Il desiderio di un uomo

68 5 0
                                    

....Namino si gettò contro di lui, col corpo avvolto nel suo mantello, e lo abbracciò al collo. Harlock la fissò, non si era aspettato quella reazione, oppure sì? Oppure l'aveva non solo aspettata, ma l'aveva anche desiderata? La guardò per un attimo, poi il viso di Namino si avvicinò al suo, la vide chiudere gli occhi, stringere di più le braccia attorno a lui e sentì la sua bocca sulla propria. Allora chiuse l'occhio, la sua mano le accarezzò la coscia mezza scoperta, appoggiata sulle sue gambe piegate. La bocca di Namino era calda e umida, e sentì subito che si faceva strada nella propria. Aprì le labbra e la baciò con impeto, assaporando la sua bocca, sentendo la sua lingua sulla propria, e continuò a baciarla con foga, quasi dolorosamente. Da quanto tempo non lo faceva? Da quanto tempo non toccava una donna, da quanto tempo non faceva l'amore con una donna? La sua mente era annebbiata, persa nel piacere che quel bacio stava infondendo al suo corpo, come risvegliandolo da un letargo che non si meritava. Era un uomo giovane, un uomo forte, che aveva fin troppo mortificato il suo corpo vivendo come se fosse solo, come se le donne non esistessero, come se dopo il suo amore perduto in gioventù non si meritasse più nulla, come se i suoi sensi di maschio dovessero annegare e placarsi senza più risvegliare in lui il desiderio per un donna. Ma lei, una mazoniana, ma indubbiamente una donna, aveva smosso tutto quello. L'uomo che c'era in lui, la sua parte irrazionale, la sua parte terribilmente umana che lui aveva cercato di nascondere, di placare, vivendo su un'astronave, si stava prepotentemente risvegliando. Il suo essere leale, integro, corretto, poteva scontrarsi con l'uomo che fremeva di desiderio per lei, per quel corpo di donna che sentiva contro al proprio? Il corpo di quella donna che non amava, ma che bramava di sentire contro di sé?

La lasciò sciogliendosi dal suo abbraccio, poi si alzò e andò a chiudere la porta dall'interno; si tolse i guanti, poi la camicia nera e la gettò a terra.

Lei lo guardò, il suo sguardo gli accarezzò la pelle nuda, la sensazione fu strana e bella, una sensazione ormai lontana: gli occhi di una donna sulla sua pelle nuda. Non si era spogliato del tutto, si sarebbe sentito troppo vulnerabile.

Si inginocchiò sul mantello steso a terra, e Namino lo abbracciò. Il suo profumo, la sua pelle bianca e profumata lo investirono; ripresero a baciarsi, le dita di lei gli accarezzavano le braccia e le spalle, lentamente, sensualmente, con amore. Lei salì su di lui, gli circondò il bacino con le gambe, così Harlock la fece sdraiare sotto di sé; sentì le sue braccia circondarlo, le mani che gli toccavano la schiena nuda, le sue cosce strette attorno a lui, le sue gambe vicino alle proprie. Si perse nel suo bacio, nella sua bocca, mentre lei lo stringeva, si sentiva come bruciare dove lei lo toccava, sentiva i suoi seni contro al petto ed il desiderio esplose. Si slacciò i pantaloni, sollevandosi leggermente, poi entrò in lei dolcemente, contenendo il proprio impeto, sentendola darsi completamente a lui. E quella sensazione che aveva quasi dimenticato, di appagamento, di dolcezza, di essere vivi, prepotentemente vivi, gli riempì il corpo e la mentre....

Namino era una mazoniana, lo sapeva, ma era così bella, così dolce , così profumata; gli piaceva, gli piaceva da morire, da quando l'aveva vista. Lei lo amava? Forse sì, lei non era come le altre mazoniane, come Raflesia: il suo sguardo era limpido, e quello che celava, quello che era la sua missione, era adesso nascosto nel profondo della sua anima, adesso era solo una donna che lo stava amando.

Abbassò il viso, posando una guancia sui suoi seni; la loro morbidezza lo stupì, era una sensazione che quasi non ricordava più. Sentì la propria mano tremare leggermente mentre le accarezzava quella pelle candida e liscia, sentendo il capezzolo nel palmo aperto. Lo prese tra le labbra, quasi imbarazzato, ma sentì Namino ansimare, sentì il suo bacino muoversi più veloce contro il proprio. La baciò, la accarezzò, e lei fece altrettanto, gridando il suo nome. Crollò fremente su di lei, travolto da un piacere così intenso che gli fece tremare tutto il corpo. Improvvisamente si sentì vivo, si sentì di nuovo un uomo in carne ed ossa, si sentì un uomo come gli altri.

Si sentì felice.

------°°°°°°°°-------

Harlock si affacciò alla grande vetrata della sua cabina, che spaziava nel cosmo. Si sentiva male, si sentiva sbagliato, si sentiva in colpa.

Quella parentesi doveva essere chiusa per sempre. Lui doveva essere solo il pirata che combatteva contro Raflesia, e Namino doveva essere la spia mazoniana con una missione da compiere sull'Arcadia. Dovevano, doveva continuare come se quell'ora appena passata appartenesse a un'altra dimensione, a una vita parallela e diversa da quella vera.

Si rammaricò, perché avrebbe dato un dolore a Namino; ma soprattutto era ben conscio di aver fatto il gioco di Raflesia. Se la immaginava ridere di lui, quando avesse saputo. Ma se pensava che bastasse quella debolezza umana a piegarlo, la regina di Mazone si sbagliava. Lui sapeva come lasciarsi tutto dietro, lui sapeva come tornare quello di prima, quello di sempre.

Gli dispiaceva solo per Namino; lei era una vittima innocente, una vittima di Raflesia e di lui stesso.

Quando l'aveva portata in infermeria, quasi gettata su quel lettino, dicendo al dottor Zero che era stata male, aveva sentito un po' di sé stesso morire. Non era riuscito a guardare l'espressione di Namino, preferiva non sapere cosa lei avesse detto e pensato.

Si scostò dalla vetrata e si versò del vino, per sé e per Miime; sapeva che lei lo avrebbe raggiunto molto presto. Bevve svuotando il bicchiere, poi si sdraiò nel letto mettendo le braccia piegate dietro la testa.

Forse avrebbe dovuto bere tutta la bottiglia, per stordirsi, per non pensare.

La porta si aprì e Miime entrò, con in mano la sua arpa. Harlock non disse nulla, Miime sapeva benissimo quello che era successo, quello che lui aveva provato e quello che sentiva ora. Prese il bicchiere che lui le aveva preparato e bevve, guardandolo.

Harlock non si mosse, né aprì gli occhi – Miime...? – Disse solo – per favore...per favore, suona la tua arpa –

L'aliena annuì, si sedette e le sue dita iniziarono a pizzicare l'arpa, da cui usciva un suono melodioso e triste.

Harlock restò immobile; si lasciò cullare da quella musica, che assopiva il suo desiderio di essere ancora, e solo, un uomo.

Il desiderio di un uomoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora