The true beginning: Quando tutto iniziò

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Gli esseri umani sono costantemente soggetti a tante di quelle cose che un libro non basterebbe ad elencarle, nonostante loro si guardino attorno, circospetti, in cerca di non si sa cosa. Magari di un'ambizione, di un obbiettivo da raggiungere, qualcosa di effimero....potente. Ma gli umani cercano soprattutto qualcos'altro, nonostante non non ce ne accorgiamo; tutti cercano lo spazio. Già, lo spazio, una parola chiave, importantissima per la nostra vita. Se noi pensiamo alla parola spazio, ci viene in mente magari lo spazio che c'è fra due città, o, perchè no, lo spazio che intercorre fra mente e cuore, che credetemi, non è mai solo limitato alle frontiere fisiche, oppure lo spazio che si verifica fra due labbra prima di baciarsi, ovvero uno degli spazi più labili che esistano. Bene, preparatevi all'avventura, perchè questa non è una semplice storia, è LA storia di Ruggero Ferretti. A voi, lo spazio....

Ruggero Ferretti

CAPITOLO 1

The true beginning: Quando tutto iniziò

Le infradito verdi di Elia Nicali giacevano sull'orlo della porta in ebano chiaro della sua camera, quasi come lo stessero silenziosamente osservando. Lui era seduto sul suo morbido letto ad ascotare musica rap guardando fuori dalla finestra. Il sole era piuttosto alto quel giorno d'estate, ma Elia aveva preferito stare in camera sua perchè aveva appena scaricato il nuovo Cd di qualche strano rapper sconosciuto che sarebbe nato e morto senza che nessuno, fuori dalla società dell'Underground, lo sapesse. Stava esaminando i brani con una freddezza disarmante, aveva preso un foglietto e scritto in una tabella tutti i nomi dei brani del disco, e accanto scriveva un voto. In quel momento la sua sessione di giudizio fu interrotta dal suono stranamente gradevole del citofono. Elia aveva una sorella maggiore, Anna, di circa 22 anni, che era appena tornata dalla facoltà di Giurisprudenza, citofonando per farsi aprire il portoncino.

-Ely, per favore potresti andare tu ad aprire?- gli gridò dal piano di sotto la madre. Nonostante il volume alto della musica Elia tolse le cuffie e le rispose.

-Si, si, vado io- con un leggerissimo velo di stanchezza nelle sue parole. Scese per le scale ancora con la quarta canzone del disco in testa "Racconto di un artista morto", un brano che a onor del vero esprimeva molta potenza. Calpestò rumorosamente gli ultimi gradini per giungere poi al citofono ed aprire portoncino e porta. Entrando, la sorella lo salutò guardandolo affettuosamente. Era una ragazza abbastanza alta, occhi azzurri e carnagione chiara, con una cascata di capelli biondi che si concludeva elegantemente alll'altezza delle clavicole. Nonostante una ordinaria coppia di fratello e sorella di quell'eta non abbia solitamente un buon rapporto, loro si, erano molto complici.

-Hey Ely guarda che i tuoi amici mi hanno detto di chiamarti e dirti se potevi uscire- disse sedendosi, con voce un pò mancante a causa del mal di gola. Elia pensò che dopotutto avrebbe potuto ascoltare il disco in qualsiasi momento, dopotutto era ancora il 20 luglio, martedì, della settimana.

-Va bene, grazie Nanà- rispose Elia sicuro con la sua voce profonda.

-Avverti la mamma per favore-

-Ok....-

Aprì la porta ed usci sistemandosi i capelli. Indossava una maglietta nera con su scritto a caratteri cubitali in bianco "Jack Daniel's". Camminava mettendo i piedi leggermente inclinati, quella camminata che lui chiamava "camminata di stile", anche se chiaramente questa era solo una sua impressione. Si guardava intorno sicuro, come se fosse il padrone di ciò che guardava. Elia non sapeva chi era fuori, ma aveva dedotto che ci fossero Giovanna, Sara Diamantini, Sara Cobaletti ed Eugenio. Erano tutti soggetti diversi, e li percepiva ognuno diversamente. Giovanna era una sua amica, non molto stretta, anche se più o meno nel suo complesso si conoscevano tutti abbastanza bene. Lui la reputava una ragazza simpatica, su per giù come tutti nel complesso. Era più amica con Eugenio, cosa di cui Elia si può dire che fosse leggermente geloso, non troppo però. Arrivò in piazzetta abbastanza presto, anche se i suoi poderosi passi non erano stati particolarmente veloci, stavolta....

Vide quella che ormai era da tutti chiamata "La sbarra di Eugenio", e un pò più in là proprio le persone che aveva immaginato ci fossero, strano. Aveva questa capacità particolare, che non era tanto la preveggenza, quanto il sesto senso, immaginava cose che, osservandole e testandole, erano vere, ma era come se già lui le sapesse, eppure non aveva allenato così tanto la sua capacità logico-deduttiva, dicendo la verità non era un ragazzo molto studioso, ma era una cosa innata. Se c'era un motivo riguardo al nome "La sbarra di Eugenio"? Ovviamente si. Una sera abbastanza buia del mese prima i ragazzi erano come di consueto fuori a parlare di stupidaggini, quando per la prima volta dopo anni ed anni si accorsero che Eugenio stava sempre appoggiato a dondolarsi in quella sbarra in ferro battuto, fu Sara Diamantini a farlo. Da quel momento accaddero due cose, stranamente contemporanee, ovvero quella sbarra diventò ufficialmente "la sbarra di Eugenio", ed Eugenio finì ufficialmente di dondolarsi appoggiato a quella sbarra, ma nel condominio gira una leggenda segreta....si narra che nelle notti di luna piena Eugenio, per sfuggire alle prese in giro altrui, si svegli di notte per sedersi appoggiato alla sbarra....ma è solo una stupida leggenda....o quasi.

Elia andò di corsa a salutare tutti con un preciso ordine che seguiva sempre, e che variava a seconda delle assenze.

-Ed ecco perchè il ferro mi piace più della pietra- disse soddisfatta Sara Cobaletti, e in seguitò scoppiò a ridere come lei era solito fare.

-Ascolta Sara, per te può essere migliore, ma la particolarità della pietra non la potrai mai ignorare- rispose a tono Eugenio. Eugenio e Sara erano soliti ingaggiare discorsi sugli argomenti più disparati, anche abbastanza stupidi, che alla fine si concludevano solitamente con Eugenio che diceva, "D'accordo, ognuno con la sua idea" dunque di progresso di ideali non ce n'era molto. Eugenio era un ragazzo intelligente, brillante, e certe volte riusciva anche ad essere simpatico. Protettivo per chi vuole bene e curioso di chi non conosce. Un ragazzo particolare, senza dubbio un ingrediente essenziale in quel contesto di "Normali". Sara Cobaletti era una ragazza fondamentalmente molto buona e simpatica, anche se spesso la sua risata veniva esasperata. Probabilmente lei rideva alle battute di tutti proprio per cercare di non farli sentire a disagio, e la qualità che la contraddistigueva era proprio questa, la capacità di non far sentire mai a disagio l'altro, anche per questo era importantissima in quel complesso. Sara Diamantini era una ragazza tranquilla, la classica ragazza che difende le proprie idee ma non attacca gli altri se non le osservano pienamente. Insomma, poco litigiosa, ma socievole quel tanto che bastava per far creare una buona idea di sè a quelli che voleva, per lo meno all'interno del complesso. Per finire c'era Giovanna, veramente una brava ragazza. Di Giovanna non si poteva di certo dire nè che fosse antipatica, nè che fosse chiusa e scorbutica nè tantomeno che fosse stupida, anzi aveva tutto il contrario di queste qualità, più il fattore leadership, ecco, Giovanna aveva il gene non del comando spietato, a bacchetta, ma quello democratico, accettato da tutti. Questi erano tutti gli ingredienti dell'inizio di una nuova storia, la prima storia in assoluto, quella VERA.


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⏰ Ultimo aggiornamento: Oct 18, 2015 ⏰

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Foglie: Racconto di un'estateDove le storie prendono vita. Scoprilo ora