SIMONE TALKS TO DEAD PEOPLE

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“Parola di fantasma!”


Simone è un pediatra e ha un piccola particolarità: riuscire a parlare con le persone morte - in gergo: dialoga con i fantasmi.

Tale dono, se così lo si può definire, ce l'ha fin da bambino. Gliel'ha tramandato la mamma - o forse la nonna. In verità, non ci dà granché peso: è un aspetto che, alla fine, di sé gli piace stranamente abbastanza. Tranne nei momenti in cui Jacopo - suo gemello defunto da qualche anno a causa di un incidente - va a trovarlo. Lo fa pressoché di notte, il balordo, quando quel poveretto di Simone è troppo stanco anche solo per coprirsi e il suo livello di paranoia schizza verticosamente alle stelle. 

«Sei un idiota, Jacopo Balestra!»

«Nah, n'è vero».

La verità è che a Simone, la compagnia del fratello - benché sia tutt'altro che fisica - non gli dispiace affatto: è grato, addirittura, che Jacopo gli stia accanto.

Ché Simone, in quella vastissima casa, è solo. Ironia della sorte - o uno strano scherzo del destino, forse - si sente una specie di fantasma: attraversa stanze, cerca di toccarne gli oggetti, ma è come se ci passasse attraverso, senza percepire e sentire in effetti nulla. E i  genitori, Floriana e Dante, in quella dimora ci mettono piede raramente: la trovano umida, glaciale quasi. e a dir poco silenziosa, dunque incontrano il figlio sempre in bar, al parco, e talvolta proprio nello studio in il Balestra piccolo lavora.

La casa in cui abita Simone appartiene alla sua famiglia da generazioni ed è immensa – con il suo gomitolo di scale, stanze e porte assomiglia quasi a un labirinto e, nonostante ci sia praticamente cresciuto e abiti lì da trentatré anni, tende ancora a perdersi, ad estraniarsi. Per cui, quando se ne ricorda, porta con sé una simil mappa, una sorta di piantina dell'abitazione. È striminzita, povera di informazioni, ma su cui sono annotati i particolari di cui ha bisogno: dove sta il bagno, la camera da letto, la sala da pranzo o il soggiorno. 

Null'altro. Anche perché, se proprio vogliamo dirla tutta, a Simone talvolta prende un timore balordo e la voglia di passare la propria vita in quella casa si dissolve, come fumo nell'aria. Gradisce, quindi, esistere tra le camere in cui bazzica di più. E si sente più tranquillo. 

Il corvino, oggi, lavora; ha il turno all'ufficio pediatrico e lo aspettano una decina di bambini.

Fischiettando un motivetto - "One Wild Night" è la canzone che lo sta accompagnando più spesso, in quelle giornate - si dirige nella cucina dalle pareti vestite di mattonelle beige. Prepara una colazione al volo, con un cornetto freddo e una singola tazza di caffè - ché si è promesso di andarci piano, con quella bevanda: ne è troppo dipendente. Si concede sommariamente quindici minuti per caricarsi in vista di quella mattinata impegnativa.

Tuttavia, prima di lasciare casa, esclama: «Jaco, sto uscendo!» e quello che segue è silenzio. Una leggera folata di eco danza tra le pareti della sala. Quindi afferra il mazzo di chiavi della porta di casa, pronto per dirigersi a lavoro, quando...

...Avverte provenire da dietro di sé un'onda di aria fredda, che gli fa ballare i ricci e accapponare la pelle, seguita da un'imprecazione vomitata a gran voce.

«Cazzo!»
«Credo che tu sia l’unico fantasma dell’altra dimensione che ancora riesce a sbattere sulla mobilia» ridacchia Simone — si appoggia al tavolo, incrocia le braccia al petto.

«Guarda che sono uno spirito speciale, io!» afferma il fantasma, a dir la verità un poco indispettito, mentre si accomoda sul piano cottura — ci si sdraia sopra, ovvero. «Comunque vai tranquillo, Mimone: al tuo ritorno, sarà tutto come lo avevi lasciato!» ammicca, pure, Jacopo.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Oct 16 ⏰

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