"i momenti che cambiano la vita spesso arrivano quando meno te lo aspetti"
La sveglia suonò alle cinque e trenta del mattino. Era il solito suono acuto e fastidioso, quello che ti faceva venir voglia di spegnere il telefono e lanciarlo dritto fuori dalla finestra.
Mi girai su un fianco, con gli occhi ancora chiusi, e allungai una mano verso il comodino in cerca del mio telefono per spegnere quel fastidioso suono che mi rimbombava nelle orecchie.
Quando finalmente riuscii a spegnerla rimasi immobile per qualche secondo con la faccia immersa nel cuscino.Non avevo dormito molto, come al solito.
Non perché avessi passato la serata a fare qualcosa di divertente o mi fossi persa tra le vie della città-no, il mio problema era il mio cervello che non si spegneva mai.
Continuava a ricordarmi tutto quello che avrei dovuto fare i giorni seguenti, e tutti i mille casini che avrei dovuto cercare di risolvere a breve.
Alla fine mi tirai su a fatica, mettendo i piedi sul pavimento freddo.
La mia camera era minuscola, appena abbastanza grande per farci entrare il letto, un armadio che risaliva a quando andavo ancora al liceo e una piccola scrivania con una sedia dove ormai riponevo tutti i miei vestiti.
Erano ammucchiati ovunque, sulla sedia, sui piedi del letto, sul pavimento e addirittura avevo lasciato la maglietta sporca della sera prima sul comodino.Andai in cucina, dove trovai mia madre intenta a preparare un tè caldo.
Si era svegliata presto anche lei, ma ormai non era una novità.
Aveva quell'aria stanca e preoccupata che ormai era diventata una costante."Buongiorno" le dissi, aprendo il frigo in cerca di un' po' di latte.
"Ciao" rispose lei senza alzare gli occhi dalla sua tazza di tè fumante.
Non ci fu molto da dire. Lei si sedette sul divano col suo tè, e io mi preparai per andare a lavoro. Era sempre così. Non c'era tempo e a dirla tutta non c'era nemmeno la voglia di parlare.
Alle sei e un quarto ero già fuori casa, con un maglione troppo leggero per il freddo di novembre.
Si, non andavo matta per le giacche e se potevo, evitavo proprio di metterle.
La città era ancora addormentata, tranne per quelle poche persone che, come me, erano costrette ad alzarsi presto per andare a lavorare.Le luci dell'insegna del bar brillavano in lontananza, e quando entrai venni sommersa dal solito odore di caffè e cornetti appena sfornati che mi diede quella sensazione di routine rassicurante che però era spesso opprimente.
Amelia era già lì. Stava cercando di sistemare gli sgabelli vicini al bancone, ma sembrava che nemmeno lei avesse dormito molto questa notte.
"Buongiorno Amelia" le dissi, chiudendo la porta del bar e avviandomi verso il bancone
"Buongiorno Nora" rispose lei, senza nemmeno voltarsi a guardarmi
Non era una gran conversatrice soprattutto la mattina presto, ma in fondo non lo ero neanche io e andava bene così.
Presi il grembiule e me lo legai in vita.
Inizia a sistemare il bancone e riporre le tazzine che erano ancora da mettere in ordine.
Qualcuno aveva dimenticato di pulire la macchinetta del caffè la sera prima quindi adesso toccava a me farlo.
Avrei potuto scaricare il compito ad Amelia ma non mi sembrava molto più sveglia di me, sospirai e mi misi al lavoro non pensando a tutto il tempo che ci sarebbe voluto.Il primo cliente arrivò alle sei e quaranta.
Era l'uomo del "Cittadino", quello che veniva ogni mattina alla stessa ora, con la stessa giacca grigia e la stessa aria distratta. Ordinò il solito; un cappuccino macchiato freddo e un cornetto vuoto, si sedette vicino alla finestra e cominciò a sfogliare il suo Cittadino senza degnarmi nemmeno di uno sguardo.La mattina continuò così, lenta ma costante.
Alle otto il bar era completamente pieno e io e Amelia correvano a destra e sinistra per cercare di prendere le ordinazioni il più infretta possibile e accontentare tutti i clienti
Alcuni di loro erano molto educati e ringraziavano ogni qualvolta gli veniva servito qualcosa e sorridevano ogni volta che si finiva per incrociare lo sguardo, altri invece.... decisamente più maleducati e scorbutici.
Ancora mi chiedo come si faccia ad essere di cattivo umore davanti ad un cornetto caldo e un caffè."Scusi ma questo latte è freddo!" esclamò una donna con un tono irritato spingendomi la tazza sotto il naso.
"Mi dispiace, glielo rifaccio subito" risposi, trattenendo la voglia di dirle che forse, se avesse bevuto il caffè piuttosto che fargli le foto da mandare alle amiche con annessa la frase "buongiorno caffè" forse sarebbe stato ancora caldo.
Ed è proprio mentre ero alle prese con il caffè della signora che l'ho visto entrare.
Un uomo alto, coi capelli scuri e il cappotto nero elegante, sembrava appena uscito da una di quelle riviste che ogni tanto ritrovavo sul tavolino in salotto.
Aveva un'aria sicura, come se il mondo gli appartenesse.
Non era bello...era qualcosa di più, era diverso.Entrò senza guardarsi intorno, come se non gli importa né dove fosse né tantomeno chi avesse intorno. Avanzò verso il bancone e si fermò dritto davanti a me.
"Un espresso doppio, per favore" disse con una voce profonda e sicura.
"Ah e me lo potresti fare macchiato freddo?" aggiunse subito dopo."Certamente, arriva subito" risposi, cercando di essere il più professionale e gentile possibile.
Mi girai verso la macchinetta del caffè, ma sentivo come un brivido percorrermi lungo tutta la schiena, sentivo il suo sguardo su di me.
Non mi fissava in modo invadente anzi, ma era come se mi avesse notata davvero, cosa che non succede spesso coi clienti... e soprattutto con gli uomini.Mentre preparavo il suo caffè, lo guardai di sfuggita. Era al telefono con qualcuno, e parlava con tono deciso. Qualunque cosa facesse questo uomo nella vita, era sicuramente qualcosa di importante. Si muoveva con una decisione e una sicurezza che mi faceva sentire piccola.
Quando la tazzina era pronta, mi girai verso di lui per servir gliela, per un attimo i nostri sguardi si incrociarono e subito dopo lo vidi fare un passo indietro e portarsi una mano al petto
Per un istante pensai che stesse cercando qualcosa nella tasca, ma poi lo vedi barcollare.
Il suo viso divenne improvvisamente pallido, e prima che potessi fare qualcosa, crollò sul pavimento.
Il bar diventò improvvisamente silenzioso, nessun rumore, nessun vociferare...nulla di nulla.
Tutti si girarono verso di lui per vedere cosa stesse succedendo ma nessuno si mosse, nessuno fece nulla.
Il silenzio venne spezzato dal mio grido tremante "Qualcuno chiami un'ambulanza, subito!"
mentre mi inginocchia accanto a lui cercando di capire cosa fare.
Lui aveva gli occhi chiusi e il suo respiro era irregolare.
Cercai di ricordare tutto quello che avevo imparato al corso di primo soccorso, ma nella mia testa c'era solo una gran confusione."Ehi, mi sente?" dissi, provando a scuoterlo leggermente. "Deve restare sveglio!"
Non rispose, ma per un attimo mi sembrò come se avesse aperto gli occhi ma non ne ero sicura, fu un movimento così lieve che non ero poi così sicura di averlo visto davvero.Quando l'ambulanza arrivò, mi feci subito da parte, il cuore mi martellava nel petto. I paramedici presero subito il controllo, e io rimasi lì, guardando mentre lo portavano via.
Il bar tornò alla normalità nel giro di pochi minuti, ma io sapevo che niente era davvero normale. Quell'uomo, quell'episodio, non mi uscivano più dalla testa
Mi rimisi al lavoro, ma ogni tanto gettavo un'occhiata verso la porta, come se lui potesse rientrare da un momento all'altro.
Non capivo nemmeno perchè mi sentissi così coinvolta in questa situazione, non lo conoscevo, non avevo alcuna ragione per preoccuparmi di lui.
Eppure quella sensazione non se ne andava.Passai il resto della giornata a pensare a lui e all'accaduto, più ci pensavo più mi sentivo strana.
Non potevo saperlo, ma quello era solo l'inizio di qualcosa che avrebbe cambiato tutto.
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cuori in contratto
ChickLitLui un imprenditore di successo, lei una cameriera con una vita complicata. Per puro caso durante un turno di lavoro lei gli salverà la vita e lui le proporrà un patto; essere fidanzati per una settimana in cambio di un aiuto economico che potrebbe...