Capitolo 1- La cornice

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Non mi ero mai reso conto di quanto fosse bella quella stanza. Aveva un fascino tutto suo. Le credenze polverose e i cuscini ricamati, le cornici appese alle pareti con le foto mie e dei miei cugini, il quadro con la foto tutta la famiglia fatta a Natale, e in mezzo lei, con un sorriso splendente sul viso e i capelli. I capelli... scoppiai a piangere. Lei, che aveva sempre la forza di volontà, il coraggio, mi aveva insegnato tante cose. L'avevo sempre ammirata, una donna così speciale, forte. E ora? Aveva perso tutto in pochi mesi. Era debole ormai. Il tumore era un mostro che le aveva portato via tutta la sua forza, pensavo. Ero ingenuo. Sì, ero a casa di mia nonna, ero riuscito ad entrare. Lì erano tutti i miei ricordi felici, e la maggior parte di quelli tristi. Dovevo riprendermeli prima di iniziare il mio viaggio. Indossavo una pesante e larga felpa di lana e uno zaino enorme in spalla, quello di scuola. Ci avevo messo tutto quello che mi sarebbe servito. Le cuffie, le mezzepunte, un paio di blocchi di fogli e una dozzina di matite, temperini e gomme. Musica, danza, disegno. Le cose che mi piacevano di più. Poi tre felpe, due paia di pantaloni e un berretto di lana, quello che mi aveva regalato mia nonna. Attraversai il corridoio al buio. Avevo paura, ma non accesi la luce, mia nonna mi aveva fatto promettere che sarei stato un ragazzo coraggioso. Arrivai in fondo al corridoio e guardai la porta che avevo di fronte: la porta che conduceva nella sua stanza. Spinsi giù la maniglia e con uno scricchiolio la porta si schiuse, conducendomi nella sola camera che aveva vissuto per molto tempo mia nonna prima di venire a mancare. Sempre a letto, senza forze. Era lì quello che mi serviva. Sopra la TV, una cornice spessa e giallina, dentro una foto sbiadita che ritraeva me appena nato in braccio a mia nonna, che mi guardava sorridente. Quella foto aveva qualcosa di speciale, sembrava muoversi, vivere. Sentii un brivido freddissimo lungo la schiena e cacciai un urlo che conteneva tutta la mia rabbia e la mia disperazione. "No!" urlai "Non è vero! No! Lei è viva!" Si sentì l'eco viaggiare per tutta la casa, lugubre. E scoppiai di nuovo in lacrime, ma la verità era schiacciante. Lei non c'era più. Non avevo mai accettato questa cosa. Afferrai la cornice e la misi nello zaino chiudendo energicamente la zip. Diedi un ultimo sguardo alla stanza e feci per sbattere la porta, ma la chiusi piano, senza fare rumore. Ero solo. Ripercorsi lentamente a ritroso il tappeto polveroso, rosso e lungo nel corridoio e mi ritrovai nella stessa, bellissima stanza di prima. Mi sedetti per l'ultima volta sulla mia poltrona preferita e chiusi gli occhi per imprigionare dentro di me i ricordi.

Appena uscito di casa, con i ricordi nel cuore e la foto nello zaino, mi invase un vento freddo e pungente. Tirai il berretto fuori dallo zaino e lo misi in testa. Chiusi piano il portone, senza farmi vedere, e infilai le mani nella tasca della felpa. Corsi veloce con le lacrime che si congelavano, gli occhi che bruciavano e il raffreddore addosso e dopo mezz'ora sotto la pioggia giunsi davanti ad un piccolo cancello grigio, e dietro una casetta piccola e accogliente. Qualcuno mi guardava dalla finestra.

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