CAPITOLO 1

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PRIMA REGOLA DEL PERFETTO OMEGA:
ESSERE UBBIDIENTE.

Era un modo orrendo di morire.
Venire uccisi da coloro che avrebbero dovuto proteggerti era deplorevole.  Cosa fare quando venivi messo con le spalle al muro? Quando i tuoi diritti venivano bruciati e la società ignorava le tue suppliche d’aiuto?
Diego aveva una soluzione alquanto semplice per tale problema: il veleno. Quello  che ti corrode gli organi interni, che ti fa dolere anche la semplice azione di respirare, che non lascia scampo fino a che non verrà inquinata l’ultima cellula dell’organismo.
“Diego?”
Il corpo dell’uomo tenuto fermo a terra aveva smesso di divincolarsi. Finalmente il veleno aveva fatto effetto. La sua pelle assunse un colorito giallastro, nel mentre che dalle sue labbra fuoriusciva del sangue. Gli occhi spalancati e impregnati di terrore guardarono quelli freddi del ragazzo, il quale si prese il tempo di osservare con minuziosa attenzione come la vita stava lasciando quel corpo. Misero, a detta sua.
“Diego, dobbiamo andare… è pericoloso stare fuori a quest’ora.”
Che ore erano? Il corvino aveva perso la cognizione del tempo nel momento in cui mise piede fuori casa per seguire di nascosto l’alfa, ora privo di vita. Guardò il cielo, incrociando lo sguardo con la maestosa figura della luna.
Lei che tanto bella dovette assistere a uno spettacolo del genere, tuttavia, il ragazzo era rasserenato dal fatto che la sua purezza non sarebbe stata intaccata mai dal marcio che regnava nel loro mondo.
“Solo un secondo,” rispose piano, distogliendo lo sguardo dal cielo e tornando a guardare il cadavere. Tirò allora fuori dalla tasca della giacca una pinza e tenendo aperta la bocca dell’uomo, strappò quattro canini dalla sua bocca. La sua espressione rimase impassibile; nessun accenno di disgusto o segni di pentimento, solo un profondo astio che come benzina sul fuoco alimentava il suo animo in cerca di vendetta: vendetta per lui, vendetta per ogni altro omega costretto a vivere sottomesso.

Eppure, Juho, il suo unico amico, non era pienamente convinto che quella fosse la strada giusta per ottenere ciò che volevano. Non aveva mai approvato la violenza e a malapena riusciva a guardare scene cruente come quella e quando si propose di aiutarlo quella notte non aveva ancora ben capito in cosa si sarebbe andato a cacciare. Diego guardò un’ultima volta la luna, mormorando: “Sii mia complice anche questa sera. Porterò gloria al tuo nome, mia Luna. Te lo prometto.”
Nel mentre, da dietro l’angolo l’amico deglutiva più spesso del normale, stringendo le mani sudate attorno ai vestiti con fare agitato. I suoi capelli biondi si appiccicarono alla fronte da tanto che stesse sudando. Di tanto in tanto guardava i dintorni per assicurarsi che non ci fosse nessuno spettatore indesiderato ad assistere alla scena. Nella sua testa frullavano milioni di pensieri su come sarebbero potuti essere puniti nel caso li avessero scoperti, finendo nella stragrande maggioranza dei casi con l’immagine di loro due uccisi nei modi più cruenti.
Non c’era pietà per chi uccideva un’alfa, superando persino la gravità del reato di omicidio stesso. Questi erano considerati i padroni, i capi supremi la cui parola non poteva essere messa in discussione. Ucciderne uno equivaleva ad andare contro alla figura di una divinità.
“Andiamo,”

Diego comparve al suo fianco pochi istanti dopo e l’odore di sangue che emanava il suo corpo fece venire il voltastomaco al biondo, il quale senza soffermarsi troppo a guardare le zone macchiate da quel liquido cremisi, lo afferrò per il polso per trascinarlo via da quel vicolo.
“Abbiamo perso troppo tempo… potevamo rischiare grosso, Diego–mi stai ascoltando perlomeno?” bisbigliò in un mezzo urlo acuto, svoltando per una strada che li avrebbe condotti a casa del corvino. Si girò solo un istante a guardarlo e vide stampato sul suo viso un sorriso, come soddisfatto per il suo operato.
“Mi piace guardarli negli occhi quando esalano il loro ultimo respiro e voglio che loro facciano lo stesso; voglio che mi guardino in faccia quando l’umiliazione per essere stati ingannati da uno di un rango inferiore, un beta, li colpirà.”
“Ora puzzi a tutto fuorché beta. Il tuo odore sta riempiendo l’aria ed è abbastanza soffocante...”
Giusto. Quel giorno gli passò totalmente di mente d’utilizzare gli inibitori d’odore, la miglior invenzione mai stata creata per nascondere il proprio odore al resto del mondo, ma per fortuna, nessuno sembrò accorgersi del modo in cui il suo odore divenne più dolce. Non quello di un beta, che non ne possedeva uno in particolare, né quello di un'alfa, molto più pungente e aspro. Si rimproverò mentalmente, accusando la giornata stressante appena avuta per quella sua dimenticanza.
Partì tutto già dalle prime ore mattutine, quando si stava dirigendo a lavoro che non era ciò a cui aveva sempre aspirato, per nulla. Fare il gigolò era forse il peggiore dei lavori esistenti, ma rappresentava l’unico modo per guadagnare abbastanza velocemente e tanto. Era anche l’unica maniera per ripagare il debito di suo padre.
La sua morte portò solo disgrazia e colui che dovette addossarsi tutti i suoi peccati commessi in vita fu lui. Quella situazione andava avanti ormai da tre anni e non sapeva quanto ancora avrebbe resistito.

The untamed omegaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora