Tutto un altro mondo

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Era pomeriggio inoltrato e un piccolo aereo da turismo solcava il cielo azzurrissimo della California, proiettando la sua ombra sulla vegetazione sottostante.

A bordo c'erano soltanto tre persone: Michael Jackson, un famosissimo cantante; Kate Harlow, un'ammiratrice di Michael e Jack Duncan, autista di Michael, alla cloche.

Michael aveva conosciuto Kate per puro caso e i due erano subito diventati amici, tanto che Michael aveva invitato la ragazza a passare qualche giorno con lui nel suo immenso ranch ed ora stavano tornando da una divertente gita in aereo. Jack, che anni prima aveva preso il brevetto di pilota, si era offerto di pilotare l'aereo che i due giovani avevano noleggiato.

Era stata un'idea di Kate, una bruna venticinquenne dagli occhi azzurri come l'oceano, quella di fare un giro in aereo; all'inizio Michael era un po' perplesso e, anche se non lo aveva ammesso davanti a Kate, provava un po' di paura a salire a bordo di quel trabiccolo, ma Jack gli aveva assicurato che non c'era assolutamente nessun pericolo e che lui, d'altronde, era un ottimo pilota. Così alla fine Michael aveva acconsentito e non se ne era pentito perché aveva passato una splendida giornata, soprattutto grazie alla frizzante compagnia di Kate.

Mancavano solo poche miglia all'aeroporto quando, improvvisamente, Kate e Michael vennero scaraventati a terra da una scossa tremenda; Jack a stento era riuscito a rimanere alla cloche.

"Tutto bene Kate?"

"Sì, sono un po' ammaccata ma sto bene."

"Jack, stai bene? Che cosa ci ha colpiti?"

"Sto bene Signor Jackson e anche se potrà sembrarle strano, sono sicuro che è stato un fulmine a colpirci."

"Un fulmine? Ma se è completamente sereno?!"

"Le assicuro che è così."

"Jack potrebbe avere ragione, Michael; ho letto da qualche parte che i fulmini possono anche manifestarsi con il cielo sereno."

"La cosa più importante ragazzi, è che non abbiamo subito danni, così potremo atterrare sani e salvi."

Dopo una decina di minuti Jack, che era un uomo sulla quarantina leggermente sovrappeso e con due baffi da tricheco, si grattava la testa con un'espressione di grande stupore.

"Che mi venga un colpo!"

"Cos'è successo Jack? Dovremmo già essere atterrati."

"E' qui il problema Signor Jackson, non riesco più a trovare l'aeroporto!"

"Hai sempre voglia di scherzare!"

"Non sto scherzando, guardate dal finestrino."

Michael e Kate guardarono e si resero conto che quello era sì il posto da cui erano decollati, però ora non c'era traccia del piccolo aeroporto. Jack sorvolò ancora un po' la zona per sincerarsi di non essersi sbagliato, ma visto che l'aeroporto non voleva farsi trovare e che il carburante stava scarseggiando, decise di atterrare da un'altra parte. Dopo un quarto d'ora trovò una pista d'atterraggio che però, pur essendo piuttosto grande, non figurava sulle sue carte; fortunatamente lo autorizzarono ad atterrare.

"Adesso cosa facciamo Signor Jackson?"

"Chiamiamo un taxi e andiamo a recuperare la mia macchina."

"Ma l'ha visto con i suoi occhi, non c'era traccia del maledetto aeroporto e tantomeno della macchina."

Kate azzardò una spiegazione.

"Forse quel fulmine ci ha provocato una specie di allucinazione, o forse è stata un'illusione ottica."

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