Il pulviscolo galleggiante nell'aria di marzo aveva da sempre affascinato Primvanja: lo vedeva come un essere strano, confuso proveniente da meandri dell'universo ignari ai suoi occhi blu come il mare in burrasca.
La fanciulla lo intravedeva con facilità nelle giornate di sole in cui i tiepidi raggi scavalcavano le vetrate lerce e legnose della biblioteca, spesso la polverina aleggiava nei coni bianchi di luce quasi sprezzante dei suoi sguardi affascinati.
Primvanja allungava un dito sottile nella vana speranza di accarezzarli con il polpastrello magro saggiando la loro unica consistenza.
Persa nelle sue osservazioni spesso non badava neppure ai dignitari di corte che la richiamavano o ai paggi rossi in viso con tono scomposto, rammaricato, quasi timido che aveva le pretese di apparire imperativo.
La principessa Primvanja Kaelia Moskovićh però non riponeva la sua attenzione su di loro ormai da tempo, viveva in una bolla di incertezze e paure, la sua anima aveva preso la forma di un meraviglioso e raro cristallo in bilico sulla scogliera dell'inquietudine interiore.
Primvanja rifiutava di vedere la sua balia Rosinda, rifiutava di dialogare con Maryska e Fandena, le sue fidate dame di compagnia e negava persino la presenza del suo promesso sposo.
La giovane sovrana aveva perso il conto dei giorni, delle ore e dei minuti. Ammirava dalla grande imposta in vetro rettangolare la vita del palazzo con repulsione e disgusto.
Come poteva il sole sorgere ogni mattina? come poteva il mare mantenere la sua lucentezza? come potevano le onde infrangersi con prepotenza sulla scogliera sconnessa? come poteva l'erba del prato brillare sotto i raggi imperterriti della stella più grande? Come poteva il mondo continuare a girare se lui aveva abbandonato questa terra?
Primvanja non riusciva a darsi risposta ed ogni giorno si chiudeva in biblioteca per scorgere il paesaggio in attesa di una risposta, un segno divino che si attardava ad arrivare.
Dio era un disegno troppo grande persino per una principessa e non c'era verso che la mente di Primvanja riuscisse a scorgere un perché nel pensiero del governatore del blu cielo.
Primvanja era disperata e sconvolta perché non aveva ricevuto l'opportunità di vendicarlo, di scorgere gli occhi colpevoli e assassini che avevano crudelmente trucidato suo padre, re Salovik III.
Ormai gli occhi della principessa erano asciutti perché avevano consumato ogni lacrima possibile ed il suo cuore batteva per inerzia ad un ritmo flebile e delicato.
Primvanja era una statua. Una bellissima statua dai capelli biondissimi, dorati da apparire bianchi, la pelle come il latte e il vestito color cipria dono del re deceduto.
Theodor scorgeva la sua figura dalla fessura dei battenti in mogano della biblioteca e osservava il muto movimento della sua cassa toracica per accertarsi che fosse ancora in vita.
La verità era che il dolore si affievoliva nel muscolo cardiaco e al suo posto nel petto di Primvanja nasceva un ansia e una vacua paura predominante anche nei suoi pensieri.
Il regno in quanto figlia unica spettava a lei e i sudditi attendevano parole di conforto che la principessa rinviava in continuazione.
E se non fosse stata un equa sovrana? e se durante il suo regno la nazione fosse caduta in banca rotta o in una guerra sanguinosa? se non fosse stata in grado di badare con dedizione al suo popolo?
La fanciulla amava incondizionatamente le calde terre del sud, amava incondizionatamente il cristallino oceano che circondava buona parte dei confini del regno di Divron, venerava i tramonti color porpora e arancio con chiazze di ocra che nascevano e morivano sulle foreste più a nord, adorava la sua gente confortevole e devota al suo casato fin dai tempi antichi.
Primvanja quel giorno realizzò una triste realtà che aveva cercato di ignorare con tutta se stessa: lei sapeva che la morte del suo adorato padre sarebbe arrivata ma aveva sperato in cuor suo che non giungesse mai.
Salovik era un re giusto e rispettoso della legge, un marito devoto inginocchiato al capezzale della moglie fino al suo ultimo respiro ed un padre affettuoso.
Tuttavia Primvanja non riusciva a comprendere per quale motivo quel Dio tanto buono avesse strappato dalla sua vita l'unica figura veramente importante per la sua esistenza lasciando la giovane con occhi tristi e vacillanti, la bocca secca e un incolmabile vuoto all'altezza dello sterno.
Infondo ciò che veramente la spaventava era la continua e pressante sensazione di deludere quel padre che tanto aveva amato.
Primvanja non aveva mai davvero preso in considerazione di diventare regina, non si era mai davvero fermata a riflettere su ciò perché la presenza di suo padre le appariva da sempre pre-scontata e duratura nel tempo.
Probabilmente perché non voleva capacitarsi del fratto che in questo globo crudele tutto ha una fine.
La principessa rimuginava sui suoi dolori così profondamente da ignorare il principe Theodor che con aria afflitta faceva il suo ingresso nell'ampia biblioteca.
Il giovane restò per qualche istante a contemplare le forme della giovane simili alla porcellana e poi parlò:
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Pane di castagna
General Fiction‘Sul volto di Theodor si dipinse un espressione sgomenta e stravolta come di un terrore consapevole; la regina Primvanja aveva tutte le caratteristiche nel viso per assomigliare alla prossima tiranna.’ [ One Short. ]