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La brezza mattutina danza fino ai miei polmoni, il mio cervello sembra funzionare, i miei arti pure, ma c'è qualcosa che non va.
Osservo il mio riflesso dal vetro di una vetrina di una pasticcieria. Sembra tutto normale, ma c'è qualcosa che non va.
Provo a ripercorrere i miei pensieri, forse ho dimenticato qualcosa, ma ancora nulla. Lo sento che c'è qualcosa che non va.
Fame? Ma ho appena mangiato due brioches.
Che cos'ho che non va?
Chiudo gli occhi e lascio l'aria gelida grattarmi le pareti interni.

Ci sono.

Respirazione accelerata, bisogno di muoversi avanti ed indietro, il cuore che martella, il sangue che percorre il suo solito percorso ma con una velocità più elevata.

Ansia, così me l'aveva descritta Sarah.

Mi accarezzo le mani, ma al contatto trasalisco immediatamente. Ancora non sono guarita, non guarirò mai forse.
Mi sforzo a camminare quando vedo quell'alto cancello verde. Me lo ricordavo che sembrava toccare il cielo con i suoi spigoli e ora sono quasi alta quanto esso.
Accarezzo la vernice che fatica a rimanere attaccata a quel metallo colmo di ruggine.
Non alzo lo sguardo, lo so cosa c'è davanti a me, ma non sono pronta.
Mi aggrappo con tutte le forze a quelle chiavi che oggi sembrano essere più pesanti del solito.
Infilo la chiave nella serratura dorata e un click accompagna la mia anima a ritornare piccola.

Tutti i miei vecchi ricordi sembrano passarmi davanti.
In quel prato mi vedo correre, cadere e correre di nuovo.
La finestra da cui mia madre si affacciava per controllarmi.
Il muretto vicino la finestra che usavo per nascondermi da lei per poi spaventarla.
È spaventoso come io queste scene me le sia ricordata nel momento in cui ho messo piede in questo prato. Io sono sia quella bambina che questa donna, non è assurdo?
Come posso essere uguale a quella persona che gioiva a vedere questa casa? Come può cambiare la nostra percezione così tanto in così poco tempo?

"Mamma?" sussurro istintivamente. Un filo di vento sembra accarezzarmi il viso ed io arriccio il naso a quel tocco fantasma.

Chiudo il cancello e mi incammino verso la nostra quercia.
Spazzo leggermente via le foglie da sopra il tronco mozzato e mi ci siedo sopra.
Apro la valigia impaziente.
Tiro fuori quel che mi è più caro ormai da anni.

L'unico ricordo di mamma. Le sue parole, quel che non mi farà mai scordare del suo impatto nel mio piccolo mondo. Quel diario rosso mogano. Sfoglio le pagine cercandone una vuota, finchè un qualcosa di più rigido non ferma la mia ricerca.

Afferro il materiale plastico e lo alzo dinanzi a me.
Una fotografia di questo posto esatto da questo punto di vista, ma sembra tutto diverso.
L'erba era verde quasi da far male agli occhi ed ora invece è una macchia secca giallognola.
La casa era di un bianco candido che rifletteva il cielo azzurro, oggi questa casa è ricoperta da una patina grigia.
La bambina in primo piano che sorride mentre con entrambi gli occhi si guarda la farfalla appoggiata al suo naso. Rido a quell'immagine e gli occhi si fanno lucidi come se anche l'acqua presente nel mio corpo voglio guardare con me quella foto.

Rido e rido ancora, mentre delle lacrime mi rigano il viso.
Sono patetica. Non sono una donna forte.

Abbasso la testa lasciando che mi liberi di quella tristezza e i capelli sembrano volermi proteggere coprendomi dal resto del mondo.

Basta, devo capire cosa ti è successo mamma.

Alzo la testa asciugandomi la faccia. Mi spavento immediatamente.
Delle gambe mi coprono la visuale.
Alzo lentamente lo sguardo ritrovandomi un viso duro a guardarmi.
Occhi del colore di una corteccia, capelli biondi che gli ricadono leggermente davanti al viso e una mascella che sembra tagliata alla perfezione.

"Chi sei?" sussurra con il viso corrucciato.

"Dovrei chiedertelo io, sai questa è casa mia" puntualizzo sussurrando a mia volta.
Spalanca leggermente gli occhi, ma ritorna subito freddo.

"Certo, casa tua come no" ridacchia divertito e socchiude ancora di più gli occhi.

"Ma cosa stai dicendo?" mi alzo per fronteggiarlo ma continua a superarmi in altezza di ancora molti centimetri.

"Dico che questa casa non è mai stata in vendita, bellezza" Pensa di aver vinto, glielo leggo in faccia.

"Infatti non ho mai detto di averla messa in vendita" allungo la mano con le chiavi verso la sua direzione " Te invece chi sei e perchè sei entrato in casa mia?".

"Sei la figlia di Annalise..." azzarda e annuisco.

"Cazzo, Eclipse?" domanda a questo punto.
Un flash mi passa per la mente. Capelli biondi, occhi color nocciola, carnagione più che pallida.

"Sei...Finnick" spalanchiamo la bocca all'unisono.
Questa casa sembra essere magica, non mi ricordavo di questa persona, ma il vederla deve avermi scosso qualcosa.

Fino ad un minuto fa lo avrei dato per sconosciuto, ma ora è tutto diverso. Quella foto nel diario era piegata. La tiro fuori e la apro completamente. Io sorridente, alla mia sinistra il biondino completamente sporco di cioccolato dalla maglietta bianca alla bocca sorridente, alla mia destra una ragazza dai capelli mori e gli occhi azzurri che guarda corrucciata il ragazzo biondo e dietro di lei un bambino dai capelli neri e gli occhi verdi, della mia stessa sfumatura, che mi guarda duro.
Si siede accanto a me guardando quella foto e le nostre sopracciglia sono ancora più corrucciate.

Indico la bambina.

"Questa è..." boccheggio e finiamo assieme la frase "Rosalind".

"Mia sorella. Io ho una sorella? " ride istericamente. Mi giro verso di lui. Dunque non ero l'unica a non ricordare.

"Lui è Luke" sussurro confusa dalla cascata di pensieri.
Io guardo a terra e lui il vuoto. Rimaniamo così fin quando l'aria non sembra diventare più fredda e i lampioni si accendono riflettendo le luci per le strade.

"Okay questo è assurdo. Perchè non ricordavamo niente?" chiede aprendo le braccia al vento.

"Io... non lo so. Non ci sto capendo nulla di tutto questo" scuoto le mani davanti al viso e mi alzo anche io in preda a... Respirazione accelerata, occhi lucidi, rabbia mista ad ansia. Nervosismo.

"Non vivi con i tuoi genitori? Non vedi tua sorella da quando?" gesticolo nervosamente respirando affannosamente.

"Da quando mamma e papà non tornarono più " sembra che il ricordo gli torni in mente nel momento in cui inizia a parlare "Io sono andato ad abitare a New York da mia nonna, ma oggi ho deciso di tornare qui per capire cosa fosse successo ad i miei genitori".

Anche lui.

"Finnick?" una dolce voce femminile si spezza nell'aria.

Una chioma bionda ci si avvicina. Gli occhi sembrano cristalli immersi in acqua.
Corre fino a raggiungerci.

Salta in braccio al ragazzo dinanzi a me.

"Rosalind" ricambia l'abbraccio ed è solo quando si staccano che nota la mia presenza. Non può essere. La mia migliore amica, come posso essermi dimenticata di lei.

"Eclipse" dai suoi occhi continuano a scivolare lacrime e un sorriso ci accomuna "Io... Io mi ero dimenticata di voi..." ci guarda ad intermittenza aspettandosi risposte che neanche noi abbiamo.

"Sono appena arrivata a Jackson Ville per capire cosa fosse successo ai miei genitori, ai nostri genitori- si corregge guardando Finnick- e non appena vi ho visti da lontani, ho avuto una strana sensazione. Solo quando mi sono avvicinata ho capito... vi ho riconosciuti solo allora" ci guardiamo senza dire una parola.

Siamo tutti e tre tornati lo stesso giorno e tutti alla ricerca di qualcuno.

"Perché siamo tornati tutti oggi? Non è strano? Non può essere una coincidenza" sibilo scuotendo leggermente il capo.

Un rombo di un motore ci fa girare tutti verso il mio cancello. Dalla moto scende un ragazzo, si toglie il casco e ci fissa da lontano.

"Potrei avere un idea" la voce roca mi graffia i ricordi. Quegli occhi da felino. Quei capelli corvini.

Luke, c'è anche lui. Siamo al completo.

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⏰ Last updated: 18 hours ago ⏰

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Dear momWhere stories live. Discover now