Primo giorno

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È notte fonda, torno da una riunione di lavoro fuori città. Mi sono alzato presto e sono stanco, però sono tranquillo alla guida della mia automobile veloce e confortevole. Mi sono fermato a bere già un paio di caffè e conto di arrivare in un'ora e mezza.

A casa mi aspettano mia moglie e mia figlia che probabilmente già dormono. Nelle ultime due settimane, ho lavorato più del solito e non sono riuscito a fare un pasto con loro nemmeno una volta. La mattina un caffè troppo amaro, sorseggiato in piedi davanti al monitor del computer con gli ultimi aggiornamenti, mentre loro fanno colazione in cucina. Le sento parlare, ma non riesco a cogliere il filo del discorso. Un dialogo intimo tra persone che condividono la quotidianità.

Da tempo non ho più la capacità di ascoltare. Ascoltare richiede una pausa, creare uno spazio di pura pace da qualche parte. Io non ho pause e nemmeno spazi. Da piccolo amavo ascoltare. Gustare i racconti, specie quelli che non avrei dovuto sentire, scoprire i significati nascosti dietro le parole buttate a caso in un discorso, svelare l'incongruenza tra quello che si dice e quello che si prova. Ma questo è stato tanto tempo fa.

Mi torna alla mente qualcosa che è successo stamattina, mentre mi recavo all'appuntamento di lavoro. Avevo parcheggiato l'auto vicino a un mercato di quartiere in pieno centro. Ai margini dell'agglomerato di tendoni colorati che vendono qualsiasi cosa, c'era una figura china su un telaio. Una signora anziana, che sembrava essere uscita da uno squarcio nel tempo, era intenta a tessere.

Normalmente queste cose non mi interessano ed ero anche in ritardo, ma quella figura così staccata dal contorno mi affascinava, così mi sono fermato a guardare le mani nodose che si muovevano agili a comporre un disegno misterioso.

Non sentivo più né il chiasso della strada né il vociare del mercato.

Dopo qualche minuto, la signora ha sollevato lo sguardo e mi ha sorriso lievemente.

«È un disegno complicato» ho commentato non sapendo che dire.

Lei ha annuito, poi è tornata al suo lavoro.

Stavo per andarmene, quando l'ho sentita dire: «Molti fili si intrecciano a comporre una trama sconosciuta, eppure alla fine, guardando la tela, ci rendiamo conto che il disegno era noto.»

Non capivo cosa intendesse, l'ho salutata con un cenno della mano e le ho augurato una buona giornata.

Lei ha risposto al saluto impugnando un grosso paio di forbici per tagliare il filo che reggeva tutto il lavoro.

Mi distoglie dai pensieri il cellulare, che mi segnala che ho ricevuto una mail.

Una voce, quasi un sussurro, mi suggerisce che potrei leggerla con calma in un altro momento, perché è tardi, sto guidando e ho lavorato tutto il giorno, ma scanso immediatamente la proposta. Quasi sicuramente è la mail che il collega mi invia con le informazioni che gli ho chiesto.

Con un occhio alla strada tortuosa che sto percorrendo e un altro al cellulare, inizio ad aprire la posta. Ho fatto bene ad aprirla, è la mail che aspettavo.

Leggo la prima riga e, quando rialzo lo sguardo, mi rendo conto che sto per andare contro un grosso albero.

D'istinto sterzo con forza, ma la situazione non migliora, perché davanti a me si para un'altra pianta identica. Prima di schiantarmi contro un tronco nodoso, faccio un ultimo assurdo pensiero e cioè che la pianta si sia spostata apposta, mettendosi in mezzo, perché poco prima la situazione era sotto controllo, come sempre.

Pochi istanti dopo l'impatto, mi trovo in piedi davanti al rottame che è stata la mia automobile. L'avevo fatta lavare ieri, forse avrei potuto evitarlo. Dal motore esce del fumo bianco che non mi permette di vedere l'abitacolo.

Tre giorni, tre paroleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora