CAPITOLO 6: A cena

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Quando Felice salì sul Nancy, Claudia era sul ponte, seduta sulla poltroncina panoramica sull'orizzonte. Con il telefono in mano chattava con chissà chi...
Felice:"preparati abbiamo ospiti"
Claudia:"dove?"
Felice:"come dove?. Qui! Ho appena comprato la proprietà intera di Achille, e questa sera viene a cena con altre due coppie. Quindi, preparati."
Claudia:"....mah, cosa hai fatto?!, hai comprato...e con quali soldi? ...per cena, amici? Felice ma sei impazzito? Non Sono mai stata in carcere e non ci voglio andare. Neanche a trovare un amico!"
Felice:"Claudia, abbiamo detto, ripetuto e ridetto, niente domande. L'unica risposta che ti posso dare: tra pochi giorni avrai ben più del compenso che abbiamo stabilito."
Claudia:" stai sparando troppo alto! Mi stai nascondendo delle cose che fanno crescere il prezzo! Oppure mi stai raccontando balle! E tutto questo fa salire il prezzo!"
Felice:" la quota più un'altra metà e solo presenza e ammiccamenti. Niente di più."
Claudia:"quanto ci guadagni tu? Voglio il doppio del pattuito!"
Felice:" non ci guadagno, io vinco punto e basta. Vuoi il doppio?! Avrai il doppio, ma stai attenta a non combinare guai. Presenza, ammiccamenti e poche parole. Devi solo reggermi il gioco."
Claudia:" vinci?! Perché stiamo giocando? Non è che sei stato contagiato da una zanzara che porta la Febbre del Nilo?! E stai delirando?"
Felice:" si....la febbre dell'oro se mai!!!!".
Era oramai quasi ora dell'arrivo degli ospiti. La cena sfilava, come nella processione del santo protettore del paese, portata dai camerieri attraverso il porticciolo. A bordo salirono anche due chef del servizio catering, pronti a cucinare tutto il menù di mare ordinato da Felice poco prima al Blue Notte.
Venere vegliava già accanto la luna quando arrivarono quasi contemporaneamente gli ospiti.
Baci e abbracci di stucchevole falsa cordialità...
Finalmente iniziò il banchetto tra una battuta e l'altra, un prosecco e un torbato.
Felice a capo tavola con le spalle rivolte al mare. Achille capo tavola opposto. Claudia alla destra di Felice poi Laura, la moglie di Enrico e la signora Luisa moglie del notaio Monteleone. Enrico e il notaio sedevano di fronte le rispettive consorti.
La serata procedeva piacevolmente, non si parlava di affari. Non si ostentava ricchezza ne potere. Solo sette persone, senza età che scherzavano, ridevano in assoluta serenità.
Felice: "questa è la felicità: qualche amico, il mare, la luna, un bicchiere di vino...."
Achille rispose sorridendo alzando il bicchiere: "alla faccia di chi ci vuole male"
Enrico: "alla salute nostra e di chi ci vuole bene!"
Notaio Franco: "e speriamo siano tanti"
E risate generali. Le signore non erano tanto loquaci. Le donne sono molto più furbe. Si sa. Loro ascoltano.
Un po' brilli arrivati al caffè Achille propose: " ho bisogno di fare due passi. Che ne dite se sbarchiamo e prendiamo il caffè al Blue Notte?"
Felice: " si due passi ci vogliono"
Claudia: " allora portami in braccio!"
Ancora risate. Tutti si alzarono e si diressero al di la del porticciolo.
Si sedettero a bordo piscina. Dopo il caffè l'amaro e una acquavite di produzione di Achille gli uomini si separarono dalle signore e andarono nell'ufficio di Achille per gustare dei sigari, arrivati freschi da Cuba, cosi diceva Achille. L'ufficio è una splendida terrazza vetrata al piano alto dell'albergo di pertinenza del Blue Notte. Da li si ha una vista quasi a trecentosessanta gradi. Come un aquila si può controllare chi entra e chi esce, le navi che arrivano. Si vedono le panchine lungo il porticciolo. Si vede la collina di "zi Antonio", il mercato e l'ingresso del paese...
Notaio: "scusate ma io vi devo salutare. Alla mia età a quest'ora..."
Achille: "ma che dici, e la nostra partitella?"
Enrico: "Achille. Signori. Anche io vi devo lasciare, domani lavoro e ho il bimbo a casa con la baby sitter che mi ha gia chiamato due volte per dire che deve andar via"
Felice: "... eh mi sa che dobbiamo rimandare"
Achille: "domani?!"
I due salutarmi e andarono via.
Felice vedendo Achille incupitosi chiese:" ci tieni così tanto?"
Achille:"chiedi a loro. Si ci tengo tanto. Mi sento giovane quando gioco. Rischio e vinco. Ma se perdo, rigioco. Più forte. È questo continuo elastico tra il paradiso e l'inferno che mi fa vivere in un tempo che non c'è. In un tempo in cui non importa chi sei, cosa fai o cosa hai fatto. Un tempo in cui conta solo quel momento. E in quel momento ti giochi quello che sei stato, quello che sei e quello che sarai. Sento il sangue che pompa forte in queste malandate vene. E quel fiume di adrenalina in cui affogavo solo pochi anni fa. Ormai in secca. Riprende a scorrere. Sono vivo. Quando gioco vivo. Il gioco, il poker è la perfetta metafora della vita. Non sai mai quali carte il fato ti darà. Questo non dipende da noi. Ma da noi dipende come giochiamo quelle carte. Non c'è un sistema, un algoritmo valido per vincere sempre. Tutto dipende da come giochi le tue carte.."
Enrico:"non avevo mai pensato alle carte in questo modo. Ma se per te è importante, possiamo fare un paio di giri"
Achille:"senza soldi ne regole complicate, senza pregiudizi, senza speranze ne ambizioni. Solo un giochino! Come due bambini"
Achille posò un mazzo di carte immacolato, presi da un cassetto, sul tavolo, dicendo:"prendine una"
Felice scarto dalla plastica trasparente il mazzo. Le mischiò e disse:"una qualunque?"
Achille:"non farmela vedere e non guardarla tu"
Felice eseguì. Poi Achille fece lo stesso.
Achille:"ora guardami negli occhi e dimmi cosa punti"
Felice mise la mano nella tasca dei pantaloni e tirò fuori alcune monete. Ne prese una, la più piccola:"un centesimo"
Achille sorrise:"ci sto!" E frugando un un cassetto trovò una moneta da un centesimo. La poggio lentamente sul tavolo di fianco a quella di Felice.
Achille:"ora vediamo chi vince e chi perde" posò la sua grassa mano sulla sua carta e girandola ebbe come un crollo. Quasi sembrava che i suoi occhi fossero sul punto di piangere. "Jolly!" Esclamò.
Felice:"eh! Io non so...che valore ha!" Chiese.
Achille:" abbiamo dimenticato di toglierli dal mazzo. Per me non ha valore. Zero!"
Felice:"allora ho vinto! Non girerò la mia carta"
Achille:"non è scontato, gli jolly in ogni mazzo sono due..."
Felice allora prese la sua carta. Le probabilità dicono che c'è una possibilità su sessantatre di pescare lo jolly. Visto che uno lo aveva Achille. Ma per chissà quale ragione quando si crede di aver vinto, quello è il momento in cui si scopre di aver perso. Questi pensieri mettono tensione. Ti fanno avere paura di girare quella carta. Ma allo stesso tempo ti fanno smaniare dalla voglia di vedere. Poi, la tensione si allenta. Nell'istante in cui stai per girare la carta, quando ancora si può vincere o perdere, non ha più importanza vincere o perdere. Non dipende più da te. Puoi chiamarlo fato. Puoi chiamarlo Dio. Puoi chiamarlo fortuna o sfortuna. Puoi chiamarlo caso. Non dipende da te. Quindi come un guerriero sconfitto o vincente dopo la battaglia posa le armi e ascolta il silenzio apprezzando la pace. Così quando giri quella carta senti pace, un profondo piacere. Non importa se ti sei arricchito o impoverito. Se hai scommesso tutto o poco più di niente. Ciò che conta è che sei li. Sei vivo. E sei in pace con l'universo. Girò la carta. "Asso di cuori!" Esclamò Felice.
Poi. Silenzio. I due si fissavano in una strana smorfia come un sorriso. Silenzio. Il silenzio che assorda. Quello che il guerriero vincitore sente mentre si gurda intorno e riinizia a prender fiato. Vedendo i cadaveri muti, mutilati e immobili di quelli che erano i suoi nemici. Si sente perdente nel vedere. Capendo che la pace perpetua è per loro. Per quei nemici. Quel guerriero inizia subito a pensare a un'altra battaglia, per sentirsi ancora vivo. Per sperare di essere lui vincente in una sconfitta che gli regalerebbe l'immortalità nei racconti delle gesta di un guerriero che ha lottato per la giusta causa nel modo più onesto con tutte le forze. Il silenzio che assorda, insegna che più importante della vittoria o della sconfitta, più delle ricchezze conquistate, più importante della vita stessa è la ragione per cui si lotta e il valore che ci si mette.
Ma Achille non poteva più provare quelle sensazioni. Da almeno trenta anni aveva smesso di essere leale. Aveva iniziato a barare nella vita. A combattere battaglie per le ragioni sbagliate. Nel modo sbagliato. Per questo riversava tutta la sua frustrazione nel poker o in qualunque giuoco d'azzardo. Nella continua ricerca di rivalsa per tutto quello che aveva ingiustamente conquistato.
Il silenzio fu interrotto proprio dalle sue parole:"grazie Felice. Grazie per questo brandello di vita strappato al nulla"
Che pena faceva. Un vecchio pieno di soldi e ricchezze. Misero e solo come un cane bagnato. Non era stato il fato a giuocargli le carte sbagliate. Nella vita era stato lui a giocarle male.
Felice si alzò dicendo:"ora vado anche io, ma se vuoi domani organizziamo un giro di poker"
Achille:"certo che si! Ti faccio sapere."
Si abbracciarono e si salutarono.
Quella sera. Era tardi. Felice tornato a bordo con Claudia non parlò più di affari. Non parlò di niente. Era assorto nei suoi pensieri. Ma non ne sembrava essere schiacciato. Aveva l'espressione di chi ha scoperto finalmente la ragion d'essere di tutto l'universo intero. Aveva l'espressione di quei monaci buddisti zen che dopo ore, spesso giorni, mesi, anni di preghiera e meditazione sembrano detenere tutta la saggezza del mondo e sono in completa armonia con esso e con tutte le sue cose e i suoi esseri viventi.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Sep 15, 2015 ⏰

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