Proteggimi con un sogno

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 Erano già due notti che non dormiva. Quei bei occhi azzurri cercavano vanamente di chiudersi. Ma non poteva dormire, l'insonnia non glielo permetteva. E forse anche le continue urla di sua madre che rimprovera suo padre ubriaco sul divano. Di nuovo.

  Si era rassegnata di provare a farli tornare felici e innamorati come prima e forse era un pochino egoista, ma voleva che almeno litigassero da un'altra parte. Odiava le urla, sentire la gente litigare,  non ne trovava il senso. È sempre stata una ragazza silenziosa. Era quella che rimaneva sempre in disparte per i fatti suoi e non perché non avesse amici, ma perché non li voleva. Pensava che le cazzate e l'ignoranza della gente erano troppo ridicole per lei. E no. Vi sbagliate se pensate che sia una ragazza arrogante. Diciamo solo che non era la compagnia migliore del mondo.

  Quando venne alla luce, sua madre e suo padre pensarono che fosse la cosa più bella che potesse esistere, la bimba e la donna più bella che un uomo possa mai vedere. Per questo decisero di chiamarla Venere, proprio come la dea della bellezza. Ma purtroppo, nei loro occhi quella bellezza sparì con il passar del tempo. 

  Venere ha sempre voluto andare via di casa, viaggiare e vedere il mondo o almeno scappare da quella situazione infernale. Purtroppo però non ha ancora avuto la possibilità di farlo. Non aveva nemmeno compiuto 18 anni e la sua disponibilità economica era pari a zero. 

  Erano le sei quando la sveglia suonò. Riuscì a dormire circa 2 ore. Meglio di niente, ma meglio non averlo fatto per niente. Si sentì più stanca di prima, quelle 2 ore peggiorarono tutto. Doveva prepararsi per un altro giorno di scuola, tra spasimanti e ragazze che la guardavano con aria schifata. 

  Ci mise un'altra mezz'ora per alzarsi e mezz'ora per prepararsi. Quando uscì di casa, sua madre era in cucina. Le disse solo "Vado" e lei rispose con un "Sì" e un cenno di approvazione.

  Era strano. Le era sembrato di percepire dei sentimenti in quella sillaba, ma non ci fece caso.

  Quel giorno avrebbe dormito in classe. Non era entusiasta dell'idea, ma era già tanto se non si addormentava in piedi. 

  Prese l'autobus alla stessa ora, con le stesse persone intorno e arrivò alla solita scuola, alla solita ora, con le stesse persone intorno.

  "Signorina Venere! Vuole per favore ripetere quello che ho appena detto?"

  Erano già le 11. Passò le prime 2 ore dormendo, senza accorgersene di come il tempo gli volò via tra le ciglia. Odiava il fatto che il professore le desse del lei. Lo faceva solo quando voleva prendere in giro gli studenti. 

  "Mi scusi professore, mi ero persa via"

  "Ho visto. Spero che lei non si perda anche il test di domani", disse il professore chiaramente soddisfatto. 

  Quanta rabbia raccolta in una sola, tenera ragazza. Una creatura così bella che perfino il più forte dei predatori si scioglierebbe nei suoi occhi. Il suo sguardo sembrava potesse guardare oltre. Oltre l'anima, oltre le apparenze. Era profondo, uno sguardo su cui avresti posato i tuoi occhi e li avresti affogati nella sua profondità. L'abisso in quei occhi azzurri come il cielo poteva essere infranto solo col calore dei suoi capelli rossi come il sole che si addormenta. Talmente bella, forte e allo stesso tempo, talmente debole. 

  Venere non aveva mai amato veramente. Da bambina ha amato i suoi genitori, ma quell'amore si era schiarito col tempo. La sola cosa che la faceva sentire viva era la musica. Ogni volta che cantava era come se la musica le prendesse il cuore tra le mani e lo stringesse forte finché nemmeno una goccia d'amore resti più in esso. Lei amava già. Aveva finito per amare ciò che odiava, ma non odiare ciò che amava.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Apr 19, 2013 ⏰

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