoglie la folta chioma riccia in una coda alta e prende dei dischetti struccanti dal mobile vicino allo specchio.
Non ci vorrebbe nemmeno andare a questa serata.
Il suo gruppo di amiche ha deciso che è ora che trovi anche lei qualcuno, dato che è rimasta l'unica del gruppo, quindi hanno deciso di presentarle il migliore amico del ragazzo di Paola. Lei ha detto di no dal primo secondo, si è rifiutata, non le interessano le relazioni e ancora meno quelle nate da un bisogno disperato che non è nemmeno suo ma delle sue amiche.
A poco serve dire di no quando chi ti sta di fronte ha già deciso che dirai di sì.
L'hanno presa per sfinimento, non c'è un modo più carino di dirlo. L'hanno tartassata, hanno insistito per mesi (sette! Sette mesi! Li ha contati) finché finalmente non ha accettato. Alle sue condizioni però: fanculo la cena fuori, si va a bere, se proprio deve conoscere un uomo vuole essere ubriaca mentre succede. E per non più di due ore.
Passa un'ultima volta il dischetto sul mento per essere sicura di aver tolto tutto il mascherone ed esce dal bagno, Paola la sta aspettando sul letto di camera sua.
"No! Hai tolto tutto!"
Asia si ferma a guardarla per un attimo.
Indossa un vestito cortissimo nero, degli stivali altri fino al ginocchio e i capelli biondi raccolti in una lunga coda ordinata. Lei che l'eyeliner lo sa mettere ha fatto una linea coraggiosa, spessa e alta, l'ombretto scuro e il rossetto rosso.
"Stai benissimo così, mi piacciono gli occhi. Risalta l'azzurro" le risponde dopo averla analizzata.
La vede arrossire sotto il trucco e sistemarsi meglio una ciocca di capelli dietro l'orecchio "e perché non vuoi stare così bene anche tu?" piega il labbro inferiore all'ingiù.
"Io non sto bene così, mi piaccio al naturale!"
"Ma certo che stai bene anche tu così! Dai torniamo in bagno e ti trucco io".
"Mi hai stressata fino ad adesso perché siamo in ritardo. Non c'è tempo per truccarmi."
"Ma certo che c'è, possiamo farci aspettare" la sola idea di acchittare l'amica sembra farle partire una scarica d'adrenalina, salta su dal letto ridacchiando e battendo le mani insieme, le corre incontro e le prende la mano per riportarla in bagno.
Asia punta i piedi e oppone resistenza. Non ha intenzione di farsi sistemare.
"È tanto che io abbia accettato di venire, mi hai praticamente quasi costretta. Non obbligarmi anche a fare una cosa con cui non sarei a mio agio. Non di nuovo."
Paola la guarda per qualche interminabile secondo, la mano ancora stretta alla sua e il corpo rivolto verso la porta del bagno.
Continua a guardarla mentre si gira completamente verso di lei e lascia andare la sua mano, "odio quando hai ragione".
"Lo so, piccola".



Piccolo Patibolo Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora