Louis pov's
Mi sedetti come di consueto sulla mia solita panchina un po' arrugginita.
Ero sordo, certo, ma riuscivo lo stesso a leggere il labbiale delle persone. Chi litigava, chi parlava del proprio matrimonio, chi della delusione appena superata.
Ogni giorno, lì, succedevano le piu' svariate cose.
Ero sempre rimasto solo su quella panchina, andavano a sedersi sempre tutti su quelle più belle, quelle più nuove. Io ho imparato, negli anni, ad accontentarmi e a saper apprezzare le cose anche un po' più brutte, un po' diverse, come me. Ecco.
Passai tutta la mattinata così. A vedere le persone andare e venire, chi con una certa fretta e chi con più calma, attenta a godersi questa splendida giornata di sole.
Ad un certo punto, verso l'ora di pranzo, qualcuno si sedette nella mia stessa panchina. Era la prima volta in tutti quegli anni che qualcuno si avvicinava a quella che oramai era la mia dimora.
Era un ragazzo alto, sulla diciottina d'anni, riccioluto e...cieco. Aveva un labrador con se, un labrador nero. Cercai di prenderlo come un indizio, non se ne vedevano spesso di quel colore.
Si chinò verso di me e mi chiese:
''É bella la primavera?''
non riuscì mai a sentire la sua voce e mi dispiacque parecchio, ma provai lo stesso a capirlo leggendogli le labbra carnose.
Gli risposi con una certa enfasi:
''Lo é.''
''Descrivimela, per favore.'' quasi mi pregó, e con una certa difficoltà gli risposi:
''É piena di fiori, di farfalle che volano e...'' mi interruppe e mi mostró il suo petto, feci un espressione confusa, ma che sfortunatamente lui non poté vedere.
''Come queste! So-sono belle?''
''Lo sono.'' gli risposi sorridendo.
''Come vedi, io, io non posso vederle...''
''Lo so. Io non posso sentirti.''
''Io sì! Siamo l'opposto, come l'acqua ed il fuoco!''
''Hai proprio ragione. Ci completiamo a vicenda. Ma...a proposito: come ti chiami?''
''Harry. Harry Styles. Tu?''
''Louis Tomlinson, piacere.''
''Posso farti una domanda, Harry?'' chiesi sperando di non risultare troppo invadente.
''Certo, Lou'' lessi.
Nessuno, al di fuori della mia famiglia, mi aveva mai chiamato in quel modo. Lui lo aveva fatto, con una tale semplicita'...in quel momento desiderai più di ogni cosa al mondo di sentire il mio nome uscire dalle sue labbra. E mi odiai. Odiai il mio disturbo che oramai dominava da anni. Mi maledissi e mi chiesi, semplicemente, perché.
Mi ripresi, ricordandomi la domanda che avrei dovuto porgergli.
''Perché hai scelto un labrador nero?''
''Perché é diverso. In giro se ne vedono solo di color crema e ho pensato che fosse un po' come una discriminazione e...so cosa voglia dire sentirsi diversi ed inaccettati, so come ci si sente.''
Lessi tutto con estrema facilita', cercava di scandire bene le parole, per me.
''É stato un bel gesto da parte tua. In questo ti assomiglio. Anche io mi siedo sempre su questa panchina perché é diversa. Tutti scelgono quelle più nuove, quelle appena dipinte, io ho imparato a trovare i lati positivi anche nelle cose che sembrano più scadenti. L'ho dovuto fare per forza, con il mio problema non potevo fare altro. Venivo sempre deriso a scuola solamente perche' non riuscivo a sentire nulla, parlavano sempre veloce apposta, per non farmi mai capire. Perció sono cresciuto da solo, apprenzandomi nonostante sia sordo. Ho trovato un lato positivo anche in questo. Ho provato a pensare che c'é chi sta peggio. Ho semplicemente imparato ad amarmi per la persona che sono, indipendentemente dall'handicap che ho.''
Vidi Harry accigliarsi e con una lacrima sul viso. Allungai la mano ed istintivamente gliela tolsi. Mi sussurrò un ''grazie'' ed attaccó a parlare:
''Sei un ragazzo forte. Ti ammiro per questo. Non sono mai riuscito a convivere con la mia cecità e ne ho sempre fatto una malattia. Ho sempre pensato di essere lo sbagliato, l'errore, quello diverso. Non mi sono mai amato né apprezzato, per questo rimanevo solo. Se non impari ad amare per primo te stesso, beh, non puoi pretendere che lo facciano gli altri.'' una seconda lacrima gli solcó il viso, ma imperterrito continuó:
''Sono cresciuto con mia sorella, Gemma. Mi é sempre stata accanto, anche quando non c'era nessuno dietro, e con il suo amore nessuno avrebbe potuto buttarmi giù.''
Lo guardai con gli occhi lucidi, lo capivo. Più di ogni altra cosa. Non era facile vivere con la sordità o con la cecità, non lo e' mia stato per nessuno, ma bisognava sempre cercare di andare avanti, di lottare e di non darci troppo peso.
Lo abbracciai, senza un motivo preciso. Lo feci e basta. Il labrador accucciato ai nostri piedi fece un abbaio, che non potei mai sentire, ma lo presi come un gesto di gratitudine nei suoi confronti. Gli accarezzai dolcemente il muso prima di leggere il nome sulla sua targhetta ''Gemma''.
Li' capì. Doveva averla persa, fu per questo che aumentai la presa, facendolo sobbalzare.
''Grazie. Era da tempo ormai che non ne ricevevo uno così.'' gli diedi un casto bacio sulla tempia, e stemmo abbracciati, così, fino a sera.
Quando il freddo inizió a farsi sentire, decisi di dare ad Harry quello che era il mio cappotto. Continuammo a stare in silenzio, ci eravamo creati un mondo tutto nostro: dove io gli dicevo cosa c'era intorno a noi, nella dura realtà, e dove lui mi diceva cosa si sentiva, non inteso come parole o frasi, ma come suoni. Come l'ululare del vento, impercettibile per me, come lo sbattere d'ali dei pettirossi, come il rombo del motore di un'auto. Mi descriveva tutto nei minimi dettagli, quasi riuscissi davvero a sentirli, quei suoni.
''Lou.'' mi chiamó. E giurai su me stesso di esser riuscito per la prima volta nella mia vita a sentire qualcosa.
Una voce roca, profonda.
Sensuale.
''Si?'' gli risposi speranzoso.
''Penso di amarti.'' e lo disse con tranquillità. Come se fosse la cosa più ovvia del mondo, alché mi girai verso di lui e istintivamente, senza neanche pensarci, mi fiondai sulle sue labbra. Le nostre lingue danzavano e si cercavano come se una non potesse stare senza l'altra.
Mi sentii pieno, senza problemi, e persino la mia sordità per un attimo svanì. Giurai di veder Harry sorridere tra un bacio e l'altro e questo non fece che aumentare la mia felicità. Eravamo anche l'opposto, come il fuoco e l'acqua, ma sapevamo unirci, creando qualcosa di assolutamente unico.Harry pov's
Nell' attimo in cui mi bació giurai di esser riuscito per la prima volta, in tutta la mia vita, a vedere qualcosa. A vederlo. Bassotto, liscio e...con gli occhi blu. Gli sorrisi e per un attimo, che sembró infinito, anche la mia cecità scomparve.
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Spazio autrice:
Penso ne abbiate davvero abbastanza di me, ma ultimamente ho davvero la vena artistica. Stavo scrivendo anche una ff Larry a capitoli ma mi si é sfortunatamente eliminata tutta quanta...ma prometto che non mi arrenderó e che la riscriveró! Spero questa One shot vi sia piaciuta, ci ho messo davvero il cuore. E' una tematica delicata e ci tenevo a trattarla. Spero che in un qualche modo possa aiutarvi.
Inoltre volevo fare un piccolo appunto sulla copertina della storia: ho deciso di farla così luminosa per il fatto che ho deciso di dare una libera interpretazione ad Harry che riesce a vedere il suo Louis e a Louis che riesce a sentire il suo nome provenire da Harry. E' come se fosse tutto luminoso in quel momento. Spero di esser riuscita in un qualche modo a rendere l'idea!
(Chi ha notato una frase di Drag Me Down all'interno del testo alzi la mano che riceverà un biscotto c':)
Lot of Love xx
-C
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Fire and water. | L.S.
Fanfiction| One shot | Harry Styles cieco. Louis Tomlinson sordo. Uno l'acqua, l'altro il fuoco. Due opposti. Ma con più cose in comune di quanto ci si possa aspettare.