Anche se fosse sbagliato.

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- É Fedez, con l'accento sulla prima 'e' -
Questa fu la prima cosa che Fedez disse a Mika il giorno del loro primo incontro.
Era buffo constatare che anche dopo un anno Mika continuava a sbagliare la pronuncia del nome del collega, ma Fedez ormai non ci faceva più caso e si limitava a sorridergli, anche perché ormai si stava concentrando sull'insegnarlo a Skin.
Se Fedez si fermava a pensarci poteva rendersi conto che l'anno con Mika era stato quello che più l'aveva cambiato.
Erano partiti come semplici conoscenti, poi, lavorando a stretto contatto ogni giorno, erano diventati amici e, infine, il tutto era mutato fino a trascinarli nel pericoloso limbo di un rapporto che tutto aveva tranne che una definizione.
Entrambi, però, non avevano mai fatto domande, ne a sé stessi né all'altro.
- Buongiorno. -
Mika era entrato negli studi di x-factor con un sorriso splendete e due caffé in mano.
- Ecco a te, caro amico -
Si era avvicinato a Fedez con uno dei due caffé e glielo stava porgendo.
Fedez sorrise dolcemente e lo prese, rigirandosi il bicchiere di cartone tra le mani, poi tolse il coperchio.
Caffé nero, macchiato con latte di soia e un cucchiano di zucchero: il suo preferito e la prima cosa che Mika aveva imparato di lui.
- Ti prendi sempre cura di me - disse con gratitudine.
Mika rise e gli comparirono le solite, tenere rughette intorno agli occhi.
- Qualcuno deve pur farlo, poi so che diventi nervoso se non bevi il tuo caffé e ci rimetterei pure io, che dopo mi tocchi con le mani sudaticce -
Gli lasciò un buffetto sulla guancia e sgusciò veloce verso il suo camerino.
Fedez poté sentirlo chiamare qualcuno per il trucco e l'immagine di Mika che si faceva incipriare il naso fu una delle più esilaranti che mai avesse avuto.

La madre di Fedez scorreva le mail quando le arrivò la chiamata dagli studi di x-factor.
Furono dieci minuti in cui annuì soltanto, con sempre più trasporto.
Alla fine mise giù il telefono e restò a fissarlo.
- Fede - chiamò a voce tremante.
- Mamma? -
Si guardono dritti negli occhi, lui a chiedersi cosa rendesse la madre tanto strana.
Passò qualche secondo prim che lei gli urlasse eccitata che x-factor lo voleva come giudice e gli saltasse al collo.
Lui ricordava di averla vista così radiosa poche altre volte, quindi ingoiò il groppo d'ansia che aveva sentinto stringergli la gola e finse entusiasmo.
Passarono giorni in cui lui non fece altro che chiedersi cosa diavolo avesse fatto di così positivo da essere punito con un tale carico di stress come quello.
Strimpellava di continuo alla chitarra, pizzicando le corde con nervosismo.
Al pubblico non si era abituato mai, ma un conto era il suo, quando le persone che gli stavano di fronte erano lì per lui.
In quel caso riusciva a prendere il ritmo e a ricominciare a respirare, perché, in fondo, se avevano scelto di essere ad un suo concerto qualcosa di lui doveva pur piacere.
In quel caso, però, non si trattava di un concerto, si trattava di qualcosa di molto, troppo, più grande.
Le persone non sarebbero state lì per lui, non sarebbero stati spinti a perdonare suoi errori per puro affetto, avrebbero voluto vedere uno show di qualità e lui non si considerava in grado di una situazione di quel tipo.
Ma la data di inizio si faceva sempre più vicina e lui si sentiva sempre meno pronto.
Quando arrivò il momento entrò negli studi tremando, col passo lento e lo sguardo basso.
Aveva le cuffie alle orecchie e l'idea di togliersi di dosso l'unica cosa che lo rassicurava gli faceva ancora più paura.
- Sai - disse una voce acuta al suo fianco - quando io sono arrivato qui anno scorso, non sapeva bene italiano e ero terrorizzato. Ora invece va bene, ti aiuto io, Fedéz -
E in quel momento, mentre correggeva Mika ridendo, Fedez sentì che un pochino di quella paura era passata.

- Oh Fedez! -
Mika, col nasino incipriato, spuntò con la testa fuori dal suo camerino.
- Che fai? -
Fedez rise e si passò distrattamente la mano fra i capelli.
- Controllavo la scaletta - borbottò, facendo uscire il vapore della sigaretta elettronica dalle labbra.
- Oh, sempre a lavorare sei, Fedez -
Mika grugnì e aggiunse: - accompagna me a pranzare. Io ha fame. -
Con una mossa sinuosa si portò con tutto il corpo fuori dal camerino e superò Fedez in altezza.
- Ricordi Fedez, anno scorso tu venivi sempre a pranzare con me. Ora non vieni mai. -
Si imbronciò e Fedez scoppiò a ridere.
- Oh Mik, non dire così, io verrei sempre a pranzo con te. -
Le guance di Mika erano più gonfie in modalità broncio, quindi Fedez gliene afferrò una e la strizzò tra indice e pollice.
- Oh, basta. -
Mika gli diede uno schiaffetto alla mano, guardandolo truce, anche se non riuscì a reggere davanti agli occhioni dolci e grandi dell'amico.
- Allora, mi porti a mangiare fuori? - chiese Fedez.
Mika ridacchiò e gli fece segno di seguirlo al ristorante vicino, ormai il loro posto segreto in cui bersi qualcosa in pace, tra chiacchere e risate.
- Che bevete oggi? - la cameriera, Tania, era raggiante e porgeva un menù ad entrambi.
- Per me una birra, per Mik una coca cola alla spina, con due cubetti di ghiaccio e una scorza di limone. -
Tania prese le ordinazioni delle bevande e li lasciò soli al tavolo.
- Odio quando prendono mio tavolo preferito. - disse Mika.
Guardava truce verso la coppietta con bambino seduti al tavolo vicino il terrazzo, il preferito di Mika.
- Che ti cambia? -
- Io sente odore di fiori lì e fa fresco d'estate e caldo di inverno. Quello é tavolo di sogni, tu non puoi capire. -
Il più giovane lo guardò stranito, ma decise di non aggiungere niente.
- Ecco le ordinazioni - cinguettò Tania, posando le bibite sul tavolo.
- Tania, io prende una tartarre di gamberi e un'insalata con salmone, prego. -
Fedez fissò il suo menù, poi esordì con la solita ordinazione: - Hamburger con doppia cipolla e anelli di cipolla come contorno. -
- Oh che botta alla linea - disse Mika, il sopracciglio alzato.
- Non sono io che ho il culone -
Mika si accigliò.
- Di sicuro lo ha quela donna che ha rubato mio tavolo -

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