Come foglie

Pietra

Pian piano, persuase dal melodioso canto del vento, le foglie si abbandonano al proprio destino, abbracciano il gelo e leggiadre danzano alla luce del sole che filtra da quella che un tempo era la folta chioma verde e biancastra dell'acero sul cui tronco olivastro e lucente Alice poggia la schiena.
Delle gocce di pioggia le bagnano i lunghi riccioli neri e lucenti che le incorniciano il volto, rigato da lacrime di tristezza che le scendono dolcemente da quelli che una volta erano vivaci occhi verdi come la distesa d'erba che la circonda, ma che ora sono spenti e lucidi, rassegnati all'idea di non poter vedere più il viso di suo padre.
Passano alcuni minuti prima che lei si accorga che è bagnata fradicia e decide di tornare dentro casa, ma non ci riesce. Alice non riesce a muoversi, non riesce più ad entrare in quell'edificio bianco ed imponente che ora le sembra soltanto un guscio vuoto, un guscio che contiene innumerevoli ricordi felici, ma che ora, senza di lui, sono troppo dolorosi per essere rivissuti.
Alcuni sassolini bianchi e lisci, amorevolmente posti circa un mese fa da suo padre sul terreno che racchiude le radici dell'albero, rotolano dalla base del tronco fino alla sua mano, che sta tracciando dei cerchi con la punta dell'indice sull'erba.
Quando uno dei ciottoli blocca il cerchio che sta tracciando, Alice, spossata e scossa dagli avvenimenti che si sono susseguiti uno dopo l'altro nelle ultime tre settimane, ne prende una manciata e comincia ad alzarsi lentamente. Dopodiché si volta verso il cedro, con lo sguardo rivolto verso il basso, e apre la mano, lasciando cadere ciò che è al suo interno.
Osservare la caduta dei ciottoli la fa riflettere, lei vorrebbe essere forte, come suo padre le ha sempre detto di essere, vorrebbe avere un animo di pietra, duro come quei sassolini bianchi, così duro da non poter essere scalfito da niente e nessuno