Il caffè della macchinetta fa schifo. Ne stringe due bicchieri fra le mani, uno per sé e uno per Bianca. Annabeth è andata a casa un'ora fa, a mezzanotte e mezza; dopo un piccolo, minuscolo bacio e un "Fai attenzione, ti prego" l'ha guardata imboccare l'uscita di quel posto che sa di candeggina e uscirne come la stessero inseguendo.
Si sta bruciando i palmi delle mani.
Torna alla sua sedia di plastica blu, si accovaccia in una posizione innaturale e porge il caffè alla figlia di Ade. La ragazza apre un occhio, e Percy lo vede sgranarsi; tutte le vene che lo arrossano si fanno più marcate sul bianco della cornea, come se stesse cercando di metterlo a fuoco, ma tuttavia allunga una mano e prende quella schifezza abbozzando un ringraziamento con voce impastata.
Il silenzio torna a farsi strada, prepotente, fra i due semidei. Il moro si guarda intorno, inspira quell'odore di detersivo e, guardando il pavimento illuminato dai neon, soffoca l'istinto di mettersi a gridare.~
«Accosta, ti ho detto! Fammi scendere!»
Percy continua a guidare, Nico a gridare. Lo sta scuotendo furiosamente per un braccio, strillando nel suo orecchio destro con voce rotta dalle lacrime e tuttavia arrabbiata, come se non riuscisse a capacitarsi di quell'improvvisa rottura, come se si stesse chiedendo dove avesse sbagliato; Annabeth è una scusa, sì, perché loro stanno insieme da giugno, luglio, sei mesi insieme contro due anni, ma stanno insieme.
«Fammi scendere!»
«Perché non capisci, Nico- ?»
«Sei tu che non capisci! Non hai mai capito nulla!»
La radio sputa musica rock ignota, il tachimetro sfiora i centoventi. Venticinque, trenta. Centoquaranta chilometri orari.
Litigano da un quarto d'ora. Ma non è il solito litigio che si risolve con le coccole, c'è sentore di rottura. Nico si sta spezzando, e Percy continua a guidare.
«Cosa faresti, al posto mio?»
«Ti manderei a quel paese. Oh, aspetta, lo sto già facendo.»
Non ha smesso un attimo di scuoterlo. Si gira a guardarlo, stupidamente, e la mano scivola. Piano, un millimetro dopo l'altro, si spostano verso sinistra.
«Cerca di capirmi- »
«Come posso, se tu sei il primo a non farlo?»
«È un matrimonio, Nico. Non possiamo più...»
«Ipocrita! Sei un ipocrita di merda, Percy Jackson!»
Sta ancora cercando di rispondergli, quando due fari illuminano i loro sedili.
Crash.
Nico sta ancora gridando, ma non è più colpa sua.~
Sono le tre.
Percy si sfrega gli occhi con il dorso delle mani, assonnato e impossibilitato ad addormentarsi. Bianca, al suo fianco, respira piano.
Sono seduti dietro quella dannata porta dalle undici, da quando sono arrivati al pronto soccorso con un codice rosso. Ustioni di terzo grado, crede di aver sentito, lesioni agli organi interni. È un miracolo che Nico non sia morto durante il tragitto. Il figlio di Poseidone ha guardato i paramedici mentre gli infilavano i flebo nel braccio sinistro, poi ha ceduto. Ha tenuto lo sguardo fisso sull'ago di una di esse, chiedendosi come avessero fatto a finire così. L'ospedale li ha avvolti a guisa di stomaco di mostro, bianco e vuoto e odoroso di candeggina.
Bianca è arrivata di corsa, avvolta in una nuvola di pizzo nero. Trucco già sbavato le colava dagli occhi, mentre Annabeth la teneva dalle spalle.
Un compleanno rovinato, il più bel diciottesimo di sempre per una figlia di Ade speciale.
Parole mormorate in fretta, altre lacrime.
«Mi dispiace, io non- »
Ma Bianca non guardava lui, guardava la barella ormai vuota. Percy ha sentito le viscere annodarsi, e ha guardato in basso, le scarpe nere e i pantaloni bruciati.
Quella di Achille è davvero una maledizione.
Doveva esserci lui al posto di Nico.~
Tre e un quarto. Bianca si sveglia, sfregandosi gli occhi furiosa, e lo guarda di traverso dalla propria sedia. Pare stralunata, e i suoi occhi sono perfino più rossi di prima.
«Che ore sono?»
Percy schiude le labbra. Sta per chiederle scusa di nuovo.
Le richiude subito dopo. Non è il perdono ciò di cui ha bisogno.
«Tre e venti.»
Nico è di là, dietro la porta. Lotta per vivere con tutto se stesso, ma è debole. Mentre Bianca dormiva, un dottore è passato lì accanto e li ha guardati con pietà, due ragazzi abbandonati sulla plastica blu riciclata con i capelli spettinati, i vestiti sudati, il corpo rigido. È come fuggito dalla parte opposta del corridoio subito dopo, consultando una specie di block notes.
Percy detesta quel corridoio, è troppo lungo e bianco. Percorrerlo in barella è un suicidio, lo sa, eppure Nico ce l'ha fatta; è un segno, no? Ce la farà? Hanno superato di peggio, no- ?
«... colpa mia» si sente mormorare, e dei, oh dei, è la sua voce quel sussurro impastato e stanco? è semplicemente impossibile, lo è tutta quella situazione, si sta per svegliare «È tutta colpa mia...»
Se solo avesse accostato per davvero.
Se solo non si fosse girato.
Se solo avesse fatto più attenzione.
Se solo lo avesse ascoltato.
Se solo non si fosse innamorato di Nico, se questo è amore.
Se solo- solo-
Crash.~
Ed è tutto così semplice, immediato. Nico ride piano, lo stringe a sé abbozzando un minuscolo sorriso.
«Sei un idiota.»
Percy non riesce a capacitarsene. Lo bacia una, due volte, finché le loro bocche non hanno lo stesso sapore, e Nico- Nico ricambia. Sembra una magia e invece è realtà, si sta realizzando davanti ai suoi occhi.
«Non piangere.»
Il figlio di Ade si asciuga le lacrime con il dorso della mano, tirando rumorosamente su col naso. Si stacca, muovendo due titubanti passi a ritroso, e deglutisce un paio di volte prima di parlare.
«Non piango più, non piango più.»
Il moro gli alza il mento con due dita, sorridendogli a sua volta.
«Venire dagli Inferi non fa di te un mostro, ok?» mormora, in tono bassissimo.
Il silenzio che segue è pesante, ma piacevole. Percy lo vede mordersi le labbra, come se stesse cercando di trovare un senso logico a quell'affermazione, a quell'immensa bugia.
«E con ciò?» gli risponde infine, sempre in tono basso, come se fosse un sacrilegio alzare la voce. Quelle parole appartengono a loro, sono tempo rubato e nessun altro le avrà mai. Percy sorride di nuovo.
«Giusto per mettere in chiaro le cose.»
E il fatto che Annabeth lo stia aspettando fuori dall'armeria, da qualche parte, perde improvvisamente ogni peso.(Hei, non è divertente? In questo continuo capovolgersi del mondo qualcosa di chiaro c'è, ed è il fatto che sia lui l'unico mostro. Percy Jackson ha salvato il mondo e ha ucciso il figlio di Ade. E' vero che venir dagli Inferi non fa di lui un mostro, eh? Lui è nato dalla spuma e ha fatto perfino di peggio.)
Quattro.
Sono passate più di cinque ore da quando ha visto Nico l'ultima volta. Stringe forte il bicchiere vuoto, prendendo un respiro profondo.
Non è vero, non è vero, tutta quella situazione è colpa sua. Quel cataclisma di proporzioni immani è frutto della sua eterna indecisione, della sua- della sua fottuta credenza di poter dividersi in due, combattere la guerra su due fronti. La maledizione di Achille l'ha reso davvero così arrogante?
Bianca si è addormentata di nuovo, scomposta sulla sedia.
Pare così fragile, vista così. Il mondo trema e si disfa e crolla intorno a loro, e lei dorme. Una bambolina di pezza lasciata lì da una bimba distratta.
La porta si apre.
Scatta in piedi, Percy.
Percy scatta in piedi e afferra il dottor- Jenkins (così dice il cartellino appuntato sul petto, William Jenkins) per le spalle, tirandolo a sé. Sta facendo la figura del folle, lo sa, eppure-
Eppure-
«Ditemi che sta bene, vi prego.»
Uno sguardo obliquo, e tutto diventa cenere.
«Mi dispiace.»
Crash.~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~
Angolo autrice: ringrazio IloveLogan1 e Giuseppemancuso455