immaginare

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Rumori di passi sul legno che echeggiano nella platea, che con la loro cadenza, pienano il corpo di chi li compie di eccitazione. I battiti del cuore rallentano, l'ansia di non riuscire a ricordare sale sempre di più, si accendono le prime luci sul palco, forse "Lei" da dietro le quinte riesce a vedere il loro riflesso, anche se non vorrei farla stare qui.
Finalmente, inizio a parlare
《Immaginate!》
Silenzio, lo stesso che c'è nelle bocche di chi è perplesso.
《Coraggio, immaginate!》
Ancora perplessione.
《Non è una domanda, immaginate!》
Il pubblico mi fissa e non parla.
《Ce la fate?》
《Immaginate un'oggetto o qualcuno di caro》
《Fatto?》
Dalla platea una voce femminile rispose
《Si》
Altri la seguirono, ma quella voce, io l'avevo giá sentita, non riuscivo a riconoscere il volto.
Quando sei sul palco, le luci ti vengono sparate in faccia e le persone sono solo protuberanze, stranamente simmetriche, ritagliate su un cartoncino nero .
《 che strano, vi avevo detto di immaginare, e non ci siete riusciti, solo quando vi ho detto cosa immaginare allora ce l' avete fatta, ma, non era più facile immaginare e basta? Potevate pensare a tutto quello che volevate》
《 ve lo chiedo nuovamente; immaginate!》
《Adesso qualsiasi cosa abbiate immaginato, sforzatevi di definirla, se è una persona datele un carattere, un colore di capelli, una forma fisica e immaginatela così dettagliatamente da poterla vedere, credere che esista》
《 ci vuole una forte immaginazione vero?》
Qualche commento dalle prime file mi arriva all'orecchio
《Non riesco a immaginare così bene》
Altre voci dicevano che ero matto,
Altri facendo battute dicevano che sotto l'effetto di certi stupefacenti potevano immaginare e vedere realisticamente anche i draghi.

《Avete mai avuto un mostro nell'armadio? Quando eravate piccoli ovviamente.
Se lo avete avuto, vi ricordate quanto era reale quando usciva dall'armadio? Era solo la vostra immaginazione, ma era, reale, per voi.
Da piccolo io non avevo solo un mostro nell'armadio, avevo anche tre amici immaginari, uno si chiamava Robert Texas, l'altro si chiamava Tim Alley, l'ultimo non sapevo di averlo.》

Pensare all' "ultimo" (lo chiamerò cosí per ora) mi rattristò, era così vero.

《Nella mia mente, quello che immagino, fa parte del mondo reale, i miei amici immaginari avevano una loro vita, erano quasi indipendenti dal mio volere, raramente forzavo la mia mente per immagimarli mentre giocavo, loro venivano da soli, non c'era bisogno di pensarli, quando volevano giocavano con me, quando avevo paura avvolte mi facevano compagnia altre volte invece mi lasciavano solo ad affrontarla, in pratica erano veri, e ognuno di loro aveva un carattere e un fisico.
Roby per esempio era divertentissimo, infatti giocavamo spesso insieme, detestava perdere, ma tanto, vinceva quasi sempre;
Tim era un po più responsabile, un po il mio grillo parlante, quando mi ubriacavo in discoteca ,da adolescente, diventava molto simpatico, però.
"Ultimo" era il mio migliore amico.》

Mentre dico questo continuo a pensare a "Ultimo", chissa dov'era, è tanto che non lo vedo.

《Tranquilli! La mia famiglia era vera, almeno quella. Avevo una madre un padre, e  avevo anche una spece di sorella adottiva, non ostante avesse l'etá per essere mia mamma.
Una bellissima ragazza spagnola, si chiamava Maria, è stata molto importante per me, similmente ad "Ultimo".
Una famiglia di artisti, mio padre era un attore, non era famoso, recitava nei teatri, era bravo, ma a quanto pare la vita non prevedeva che diventasse famoso. Da piccolo mi insegnava a interpretare vari personaggi, mi aiutava a leggerli.

Quando si interpreta un personaggio bisogna trovargli un carattere, un modo di camminare, una cadenza vocale, immaginarselo e trasmetterlo tramite le nostre capacitá.

Mia madre era una regista, di teatro e film, era quasi riuscita a farne uno purtroppo la produzione lo ritenne
"Elementare e poco elaborato".
Mia madre mi insegno a iventare un personaggio, a farlo evolvere, a immaginarlo.

Maria, faceva foto, erano bellissime, mi insegnava, eravamo sempre con la macchina fotografica in mano.
Eravamo un unica testa in due corpi, eravamo legati da un fattore comune a tutti ma che non tutti considerano:
Il tempo.

Ci faceva paura, il passare del tempo, così percepibile e allo stesso tempo impercepibile, volevamo che si fermasse, ma non poteva da solo, dovevamo fermarlo e la fotografia era l'unico modo.
Ogni giorno riguardavamo le nostre foto, Maria non mancava mai di commuoversi e tutte le volte mi diceva "Il tempo passa, è inesorabile, ma se sai ricordare e raccontare, i tuoi ricordi si trasmetteranno per generazioni e tu" si fermava un secondo e poi riprendeva
" tu diventerai, immortale".》

"Maria, è tanto che non ci vediamo"

questa frase mi passa per la testa e non riesco più a ricordare il resto del mio monologo, il pubblico mi fissa mentre lo stridore degli ingranaggi del mio cervello che cerca di ricordare, mi fanno balbettare.
Finalmente riprendo

《Ora che ci penso mio padre non mi raccontò molto del suo tempo, perciò io non posso renderlo immortale.
Giocavamo spesso assieme, e ci volevamo moltissimo bene, anche Maria lo adorava e lui adorava lei.

Finchè un giorno, quella vodka che beveva sempre di nascosto, torno a fargli visita, portandogli un brutto regalo, un vero regalo, un regalo che non puoi restituire, un regalo che prima o poi avremo tutti:
La morte.》

Forse "Lei", da dietro le quinte, può sentire la mia storia, anche se non  vorrei farla stare la.

《Non so se fu il dolore, o la perdita della persona che mi faceva credere in me stesso più degli altri, ma scomparvero tutti, Robert, Tim e anche "ultimo", forse il dolore, o forse la perdita della persona che le faceva credere in se stessa più degli altri, spinse Maria a cercare la sua "immortalitá " altrove.
Non la vidi partire, mi alzai una mattina sperando di poter fare colazione con la famiglia che eravamo due giorni prima, arrivai in cucina fiero di vivere nella realtá che segue a un incubo.
Ma scoprì, affacciandomi dallo stipite della porta, che l'incubo era l'unica realtá che stavo vivendo.
Dov'era mio padre?
Perchè il suo posto a capotavola era vuoto?
Perchè Maria non occupava la sua sedia ?
C'era solo una persona in quella stanza, era appoggiata al lavandino, di schiena alla porta, si specchiava nel riflesso del vetro, avevo un buon rapporto con quella persona, ma non era mio Papá. Quei capelli lunghi e riccioli, erano quelli di mia madre.
Le dissi
" mamma"
Non mi venne nulla di meglio
si girò e mi disse cercando di sorridere
"Siamo rimasti io e te"
Io risposi
"Capisco".
Tornai in camera, mi appoggiai con entrambe le mani all'armadio, che a quell'etá era alto quanto me e piansi.

Quella notte mi sognai seduto sulla sabbia di un'immensa spiaggia deserta mentre guardavo il mare sperando di vedere una nave che mi consentisse di ripartire.

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