"Pull the trigger"

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Consiglio di leggerla ascoltando down di Jason walker.

<< Fallo prima che diventi uno di loro >>

<< Io... >>

<< UCCIDIMI! >>

Il tempo si era fermato. In un mondo ormai caduto a pezzi non riuscivo neanche ad aprire gli occhi. Dolore, l'unica sensazione che provavo in quel momento ma non era un dolore fisico - beh sì il dolore fisico c'era con il bruciore che sentivo sulla mia pelle - ma era più che altro un dolore emotivo, un dolore instabile che stava prendendo il sopravento nella mia mente e non sapevo per certo se era peggio sentirsi uno spaccato che una persona costretta ad uccidere qualcuno.

Si stava sporgendo su di me, i suoi occhi color nocciola che avevo notato sin dall'inizio nel labirinto erano diventati cupi, scuri, quasi grigi. Aveva uno sguardo abbattuto, di uno che cerca di controllare, di frenare, quella sensazione di instabilità mentale. "Perché" era l'unica parola che spuntava nella mia testa ripetutamente e interrottamente come un disco rotto. Il punto era che di risposte non ne avevo poiché non capivo nemmeno io a cosa si poteva riferire quel perché. Perché il mondo stava crollando a pezzi? Perché proprio io? Perché la cattivo aveva scelto me? Perché lui non era immune alla cura? Perché mi stava chiedendo di ucciderlo? E un'altra volta, perché proprio io? Perché diamine non riuscivo a premere il grilletto? Così tante domande senza risposta.

Il silenzio riecheggiava nella mia mente, un suono così potente da non sentirlo neanche ed era così vero. Non riuscivo a sentire le urla delle persone, non riuscivo a sentire i colpi di pistola, i gemiti dei miei compagni, per un attimo avevo pensato di essere sordo. La pelle mi bruciava, sentivo la gola secca, piccoli dolori che ormai non facevo più caso. Allungai la mano nonostante i miei muscoli supplicavano pietà e riuscii a toccare la sua pelle calda e ardente. Non sapevo nemmeno con quale coraggio ero riuscito a compiere un'azione del genere e seppur provavo terrore, poterlo toccare era stata l'unica cosa più gratificante che mi era successa dall'inizio, almeno era questo ciò che mi sussurrava il mio subconscio. Ammiravo Newt, una delle poche persona di cui mi fidavo, che ogni volta quando andava tutto storto, severo e pessimista quant'era, riusciva a rivolgermi sempre un sorriso, un sorriso così rassicurante come se nel mondo andasse di nuovo tutto per il giusto verso. E solo Dio sa quanto desideravo un suo sorriso in quel momento, forse l'ultimo sorriso che mi avrebbe rivolto. Ma il mio mondo si stava dividendo in due parti; una parte di me non voleva assolutamente cedere, l'altra parte invece mi spingeva a premere il grilletto ma non per il mio volere ma per lui che lentamente stava iniziando a perdere il controllo di sé stesso, che sicuramente in quel momento stava soffrendo, combattendo contro sé onde evitare di uccidermi in quel momento. Sinceramente? A me non me ne importava nulla. Se mi avrebbe ucciso proprio in quell'istante di sicuro l'avrei ringraziato nell'oltretomba. Perché? Beh, così non lo avrei visto morire davanti ai miei occhi. Sì, in quel momento non m'importava di nulla. Teresa, Brenda, Minho, la cattivo e chi erano per me quando avevo l'unica cosa benevole - si fa per dire - su di me che mi supplicava di essere ucciso? Infondo era così, Newt era davvero l'unica cosa che m'importava sulla faccia della terra, tra le mie braccia, sofferente dei suoi stessi demoni. E non capivo perché mi era così complicato ucciderlo, infondo era per il suo bene. Non avrebbe più sofferto. Lungo tutto il percorso che avevamo fatto, molti miei compagni radunai erano morti e detto con parole meno pesanti, ero riuscito a metterci una pietra sopra. Ma la cosa che più mi distruggeva non era la consapevolezza di averlo ucciso se non di perderlo. Non ci riuscivo affatto, il mio petto si stava restringendo, riuscivo a percepire le fitte al cuore ogni volta che riuscivo a guardare oltre quei occhi scuri e cupi.

<< Se sei mai stato veramente mio amico, uccidimi >> sussurrò.

Un'altra fitta più profonda si fece sentire nel mio petto. Di certo non era il momento adatto per mettersi a piangere.. o forse sì? Una lacrima mi solcò le guancia e non sapevo se era per la frase appena detta in un sussurro o se era per il dolore fisico che mi stava lasciando tenendomi stretto le spalle in un pugno. "Se sono stato veramente suo amico", il mondo si fermò una seconda volta.

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