Un lampo bianco, delle grida vicine eppure così lontane. Dei capelli lunghi e neri, lisci, che fluttuavano nell'aria mentre la donna si muoveva con l'accattivante grazia crudele che le apparteneva.
Gli occhi grigi lo puntarono come se fosse stato una mosca. Sul collo le correva una cicatrice lunga dieci centimetri, lucida e fina. Si diceva fosse stato un Auror a procurargliela.
La veste nera che indossava sfiorava il pavimento, e le maniche lunghe lasciavano intravedere delle mani segnate e pallide, una delle quali, la sinistra, stringeva una bacchetta di ciliegio tutta contorta e nodosa.Il grido di ragazzina si fece sentire di nuovo ma stavolta si prolungò di più, finché non si spense con un verso strozzato. Davanti a lui, Alecto Carrow si esibì in un ghigno crudele, tutto denti bianchi. Socchiuse gli occhi e lo schernì del suo terrore, facendo una risatina.
Neville abbassò gli occhi sulle proprie mani, e le vide sanguinanti. Solo allora si accorse di avere un taglio vicino l'occhio, dal quale sgorgava il liquido rosso che gli bruciava il volto.
Dentro di lui sentiva ardere la rabbia, che però veniva tenuta a bada dalla paura. Le ossa gli si erano congelate, e alzò lo sguardo verso la Carrow, poi verso la porta alle sue spalle. Da essa si potevano intravedere dei lampi di luce rossa, e le grida venivano proprio da lì.Una risata maschile e gutturale lo raggiunse da dietro la porta, e qualche secondo dopo il legno si aprì lentamente. Dallo spiraglio Neville intravide una ragazzina a terra, svenuta, con indosso la divisa di Hogwarts.
Proprio mentre Alecto Carrow veniva spalleggiata dal fratello con lo stesso ghigno crudele, il ragazzo notò gli occhi della ragazzina. Erano gialli, le pupille allungate come quelle di un serpente, ma erano vitrei e spenti.«Crucio!» gridarono i Carrow, le bacchette puntate verso di lui, ma Neville quasi non sentì dolore, udì solo il proprio urlo disperato mentre guardava la ragazzina, che sembrava sempre più pallida e fredda.
Urlò, urlò, urlò. I capelli della ragazza cominciarono a diventare di un biondo platino molto familiare, i tratti del viso mutarono lentamente dandogli un nuovo terrore... E fu con l'eco delle risate dei suoi carnefici che si svegliò, sudato e col respiro accelerato.Si guardò intorno, era nel suo dormitorio. Harry e Ron dormivano apparentemente tranquilli, la luna filtrava dalla finestra. Il suo cuore minacciava di sfondargli la cassa toracica. Erano passate poche settimane, dalla fine della guerra, e loro erano rimasti nella scuola per aiutare con le riparazioni.
Si alzò velocemente dal letto e andò alla finestra e, asciugandosi il sudore che gli imperlava la fronte, guardò la luna. Splendeva nel buio della notte, tra le stelle. Era sola, nonostante la miriade di luci accanto a lei... Anche le stelle erano sole, aveva imparato, perché l'essere circondato da altri non significava portarli con sé sempre. Lui aveva trovato qualcuno che lo accompagnava senza nemmeno sapere di farlo... Una ragazza strana e bellissima.
Il volto di Luna affiorò nella sua mente come se fosse emerso dall'acqua, sorridendogli nel suo modo dolce. La sua risata gli solleticò le orecchie come se fosse stata lì accanto a lui... E, in un attimo, si fu calmato.Appoggiò la fronte al vetro e sospirò: quella ragazza era il suo talismano.
C'era un'erba, secondo la mitologia di un popolo africano, che proteggeva gli amanti se non erano insieme. Si chiamava Denijha ed era estremamente rara. Lui ne aveva sentito il profumo solo una volta, in una lezione speciale delle Sprite... Era un odore dolce e aspro insieme.
Luna era come la sua Denijha.
La leggenda narrava che solo coloro che si amavano davvero ne erano degni... Nell'antichità la usavano per i riti coniugali, pestandola e disegnandoci il volto degli sposi. Ovviamente non credeva a tutto ciò che leggeva nei libri, ma il pensiero di quella storia lo rendeva stranamente sereno, se mischiato al pensiero di lei.
La Denijha era usata per alcune pozioni rare, ed era un componente primario della famosa pozione che teneva in vita Nicholas Flamel: la pozione dell'immortalità. Certo era, però, che senza la pietra filosofale quell'erba restava ciò che era: un'incredibilmente costosa pianta che arricchiva con il solo possederla. Tutti ne avevano dimenticate le origini mitologiche, e molto probabilmente nemmeno lui le avrebbe conosciute se, un giorno, non si fosse imbattuto in un vecchio libro sull'erbologia africana.Il chiaro di luna illuminava le coperte, quando lui si sedette nuovamente sul letto. Da un cassetto nel comodino tirò fuori una scatola, che posò davanti a sé. La aprì, e ne tirò fuori un diario piccolo e consumato. Lo lesse e rilesse, come faceva sempre. Vi erano scritti tutti i nomi delle erbe esistenti nel mondo magico... E, quando arrivò alla parola Denijha, Neville si era addormentato.
STAI LEGGENDO
Denijha || Neville & Luna
FanfictionLa guardò ancora. Era bella. Lo sapeva che era bella, l'aveva sempre saputo? Si era innamorato di lei in un momento tutt'altro che adeguato. Si era innamorato di lei perché era capace di sorridere anche quando non c'era alcun motivo per farlo, e fac...