Cap. IX

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Gentile lettore,
Penso non esista un'impresa più ardua di quella di trovare un titolo.
Un titolo per un romanzo, per una raccolta di poesie, per un racconto breve.
E per un giornale. Era ciò che stavo cercando di fare quella fredda sera del 23 Settembre.
Un titolo che richiamasse l'attenzione dei lettori, un titolo che dia subito all'occhio, che scaturisca al lettore un pò di curiosità. Che titolo potevo adattare a quella breve intervista al signor Mirren? Per qualche minuto, mi balenarono in testa varie idee; "La vita del signor Mirren."
"Uno sguardo nella vita dei Mirren."
"Nella vita privata di un imprenditore". E poi altri titoli abbastanza subdoli e irrilevanti.
Stavo facendo delle piccole bozze in un foglio bianco, mentre fissavo un punto fisso in attesa che le piccole rotaie del mio arguto cervello elaborassero qualcosa di utile, picchiettavo l'estremità della matita nel labbro inferiore della mia bocca.
La matita che mi era stata regalata dal signor Henry Mirren.
<<Dò un'occhiata all'intervista, magari mi verrà in mente qualcosa.>> fu allora che la smemorata, come Cenerentola, si accorse di non avere con sé il suo taccuino.
<<Com'è possibile? Dove sarà finito?>> svuotai la mia borsa da cima a fondo, svuotai tutte le sue tasche, e controllai persino nelle tasche del mio cappotto beige.
Ma niente, del mio taccuino, nessuna traccia. Sembrava essere svanito nel nulla assoluto.
Luna udii il trambusto che stavo provocando senza accorgermene, così abbandonò il suo computer e venne a dare un'occhiata nella mia stanza. E il panorama che si ritrovò era alquanto ingarbugliato.
<<Jane, che fai? Ti vedo confusa.>>
<<Lo sono.>> stavo rovistando ancora una volta nella mia borsa, con la speranza che come la borsa di Mary Poppins, mi avrebbe dato quello che cercavo.
<<Che stai cercando?>>
<<Ho perso il mio taccuino.>>
<<Quello che hai usato per l'intervista?>>
<<Proprio così.>> risposi con un tono disperato, tanto che la mia coinquilina si sedetta accanto a me, nel pavimento.
<<Non può essere sparito. Rifletti.>>
<<Spero di non averlo perso sul taxi. Sono fregata, come faccio adesso? Devo consegnare qualcosa prima di mezzanotte. Mi licenzieranno.>> ero diventata una vera lagna vivente.
<<Lo troverai. Pensa a dove può essere.>>
<<Il punto è che ricordo perfettamente di averlo messo in borsa.>>
<<Possibile che sia scivolato?>>
<<Forse l'avrò perso per strada, Che disastro.>> portai una mano alla fronte, poiché mi vennero in mente tutti i rimproveri del signor Wilson che avrei subito. Forse aveva ragione il signor Mirren, non ero portata per il giornalismo.
Nel frattempo il telefono di Luna non smetteva di squillare un solo secondo, e ciò mi stava recando molto fastidio, cosa che non saltò all'occhio di Luna.
<<Vado a rispondere.>> la mia amica si alzò accarezzandomi la spalla come segno di sostegno morale, ma peccato che non mi fu granchè d'aiuto. Mentre mi disperavo da sola, udii Luna rispondere al telefono. <<Strano, è un telefono fisso. Chissà chi è.>>
Esitò qualche secondo e infine rispose, <<Pronto?>>
<<Pronto, sono Margaret, la governante di casa Mirren. Con chi parlo?>>
<<Salve Margaret, sono Luna, non mi riconosce?>> e chi l'avrebbe mai detto che dall'altra parte della cornetta, c'era proprio Margaret. Improvvisamente sul viso di Luna, comparve un piccolo sorriso, ed io cercai di capire con chi stesse parlando.
<<Sì signorina, mi ricordo di lei. Lavora per la signora, se non ricordo male.>>
<<Sì, sono la sua segretaria ora.>>
<<Oh, mi fa molto piacere. Comunque, disturbo?>>
<<Affatto. Mi dica, la signora ha bisogno di qualcosa?>>
<<No cara, in realtà ho trovato il suo numero di telefono scritto sulla prima pagina del taccuino che oggi una signorina ha dimenticato qui. Per caso è sua amica?>>
Luna mi guardò con un'espressione divertita, e sotto voce mi disse <<Sei un'idiota.>> mimando con le labbra. Poi rispose alla signora al telefono, <<Sì Margaret, è la mia coinquilina.>>
<<Bene, per fortuna! Oggi il signor Mirren mi ha detto che in qualche modo avrebbe fatto riavere il taccuino alla signorina, ma è da tutto il giorno che è fuori, quindi ho pensato di chiamare questo numero qui, presumendo fosse il suo.>>
<<No Margaret, il numero è il mio. E' un bene che abbia chiamato, la mia amica si stava disperando perché non riusciva a trovare il suo taccuino.>> nel frattempo provavo a capire di chi si trattasse. Chi aveva trovato il mio taccuino?
<<Certo, immagino, cara. Comunque può venire a prendere il suo taccuino anche adesso, se possibile.>> Luna fece un'espressione un po 'stranita. <<Ma come, ora? Non c'è nessuno che può portarlo a casa nostra? E' un pò tardi.>>
<<Lo capisco, ma in questo momento siamo tutti occupati, e temo che non ci sia altro modo.>>
<<Aspetti un attimo, Margaret.>> Luna si girò nella mia direzione. <<E' la governante di Casa Mirren, ha trovato il tuo taccuino. Dice che puoi andare a riprenderlo.>>
<<Casa Mirren? E' lontanissimo!>>
<<Lo so, ma se ti serve urgentemente, non c'è altro modo.>>
<<Che palle.>> riflessi qualche secondo sul da farsi, ma pensai anche che quell'intervista mi serviva. Altrimenti avrei subito l'ira irascibile del signor Wilson.
<<Va bene, va bene, dille che arrivo.>> roteai gli occhi al solo pensiero di ritornare a casa Mirren. La cosa mi infastidiva molto, pregavo solo di non incontrare né Henry Mirren, e neanche il resto della famigliola. Speravo tanto che Margaret mi avrebbe atteso vicino al cancello, e che me ne sarei andata subito dopo aver recuperato il mio taccuino.
Il taxi non tardò ad arrivare, mi vestii come la mattina stessa, perchè non avevo ne tempo ne voglia di prendere altri vestiti dall'armadio. Già ne avevo troppo pochi.
L'autista partì immediatamente, e passai tutto il tempo della strada a sbuffare perché mi chiedevo come diamine avessi fatto a perdere il mio taccuino proprio in quel posto.
<<Sempre meglio che perderlo nel taxi, o per strada.>> mi ripetevo cercando di consolarmi.
Dopo qualche minuto, vidi in lontananza il grande cancello in vernice nera della villa, e in quel momento capii di essere quasi arrivata a casa Mirren.
Stranamente, trovammo il cancello aperto, così pensando che fosse aperto per noi, dissi all'autista di lasciarmi proprio davanti alla villa.
Scesi dal taxi e dissi al tassista di attendere vicino al grande cancello.
Mi avvicinai alla grande porta della villa, indecisa se bussare o meno, alla fine provai. Non volevo per niente al mondo attirare l'attenzione dei padroni, perciò non suonai il campanello. Per fortuna che Margaret fece la sua apparizione aprendo di poco la porta.
<<Signorina!>>
<<Signora Margaret.>> un piccolo sorriso era appena spuntato sul mio volto.
<<Entri, fa molto freddo.>>
<<Oh no, non voglio disturbare i padroni di casa. Ha il mio taccuino?>>
<<Puoi darmi del tu, cara. Comunque sì, eccolo.>> ella mi porse il taccuino. <<Ti ringrazio per aver chiamato.>> afferrai quel taccuino, e questa volta mi assicurai di infilarlo in borsa.
<<Non devi ringraziarmi, per fortuna che c'era il numero della signorina Luna.>>
<<Sì, lo avevo appuntato per caso, il mio cellulare non funzionava bene.>> e invece lo feci per un altro motivo.
<<Adesso vado, ti ringrazio ancora, Margaret.>>
<<Ma figurati, cara, Adesso vai, c'è molto freddo.>>
Salutai la squisita governante di casa Mirren, e mi avviai felice verso il cancello.
Camminai con una certa fretta, che sia mai che qualcuno mi avesse notata. Volevo tornare subito a casa e inviare il mio manoscritto. Ma fu allora, che il mio sorriso sparì, perché un'auto nera aveva appena varcato il cancello, e andava nella mia direzione. Diamine.
Sperai fino all'ultimo che avrebbe proseguito senza fare caso a me, ma mi sbagliai. L'auto aveva appena accostato a fianco a me, e la persona che vidi quando lo specchio dalla parte passeggero si abbassò, era il signor Mirren. Il signor Henry Mirren che stava rientrando in casa propria.
<<Jane, cosa ci fate qui a quest'ora?>> mi guardò attentamente negli occhi con quelle sue iridi ghiacciate.
<<Margaret, la governante, mi ha chiamato dicendomi che avevo dimenticato il taccuino in casa vostra. Sono venuta a riprenderlo, signore.>> nel volto del signor Mirren apparve un'espressione di disappunto. <<Sì, perdonatemi se non vi abbiamo rintracciato prima. Ho avuto una giornata impegnativa, me ne sono dimenticato.>>
<<Non fatevene una colpa, vi prego. Comunque adesso è meglio che vada, è molto tardi.>>
<<Come tornate a casa?>> la sua pelle olivastra alla luce artificiale delle lanterne era eterea. <<C'è un taxi che mi sta aspettando proprio al cancello.>>
<<Credevo avesse sbagliato indirizzo. Nessuno chiama mai il taxi, in casa nostra.>>
<<Non avevo altro modo per venire. Comunque se non vi dispiace andrei, è molto tardi. Buonanotte.>> provai ad incamminarmi, ma la risposta del signor Mirren non tardò ad arrivare. <<Fermatevi Jane.>> mi fermai, cos'altro potevo fare?
<<Vi accompagno io.>> Era forse impazzito?
<<No, non disturbatevi, davvero. Tornerò con il taxi.>>
<<Vi prego,. insisto. Vi siete scomodata tanto a venire fin qui. E' colpa mia, avrei dovuto portarvelo di persona.>> dal tono sembrava davvero dispiaciuto. <<Riaccompagnarvi a casa è il minimo che posso fare. Vi prego.>> mi guardò per qualche secondo, e non potei fare altro che accettare. <<Come volete.>> aprì la portiera, e mi accomodai a fianco del signor Mirren.
Quell'auto era veramente elegante, ma allo stesso tempo sportiva. Entrando, arrivò alle mie narici un profumo amaro, quasi ammaliante, ed era quello del signor Mirren.
Mi guardò per un breve secondo, e subito dopo richiamò l'attenzione del maggiordomo.
<<Barney.>>
<<Ditemi.>>
Gli diede qualche banconota e subito dopo si rivolse a lui. <<Paga il tassista e fagli tenere il resto, digli anche che sto accompagnando io la signorina a casa, perciò può anche andare.>>
<<Come volete.>>
Henry chiuse entrambi i finestrini per non far fuoriuscire l'aria calda che si era diffusa per tutta l'auto, aveva riacceso i riscaldamenti, e credo lo abbia fatto perché notò che ero piuttosto infreddolita. Subito dopo fece manovra, e si diresse verso il cancello, che presto lasciammo alle nostre spalle. Il signor Mirren tenne gli occhi fissi sulla strada, e non proferiva parola. Io invece, ero persa nei miei pensieri. Mi chiesi ancora una volta come avevo fatto a finire in quella strana situazione. in macchina con il signor Mirren, per giunta. Colui che quella mattina stessa mi aveva rimproverata. Ed io successivamente, ero uscita dal suo ufficio senza salutare. In più dicendo quella frase, <<Spero di non avere più occasione di vederla.>> dandole del lei, poi. Ciò che avevo fatto, conteneva il suo peso. Mi sembrò improvvisamente che il fato l'avesse davvero con me, poichè dopo quell'affermazione, mi ero ritrovata in macchina proprio con quell'uomo.
Henry se ne stette in silenzio per i primi tre minuti, poi parlò.
<<Dove abitate?>> mi dedicò un'occhiata.
<<Cosa?>> risposi molto scioccamente, perché aveva appena interrotto i miei pensieri.
<<Vi ho chiesto dove abitate.>>
<<Oh. Scusatemi, ero distratta. Comunque nel South Kensington, 42, vicino a Queen's Gate.>>
<<Non preoccupatevi.>>
Seguirono alcuni istanti di silenzio, poi fu nuovamente egli a rompere il silenzio.
<<Jane. Scusatemi se sono stato un pò scortese con voi.>>
Lo guardai un pò stupita. Henry Mirren si stava scusando con me?
<<Ho detto delle cose brutte sul vostro lavoro. Mi dispiace, spero possiate perdonarmi.>>
Trovai il coraggio di guardarlo. <<No signore, avevate ragione. Vi ho fatto delle domande inopportune. Siete voi che dovete perdonarmi.>>
<<Sì ma non le avevate scritte voi.>>
<<Avrei dovuto leggerle prima di porvele.>>
<<Vi siete fidate di una vostra collega. Non è colpa vostra.>>
Tenne ancora gli occhi fermi sulla strada. <<Anche io devo scusarmi con voi. Ho detto che speravo di non avere più occasione per rivederla. E adesso mi state accompagnando a casa. Che vergogna.>> l'ultima frase la dissi sottovoce, ma non esiste cosa che non arrivi all'orecchio del signor Mirren. <<Non dovete vergognarvi.>> mi girai verso di esso, e i nostri sguardi si incrociarono per pura casualità. Quei occhi di un grigio inebriante mi provocarono un brivido alla schiena. <<Avete detto quella frase perché eravate arrabbiata con me. Avete reagito come si dovrebbe sempre reagire a chi sminuisce il proprio lavoro. Probabilmente avrei detto la stessa cosa, se non peggio. Perciò non avete di che farvi perdonare, Jane.>> rivolse un'ultima occhiata nella mia direzione e subito dopo, tornò a guardare la strada dinanzi a noi. Eravamo appena arrivati in città. Durante il viaggio, gli rivolsi qualche piccola e discreta occhiata. Pensai a cosa avrebbe fatto Luna nella mia situazione, penso che avrebbe inevitabilmente trovato un modo per chiacchierare con il signor Mirren. Chiacchierona com'era, gli avrebbe persino parlato di faccende futili.
Ma io non ero come Luna. Non riuscivo ad avviare una conversazione con quell'uomo, mi trasmetteva una serietà ed una soggezione incredibile. Di cosa avrei potuto parlargli, nemmeno lo conoscevo. E non dovevo parlare con lui. Ricordiamoci sempre, caro lettore, che vivevo sotto falso nome, falso titolo di studio, falso interesse.
Se avessi insospettito anche solo un po ' il signor Mirren, sarei morta.
Non doveva assolutamente accadere.
Ma comunque riuscii a notare la cicatrice che aveva sulla guancia destra, proprio come diceva Luna. Aveva davvero quella cicatrice, ma era impassibile da lontano. Adesso che mi trovavo molto vicina a lui, riuscivo a vederla. Chissà come se la sarà procurata.
No, dovevo arrivare a casa il prima possibile. Più tempo passavo vicino a quell'uomo, più le probabilità di essere scoperta aumentavano. Volevo fuggire.
<<Da quanto tempo siete in città, Jane?>>
<<Da circa due settimane.>>
<<E come vi trovate? Vi piace Londra?>> il signor Mirren sapeva essere gentile, ma dal primo momento che lo conobbi, non abbandonò mai quel suo fare serio.
<<Sì. Mi piace. Sognavo di venire qui da quando sono molto piccola.>>
<<E i vostri genitori? Che ne pensano?>> proprio la domanda adatta, al momento adatto.
<<Mia madre è morta qualche anno fa. Mio padre quasi non me lo ricordo, è sparito quando ero molto piccola.>>
<<Mi dispiace. Non avrei dovuto chiedervelo.>>
<<Non importa. E' passato molto tempo.>> non potevo porgli la stessa domanda, perchè sapevo che anche i suoi genitori erano morti quando lui era poco più giovane.
<<Anche i miei genitori sono morti.>>
<<Lo so.>> quella risposta mi uscì spontanea, e mi pentii subito di ciò che avevo appena detto, perché lo sorprese. <<Lo sapete?>> posò lo sguardo su di me.
<<Ho letto un vecchio articolo su internet. So che sono scomparsi quando eravate molto giovane. Non ho voluto chiedervelo per non ferirvi.>> quelle parole apparvero dolci all'orecchio di Henry, tanto che accennò un piccolo e silenzioso sorriso.
Per il resto seguii solamente silenzio, entrambi probabilmente stavamo riflettendo su ciò che avevo appena detto. Io pensai di essere stata anche troppo gentile, lui probabilmente era compiaciuto dalla mia gentilezza.
Henry guardava la strada, e io con la coda dell'occhio, guardavo lui.
Aveva un viso ben proporzionato, così come ogni parte del suo viso. Il naso, le labbra, il mento e persino quella cicatrice, che gli donava molto, per quanto possa sembrare una cosa brutta da ammettere. E come non citare quei suoi occhi ghiacciati, ma anche così grigi, che cambiavano tonalità a seconda della luce. Era un uomo dal piacevole aspetto.
I capelli lisci e scuri, il suo tono così tenebroso, ed il suo modo di fare da gentiluomo, lo avrebbero fatto apparire così desiderabile agli occhi di qualunque donna.
Ma non io. Io non potevo farmi sedurre dal suo fascino.
Aveva a fianco una sua potenziale nemica, che ero proprio io, per questo non potevo permettere allo charme di quell'uomo di conquistarmi.
Henry poteva anche essere un bell'uomo, ma io ero lì per una motivazione, e non potevo di certo distogliere la mia attenzione da quest'ultima.
Fu così che arrivammo dinanzi il mio portone. Il signor Mirren fece una cosa che non mi sarei mai aspettata; scese dall'auto, e fece il giro per aprire la mia portiera.
Io scesi dall'auto abbastanza sorpresa. <<Siete troppo gentile.>> anch'io avevo il mio tono serio.
<<Scusatemi ancora per stamattina.>>
<<Non preoccupatevi, ho già dimenticato. Grazie per avermi accompagnato, vi ho disturbato fin troppo.>>
<<Figurati Jane.>> Restammo entrambi in silenzio per ciò che era appena successo.
Il signor Mirren mi aveva appena dato del tu?
Aveva abbandonato le formalità?
<<Scusa, ti ho dato del tu senza volerlo.>> l'altezza che ci differenziava era abbastanza sorprendente. Quando ci ritrovammo in piedi, e vicini, dovetti alzare lo sguardo per incontrare i suoi occhi, così grigi.
A quella risposta mi scappò una piccola risata, <<Non vi preoccupate.>>
<<Puoi abbandonare anche tu le formalità, Jane.>> che strano, un signore di tale calibro mi stava davvero chiedendo di abbandonare le formalità?
<<Va bene, ma come dovrei rivolgermi? Ciao signor Mirren?>> mi stavo divertendo tanto.
<<Henry. Va bene Henry.>>
Henry. Il suo nome aveva tutt'altro suono, sulle sue labbra.
<<Okay. Grazie per avermi accompagnato, Henry.>>
<<Non devi, Jane.>>
Seguì qualche secondo di silenzio, perché il signor Mirren era salito in auto.
Poi rispose. <<Buonanotte, Jane.>>
<<Buonanotte.>> mi girai e mi diressi verso il grande portone.
Mi voltai un'ultima volta, ed Henry era ancora lì. Mi stava guardando, stava aspettando che io entrassi dentro il palazzo. Voleva essere sicuro che raggiungessi casa.
Poi chiusi il portone. Ed Henry era magicamente partito, con la sua automobile.
Un'emozione simile all'euforia mi pervase, mi vennero i brividi in tutta la schiena, e poi salì le scale. Era successo, ero appena tornata a casa scortata dal signor Henry Mirren in persona. Chissà cosa avrebbe detto Luna.
<<Jane! Ma quanto ci hai messo?>> Luna mi aveva appena fatto entrare a casa, pare che avesse sentito i miei passi nelle scale, segnale che era davvero preoccupata.
<<Stai tranquilla, ora sono qua. Ci ho messo così tanto?>> mi ero appena tolta il cappotto.
<<Eccome!>> adesso eravamo sedute in salotto, <<Che hai fatto per perdere tutto questo tempo? Hai cenato con loro per caso?>>
<<Certo che no, cosa ti salta in mente?>>
<<Ero ironica, ma comunque davvero, come mai tutto questo tempo?>>
<<Mi ha accompagnato il signor Mirren, credo abbia preso una strada più lunga.>> ed effettivamente era così.
<<Cosa? Come sarebbe a dire? Il signor Mirren?>> Luna era davvero incredula.
<<Sì. Ascolta Luna, sono stanca, finisco di scrivere l'intervista e poi vado a dormire.>>
<<Va bene, ma domani devi raccontarmi come sei finita in macchina con quell'uomo. Non avete fatto niente, vero?>> a quella domanda arrossì un po ', lo ammetto, caro lettore.
<<Cosa avrei dovuto fare? Non dire certe cose, Luna.>> lo dissi palesemente arrabbiata, cosa che la fece ridere. Io mi ritirai nella mia stanza, accesi il mio pc iniziando a trascrivere la mia piccola intervista su un documento google, che avrei poi inviato al signor Wilson. Voltai pagina, e intravidi un'altra cosa che non mi sarei mai aspettata.
Il numero di telefono di Henry era trascritto a matita, probabilmente da lui.
Sotto c'era scritto "Questo è il mio numero, mandatemi pure le altre domande dell'intervista, sarò lieto di rispondere. Vi chiedo riservatezza, e di tenere il numero con voi.>>
Probabilmente l'aveva scritto quel mattino stesso, data la formalità che ha utilizzato.
Fui indecisa se farlo o meno. Dopotutto dovevo tenermi lontana da quell'uomo, e agendo così non facevo altro che mettere legna sul fuoco. Alla fine scelsi di contattarlo.
Che sarà mai, alla fine, in questo modo potrò tenerlo d'occhio.
Registrai subito il numero nel mio cellulare, e dopo gli mandai un messaggio, ignara dell'errore che stavo commettendo. Ma questo lo scoprirai più avanti, caro lettore.

Ciao di nuovo, Henry.
Ho visto il tuo numero scritto in una delle pagine del mio taccuino,
dimmi sei stato tu?

La mia risposta tardò un poco ad arrivare, ma arrivò.

Ciao Jane,
si sono stato io.
Inviami pure le domande se ti va.

Al suono della notifica afferrai subito il cellulare, e lessi.
Poco dopo risposi.

Va bene. Allora aspetto le tue risposte.

Scrissi tutte le domande in un messaggio, e gliele inviai.

Fammi arrivare nel mio studio e te le manderò.

A quel messaggio risposi con un semplice "okay."
Non volevo essere troppo gentile con quell'uomo, ma direi che scrivendogli, avevo fallito alla grande. Henry stava tardando un pò a rispondere, ma d'altronde doveva ancora arrivare a casa, e la mia pazienza stava finendo, così come quella di Bessie Mirren.
<<Margaret, si può sapere dov'è mio fratello?>>
<<Non lo so signora, non è ancora tornato.>>
<<Non ci basta un fratello a darmi mille preoccupazioni, adesso si ci mette anche lui.>>
<<Ricordati che sono accanto a te, cara sorella.>> I fratelli Mirren stavano aspettando l'arrivo del maggiore a casa, e di conseguenza dovevano ancora servire la cena. Bessie e Jacob stavano lì seduti, ad attendere, e il tempo sembrava scorrere molto lentamente.
Poi la voce di Henry che chiedeva a Barney di portare la macchina a fare una revisione del meccanico.
<<Finalmente sei qui.>> Bessie avanzava con i suoi soliti tacchi a spillo, e la sua piega sempre impeccabile, verso il fratello.
<<Si può sapere dove sei stato tutto il giorno? E' un'ora che io e Jacob ti aspettiamo per la cena.>>
<<Avete aspettato inutilmente. Non ho appetito.>>
<<Non potevi avvertire, eh?>> Bessie era davvero al limite della pazienza.
<<Non iniziare come ogni volta. E' stata una giornata lunga.>>
<<Una giornata lunga? Ed invece la mia? Cosa credi, che io abbia oziato tutto il giorno Henry?>>
<<Non è la stessa cosa.>> Henry si era rivolto alla sorella minore usando un tono severo. <<Sono stato in carcere, è morto un testimone importante. Ho avuto molto da fare.>> aveva ripreso a camminare.
<<Sei il solito egoista.>> disse a bassa voce, ma l'eco di ciò che aveva detto arrivò molto bene all'orecchio del fratello, che fece finta di niente.
Bessie ritornò a tavola con il fratello minore, chiedendo che la cena fosse subito servita.
<<Te l'ha detto dov'è stato?>> chiese Jacob, con il suo solito tono spavaldo.
<<No. Sembra che abbia segreti.>>
<<E' peggio di me.>>
<<Cosa stai dicendo, peggio di te che ti comporti ancora come un bambino? Pensa a non combinare casini e basta, con lui me la vedo io.>>
<<Siete tutti di malumore oggi?>>
Henry sedette nella sua solita poltrona da studio, ed esaminò le domande che quella sera, gli inviai. Lo fece in dieci minuti, e dopo ricevetti le sue risposte.
Non erano risposte molto elaborate, dopotutto è uno riservato, pensai.
Il signor Wilson non si sarebbe arrabbiato con me.
Adesso avevo le mie risposte, dovevano solo essere trascritte al pc, ma quello fu un lavoro che sbrigai in pochi minuti.

Grazie per le risposte, Henry.

Ed egli mi rispose subito.

A te, Jane.
Buonanotte.

Quella sera, caro lettore, fu una svolta importante, per la mia vita.
Forse perchè proprio a causa di quella sera, la mia vita fu esposta ad un grave pericolo.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Nov 06 ⏰

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