Prologo - Moulded Kiss, Bacio a Stampo

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«Certe persone ti cadono dal cuore a forza di ingoiare delusioni.
Col tempo la loro assenza diventa il tuo punto di forza.»

«Come, "se n'è andata"?», le domandò Aaron, stralunato.
«Sì, giusto questa mattina alle cinque. Non lo sapevi? Credevo te l'avesse detto, caro», gli disse la Signora Adkins, con finta apprensione nello sguardo.
Aaron aprì più e più volte la bocca per dire qualcosa, ma sembrava che l'uso della parola l'avesse abbandonato completamente. Era indeciso se voltarsi e andare via lontano da quella donna il più in fretta possibile, o urlare e scuoterla fino a che non gli avesse detto una buona volta, senza fare tanto l'innocente, dove fosse andata la sua ragazza. Invece lei continuava a fissarlo con quei suoi occhi azzurri di ghiaccio privi di qualunque emozione e le labbra rifatte strette in una leggera smorfia; molte persone la scambiavano con un'espressione di puro interesse e vivido dispiacere, ma Aaron sapeva molto bene che in realtà era tutto il contrario: solo finzione. E se c'era una cosa in cui la Signora Adkins era davvero brava era proprio fingere. Lei fingeva, avrebbe anche potuto essere incoronata per quanto le riusciva bene. Aaron non si ricordava quante volte l'avesse vista fingersi la vittima della situazione, e gli riusciva alla perfezione, sopratutto se poteva trarne beneficio lei stessa.
Anche in questa situazione, in cui Aaron è sconvolto per l'improvvisa partenza immotivata della sua ragazza, riesce a sembrare profondamente sconfortata. Ma non con lui. Perché lui sa riconoscere alla perfezione i segnali della donna, in special modo quando lo chiama "caro" per sembrare ancor più dispiaciuta e credibile. Il ragazzo avrebbe semplicemente voluto prendere un ago e bucarle quelle labbra piene di botulino, solo per il semplice gusto di vedere se per una volta fosse riuscito a toglierle quella smorfia da culo di gallina.
Ma Aaron è Aaron, tanto fumo niente arrosto; un ragazzo monotono e calmo, uno di quelli che non si fa prendere dalle emozioni e non tergiversa mai.
Prese un respiro profondo e, chiudendo gli occhi, si passò una mano tra i lunghi capelli biondi; ormai gli arrivavano leggermente oltre le spalle. Suo padre gli continuava a dire che avrebbe fatto meglio a tagliarseli se non voleva essere scambiato per una ragazza, ma ad Aaron non importava, non era mai stato interessato a cosa pensassero gli altri di lui.
«Posso sapere dov'è andata?», le chiese, ostentando una calma che dentro era tutt'altro.
Era difficile, anche per uno come lui, cercare di domare l'agitazione e l'ansia che lo stava divorando nell'animo, ma cercò in tutti i modi di non mostrarlo alla megera davanti a lui, o non avrebbe sprecato un solo attimo per ritorcerglielo contro come sapeva fare lei.
«A Boston, caro», fu la risposta laconica.
Aaron era sicuro al cento per cento che il suo tic all'occhio avrebbe fatto presto capolino, già il dondolarsi sui talloni ne era una prova, si stava innervosendo più di quanto si fosse mai concesso. Si bloccò, e ordinò al suo corpo di darsi una calmata, cercando una parvenza di controllo su di esso.
«Boston? E a fare cosa? Insomma, io e lei stavamo insie...».
«Caro.», lo richiamò lei secca, ostentando un falso sorrisino di circostanze. «Se n'è andata, fattene una ragione», sillabò, perdendo per un attimo la sua aria calma. Ma si ricompose all'istante sistemandosi i capelli biondo miele, acconciati alla perfezione, probabilmente con strati e strati di lacca.
«Quindi, lei, ha intenzione di non dirmi dove è andata Ailon?», chiese basito, una vena di fastidio nella voce. Ma se ne rese conto troppo tardi, solo quando sul viso della donna comparve un ulteriore guizzo di eccitazione.
«Beh... caro. Io la penso così, se non ti ha detto dove andava, ci sarà un motivo. E chi sono io per andare contro il volere di mia figlia? », gli fece notare con un'alzata di spalle e uno sguardo innocente.
«Ma se lei...», tentò di farla ragionare un'ultima volta.
Lei scosse la testa, chiudendo gli occhi. «Vuoi per caso mettermi contro mia figlia, caro?», gli domandò lei, gli occhi diventati improvvisamente lucidi.
Aaron era sbalordito. Stava attuando le sue mosse false, quella donna spregevole. Ma quello che lo spiazzava di più era che volesse passare da vittima anche in una situazione del genere, quando non ce n'era il minimo bisogno.
«Non farei mai una cosa del genere, Signora», rispose Aaron, il tono ormai duro. Era stufo ma non voleva che la donna ingigantisse la cosa maggiormente.
«Allora, smettila e vattene.», gli rivolse uno sguardo ammonitore. «Avrà avuto le sue ragioni per aver fatto quello che ha fatto. E, sinceramente, non mi meraviglio. Dammi retta, caro, smettila di lagnarti per lei e fatti una vita».
Ogni parola uscita dal canotto di quella donna era come una stilettata nel petto, sapeva che non sarebbe mai riuscito ad averla vinta su di lei.
L'unica cosa dignitosa che gli restava da fare era voltarsi e uscire dalla dimora a testa alta. E mentre oltrepassava la porta d'ingresso per l'ultima volta, intravide sul volto della donna uno sguardo di superba vittoria.
Sdraiato sul letto in camera sua, Aaron, continuava a chiedersi perché Ailon se ne fosse andata, così, senza dire nulla e senza dare spiegazioni.
Ora che ci pensava, con lei era sempre andata in quella maniera. Era Ailon a prendere le decisioni fondamentali, lei che decideva cosa dovevano fare o dove dovevano andare. Aaron si lasciava trascinare, pur di non sentirla lamentarsi, perché quello che le aveva proposto lui non la aggradava oppure era troppo "noioso". Sapeva di essere molto più monotono rispetto agli altri suoi coetanei di New Haven, ma non credeva così tanto da allontanare Ailon. In fin dei conti, essendo più piccola di tre anni, doveva ancora finire il college e non capiva cosa l'avesse spinta ad allontanarsi tanto repentinamente.
Credeva che lo amasse, invece se n'era andata a Boston in fretta e furia a inseguire chissà quale sogno...
Si mise seduto di scatto e impallidì quando un'idea assurda gli balenò in testa.
Era impossibile. Infattibile. Assurdo.
Ailon non poteva essere scappata per inseguire un altro ragazzo.
Giusto?
Era così tanto alla deriva? Tanto alla deriva dalla monotonia da allontanare la sua ragazza?
A quanto pare sì.
Fu in quel momento che si ricordò del bigliettino che gli aveva dato la Signora Adkins appena entrato in casa sua.
L'unica cosa che Ailon gli aveva lasciato prima di abbandonarlo.
Forse dentro c'era un indizio. Un qualcosa che gli avrebbe rivelato dove si trovava la sua ragazza. O per lo meno qualcosa che gli avrebbe rivelato più di quanto avesse fatto la Signora Adkins stessa.

Semplicemente, non ti amo più. Addio.

E fu così che iniziò; per la prima volta, Aaron, si lasciò andare alla rabbia ceca.
Non lo amava più?E lo aveva lasciato così? Più ci pensava e più la furia aumentava.
Ogni cosa nella stanza fu rivoltata e rovesciata per terra. I fogli che volavano per aria, mischiati alle urla del ragazzo. Iniziò a dare pugni al muro, talmente forte che molto presto si creò un buco. Continuò finché non ebbe il fiato corto e le nocche spaccate e sanguinanti. Si accasciò a terra e si passò una mano fra i capelli.
Ancora una volta Ailon si era permessa di decidere per entrambi.
La rabbia lo riempiva ma era sfinito, voleva solo sdraiarsi sul letto e dormire, almeno per un paio di ore.
Quando aprì gli occhi, era ormai notte fonda e probabilmente i suoi genitori dormivano già.
Prima di addormentarsi aveva deciso. Se Ailon poteva mandare all'aria i loro tre anni insieme e rincominciare una nuova vita senza dare spiegazioni, lui si sarebbe concesso di dare una svolta alla sua, ma a New Haven, non ci sarebbe mai riuscito. Solo ora, mentre infilava i vestiti alla rinfusa dentro un borsone, gli venne un'idea. Poteva anche non funzionare ma in onore dei vecchi tempi era sicuro che Brandon non avrebbe rifiutato di dargli una mano.
Prese il cellulare per inviargli un messaggio, dopo che ebbe finito di preparare la valigia.
Scese al piano di sotto e scrisse un veloce biglietto ai suoi genitori per dirgli dove stesse andando e che li avrebbe chiamati l'indomani per spiegargli tutto quello che era successo.
Chiamò un taxi e si fece accompagnare all'aeroporto mentre prenotava un biglietto di sola andata sul primo volo disponibile per New York City.
Nella Grande Mela, ancora non ci credeva davvero.
Stava per imbarcarsi, quando gli giunse la risposta più che affermativa di Brandon in cui gli proponeva che se avesse voluto era disponibile una stanza nell'appartamento in cui viveva.
Il ragazzo sorrise per la prima volta quel giorno, ricordando i bei momenti con il vecchio amico del college. Non lo vedeva da anni, a parte qualche foto vista sul suo profilo Facebook e qualche chiamata a Capodanno.
Era certo che quella partenza lo avrebbe aiutato a dimenticare la sua verde città per sempre, a lasciarsela alle spalle, soprattutto Ailon.

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