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Molte volte durante la giornata mi capitava di pensare cose strane, complesse, senza un vero e proprio 'senso'.
Cercavo risposte in domande che tormentavano gli uomini da anni, come ad esempio l'esistenza di un dio, la creazione della terra. Ma la maggior parte delle volte non trovavo quasi mai una risposta plausibile.
Arrendendomi all'idea che non avrei mai trovato una risposta a queste domande, a meno che non fossi diventata(cosa che non era nei miei piani per il futuro):
a)una scienziata;
b)una teologa;
iniziavo a pensare ad altro.
E 'altro' era quasi sempre Collin Begum.
Mi stupivo sempre del fatto che da pensieri così articolati, arrivassi in un attimo a pensieri direi, banali, da semplice diciassettenne con una cotta per un ragazzo.
Ma, purtroppo, non riuscivo a controllare la mia mente e i pensieri non potevano essere rinchiusi in un angolo ed evitati.
Nonostante io ci provassi, e anche tanto, non riuscivo ad evitare di pensare a Collin.
Era l'essere più bello che avessi mai conosciuto, e inoltre, ero convinta che per il resto della mia vita non ne avrei conosciuto sicuramente un altro che fosse più bello di lui.
Non ci eravamo conosciuti in una notte stellata e romantica, non mi aveva salvato da qualche rapinatore, eravamo semplicemente i figli di due mamme molte amiche.
All'età di sei anni, la mamma di Collin si presentò fuori la porta di casa mia con una buonissima torta alle mele con panna, della quale ricordo anche il sapore.
Ma la prima cosa che mi colpì, fu quel piccolo bambino che si aggrappava alla sua gamba, quasi impaurito.
Ricordo che la prima cosa che pensai fu che probabilmente ci fosse qualche mostro in casa, o che il mostro fossi addirittura io.
Ma avevo sei anni, e non me ne curai poi per molto tempo.
Da quel momento, io e Collin diventammo amici inseparabili, o almeno inseparabili fino all'età di 10 anni.
Fino a quando lui non decise di partire con il padre, dopo il divorzio dei suoi genitori.
Quando eravamo bambini, Collin mi piaceva molto.
Non parlerei mai "d'amore" a quell'età, e molte volte mi capita anche di non volerne parlare adesso che sono cresciuta, ma Collin mi piaceva molto.
Era la cotta che poi diventa argomento di una conversazione con le migliori amiche.
Era la cotte di cui parli del diario.
L'iniziale che scrivi ovunque.
Collin era semplicemente questo allora.
Il giorno della sua partenza provai un grande senso di vuoto, nostalgia, e anche rabbia.
Pensai a quanto fosse stato egoista da parte sua preferire partire con il padre, che passare le giornate con me a giocare. Ma, giorno dopo giorno, la rabbia passò lasciando spazio a quel vuoto che aumentava sempre di più e mi divorava.
Basta pensare al semplice fatto che: per dieci anni una precisa cosa riempie le tue giornate e poi, poof, sparita.
In un'altra città, in un altro stato.
Cercavo continuamente un altro passatempo, ma non c'era.
Nessuno riusciva a "prendermi" sul serio.
Niente e nessuno poteva superare l'incredibile Collin con il suo fedele destriero immaginario Pipper(a quell'età ci sembrava un nome tanto strano quanto favoloso).
Erano passati sette anni e adesso, le giornate erano un po' più piene.
Sveglia alle sei.
Colazione, bagno, vestiti, cartella e via, in macchina per andare a scuola.
Vivevo una vita da diciassettenne 'normale'.
Il termine 'normale' non mi è mai piaciuto poi così tanto, per il semplice fatto che a diciassettenne anni non si puo' capire cosa sia realmente normale o no.
E poi, anche se lo avessi capito, non mi sarebbe piaciuta la normalità, come non mi piacciono le cose noiose.
Noioso è sinonimo di normale.
Normale è sinonimo di noioso.
Ma comunque, la normalità è tanto noiosa.
Eppure pero', devo ammettere che vivevo una continua routine.
Che forse anch'essa è sinonimo di noioso.
Vivevo una vita noiosa, ecco.
Forse, monotona.
Ma monotono è sinonimo di noioso.
Nulla da fare, la mia vita era sicuramente noiosa.
Eppure, un giorno le cose andarono diversamente.
Tornai da scuola normalmente, sì.
Pranzai, sì.
Ma proprio qui, in questo preciso istante, fui interrotta.
«Aaliyaaaaaaaaah!» urlò mia madre, prolungando così tanto il mio nome che pensavo non finisse più.
«Vieni immediatamente all'ingresso» continuò.
Mi alzai dalla sedia, sbuffando e pensando che mi stesse per dire qualche cosa stupida.
Arrivai all'ingresso con il boccone di pasta ancora in bocca, e la porta era aperta.
Mia madre sorrideva e allungò un braccio verso di me.
Mi avvicinai.
«Aaliyah, guarda chi è venuto a farci visita» mi avvicinai ancora di più per guardare fuori la porta.
«Ciao Aaliyah».
Era Collin.
Era lui, in carne ed ossa.
Cosa dovevo fare?
Salutarlo come se ci conoscessimo appena, o stringerlo a me facendogli capire quanto mi fosse mancato?
Mi sentivo come se le gambe stessero per crollare, anzi come se lo stesso pavimento stesse per crollare facendomi cadere giù.
Ma in un certo senso, non mi dispiaceva perchè Collin mi avrebbe afferrato.
Forse lui era sempre il mio eroe di quando eravamo bambini ingenui e pieni d'immaginazione.
Optai per la prima scelta, in fondo lui non mi aveva salutato con così grande entusiasmo.
«Ciao Collin» risposi.
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Non andar più via
Romance«Non c'è nulla di giusto tra di noi, nulla di normale, Collin!» «Aaliyah, per favore, non ti sono mai piaciute le cose normali, nemmeno quando eravamo bambini, quindi smettila di pensare che tra noi due debba esserci qualcosa di giusto o tantomeno n...