Voleva essere sentito.

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"Simo'..."
"No Manuel, ce la faccio da solo, non mi serve l'aiuto di nessuno"

Simone tremava, si teneva una mano ferma sul petto, aveva paura.
Non vedeva niente davanti a sé, era tutto un miscuglio di colori, un ammasso di ombre appannate,
non riconosceva nulla di quello che gli accadeva intorno.

Qualche ora prima...

Simone quella mattina era particolarmente agitato, camminava avanti e indietro per la stanza mentre aspettava che Manuel uscisse dal bagno.

"Oh Simo' ma hai finito? Che c'hai sta mattina?"
"Che c'ho? niente Manu perchè?"
Il riccio era un po' perplesso per l'atteggiamento che da un paio di giorni aveva Simone,
"Sei agitato in sti giorni, sicuro tutto bene?"

Simone non rispose, era stanco di cercare una scusa,
stanco di dover sempre trovare una risposta,
Simone era stanco e basta, quindi decise di non rispondere.
Quel silenzio però, Manuel lo sentì forte e chiaro, e non riuscì a lasciar perdere.

"Simone te prego, dimme a' verità, sai che puoi"
"Non ho niente, davvero, che ne so sarà stanchezza non starmi addosso pure tu, ti prego"

Pure tu...

"Che vuol dire "pure tu" Simo'?"

E Simone si pentì, di essersi fatto sfuggire quel piccolo dettaglio.
Dettaglio che fece pensare al più grande, che qualcuno già aveva notato questo suo strano comportamento.

"Quindi?"
"Quindi niente, mio padre mi assilla molto in questo periodo, dice che mi vede strano"
"E non è l'unico sai?'"

Il più piccolo ignorò la risposta, andò verso la porta di casa e se la chiuse alle spalle, non aspettò neanche Manuel,
pensava che un po di silenzio avrebbe aiutato il suo cuore a fare lo stesso.

Nessuno sapeva cosa accadesse nella testa o nel cuore di Simone, era come se avesse voluto isolarsi dagli altr,i per crearsi un mondo tutto suo,
ma quel mondo non era come lui se lo sarebbe immaginato.
Lui sperava solo di riuscire a ritagliarsi un posto dentro se stesso dove potesse scappare dai problemi che ultimamente sembrava attirare come una calamita.

Avete presente quando,
avete così paura che una cosa possa andare male, che alla fine va anche peggio?
Ecco, Simone era convinto che ormai il "peggio" lo aveva trovato, ed era la sua vita ultimamente,
a partire dalla scoperta del gemello che non sapeva né di avere, né di aver perso.
Sentiva il senso di colpa pesargli sulle spalle, si chiedeva come fosse possibile aver dimenticato la persona che era a tutti gli effetti, la sua esatta metà.
Per non parlare del fatto che non voleva far sapere a Manuel dei sentimenti contrastanti che provava nei suoi confronti, come poteva spiegare al più grande che in sua presenza stava male, però quando lui non c'era si sentiva incompleto?

C'era qualcosa, all'interno di Simone, che gli impediva di stare tranquillo o di abbassare la guardia, aveva paura che potesse succedere qualcosa in qualsiasi momento, e lui non poteva permettersi il lusso di crollare.

Tutto quel pensare lo aveva distratto, e così, le prime due ore di matematica volarono e lui neanche se ne rese conto.
Ma qualcun altro si, e al suono della campanella Manuel scattò, prima che lui potesse scappare.

"Adesso basta Simo', me devi di' che c'hai, pensi che so scemo che nun me ne aggorgo?"
"Eh? ma di che parli, volevo solo andare a prendermi un caffè"
"Nun hai ascoltato manco na parola della lezione de oggi, manco te sei accorto che la prof te stava a chiama'"

Ah

"Simo io me preoccupo, perchè nun me dici le cose?"

Simone iniziò a sudare, ma aveva freddo,
le mani formicolavano, gli facevano male
iniziò a respirare sempre più veloce, ma l'aria era sempre meno, pensava che l'aria sarebbe potuta finire da un momento all'altro se non si fosse calmato,
così, facendo finta di non aver visto un Manuel terrorizzato davanti a lui,
se ne andò.

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