-Siamo arrivati.- aggiunse Margo, più calma di quanto immaginassi. Forse quello agitato ero solo io.
Margo aprì lo sportello e cominciò a camminare a passo veloce, con le mani nelle tasche dell'enorme felpa che rendeva poco visibili le sue forme.
La raggiunsi, e una volta fuori casa di Becca, alzò il cappuccio fino alla fronte e delicatamente prese dal suo zaino la macchina fotografica che avrei dovuto usare.
Sgattaiolammo sotto la finestra del seminterrato è come previsto c'era Becca in intimo distesa sul letto, mentre James si spogliava e Cuck pisciava in una scatola. Tutto molto rivoltante. Mi chiedevo come faceva Margo a sapere di loro e i loro tempi, rimasi sbalordito, ma preferisco non dirglielo. Becca aveva delle splendide forme, lo dovevo ammettere. Ma Margo era indiscutibilmente fantastica. L'essere più bello che Dio avesse creato.
Ed ecco che James si catapulta su Becca, cominciano a baciarsi con foga, poi James toglie il reggiseno a Becca ed ecco che Margo sussurra:
-Scatta, ora!-
Uno, due, tre scatti.
Corriamo in macchina.
-Mi stava per scoppiare il cuore.- esclamai divertito ed elettrizzato al massimo.
-Bene, ora chiamiamo il signor Arrington. -
Al quarto squillo il padre di Becca risponde. -Chi diamine è? Voglio dormire!-
Margo, sempre con una calma da invidia sussurra un "guardi nel seminterrato, c'è una sorpresa."
Scoppiai a ridere come un dannato, seguita da lei. Avevo voglia di vedere la reazione del padre, ma Margo mi ordinò di accompagnarla a casa, e così feci.
-Ti sta bene, troia.-
-È una bella gnocca.- dissi con un sorrisetto malizioso.
-Su questo non c'è dubbio. Però è una troia.- disse continuando a guardare avanti. I suoi occhi erano sempre più spenti. Li ricordavo accesi e felici, ricordavo lei FELICE. Adesso invece... Non è Margo, non è la Margo di undici anni fa, non è più LA MIA Margo.-Stai crescendo.- le dissi.
-Stiamo crescendo,Q. Non siamo più bambini, nella vita si cambia. Insomma, guardami. Non sono niente, sono solo un misero puntino nell'universo, un buco nero. Sono insignificante. Siamo insignificanti.- rimasi in silenzio e aspettai che continuasse.
-Insomma, Quentin Jacobsben, guardami. Sono diventata la Margo Roth Spiegelmen che da piccola pregavo di non diventare mai.-
Si appoggió su di me, i polpacci sul finestrino aperto, la sua schiena contro la mia spalla.
Le sue Nike Air sembravano quasi nuove e alla luce del sole quasi brillavano. Le mani nelle tasche e lo sguardo perso nel vuoto.
Viaggiammo in silenzio.
-Quentin chiama Margo. Ci sei? Siamo arrivati.-
-Ho bisogno di un ultimo favore.-
-E quale sarebbe?-
-Q, ho bisogno di dormire da te, per una settimana.-
-E dopo? Cosa farai?-
-E dopo si vedrà. Chiederò ai miei genitori di stare con loro.-
-Perché non farlo adesso?-
-Troppo rischioso.-
-Hmmm..-
-Credi che tra una settimana sarà diverso?-
-Lo sarà eccome.-
-Margo Roth Spiegelmen, tu trami qualcosa.- le ticchettai i fianchi con l'indice e cominciai a farle il solletico.
-Q... Quent-in s-smettila.- sperai di trovare quella luce ormai inesistente nei suoi occhi, ma niente, le sue labbra ridevano, ma i suoi occhi, lei, erano tremendamente tristi. Anzi, forse Margo non era neanche triste, era solo stanca. Stanca di tutto e tutti.
-Allora, Madam Freezer, qui c'è il bagno, mentre qui c'è la cucina, nel caso volessi divorarti il frigorifero. Beh, credo che tu conosca bene casa mia, ci vieni da quando avevi 2 anni.-
-Vieni al punto allocco, dove dormo?-
-emh c'è un piccolo problema, se il letto sotto al mio non si apre, ci tocca dormire insieme, Madam Freezer-
-Allocco-
-Madam Freezer-
-Fammi dare un occhiata.-
-Non riesco ad aprirlo.-
-Aspetta.- in meno di due minuti il letto era come nuovo.
-Niente male.-
-Ho sempre detto che sei un allocco, e oggi ne ho avuto la conferma.- mi diede una pacca sulla spalla e io feci per rincorrerla, ma come al solito era velocissima e agilissima.
-Mi arrendo, Margo!- mi fermai e appoggiai le mani alle ginocchia.
Margo scoppiò a ridere e si schiantò sul divano a guardare la Tv.
-Hai voglia di uscire stasera?-le chiesi
-Hmm... È un appuntamento questo?- sorrise.
-Non proprio- ricambiai il sorriso.
-Hmm, se non è un appuntamento non avrei ragione di uscire con te.-
-Che intendi dire?-
-Troppo complesso da spiegare.- fece un piccolo sorrisetto, alzando solo un angolo della bocca.
-Vedi di non addormentarti sul divano Madam Freezer.-
-Allocco, io non sono la piccola principessa che si addormenta apposta sul divano per farsi portare dal suo principino a letto e farsi rimboccare le coperte, sarei patetica.-
-Mmh interessante.-
Dato che ero in piedi dietro di lei e lei sul divano, alzò un braccio e mi mandò a fanculo. Sull'avambraccio aveva ancora quella cicatrice.
Eravamo piccoli, avevamo 5 anni. Io e Margo stavamo giocando a calcio con il mio pallone di cuoio preferito. Lei era brava, si muoveva bene. Così bene che io persi il controllo e lanciai la palla dall'altro lato della strada, e le ordinai di andare a prenderla. Lei era così ingenua e infrangeva le regole sin da piccola. I nostri genitori ci avevano raccomandato di non attraversare mai la strada e di rimanere sempre in giardino. Invece io la costrinsi ad andare a prendere la palla, e fu così che accadde quello che non doveva accadere. Una macchina la investì, si fece molto male, stette molti mesi in ospedale, e tutto quello che è rimasto è ancora quella cicatrice. Un segno indelebile. Mi sento ancora in colpa. Da quel giorno il nostro rapporto è cambiato. E non so come abbia ancora il coraggio di stare con me. Infondo, è tutta colpa mia.
-Che ore sono?- chiese
-Le 10.32-
-Mh-
-Dove stai andando?-
-A fare una doccia-
-Okay.- dissi calmo e indifferente, cercavo di imitare la sua gelida voce.
Il risultato era scadente.Ore 10.57
-Margo, devo pisciare.- urlo in modo che mi potesse sentire.
-Aaah, entra, Q!-
-Ma..-
-Senti, vuoi svuotare quella diamine di vescica o hai intenzione di fartela sotto?-
-Okay, entro.- Margo era sotto la doccia, e si vedeva solo la sua ombra. Chissà se lei vedeva la mia. Aveva chiuso ben bene la sottile tendina.Continuo dopo.🔴😍
By:LoveCaraDelevingne
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AMORE INDELEBILE
RandomMargo e Quentin. Completamente diversi, ma una cosa in comune ce l'avevano, erano pazzi l'uno dell'altra.