Speranza.

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La speranza risorge come una fenice dalle ceneri dei sogni infranti.

--- S. A. Sachs

[ 2001

Non vi era alcun rumore a disturbare la quiete che aleggiava nel grande ufficio. Vi era solo silenzio. Quel silenzio che soleva accompagnare sempre il signor Tanner nelle sue attività lavorative, che gli donava, per un po' di tempo, la pace a la tranquillità a cui egli aspirava.

Era seduto al tavolo da lavoro, analizzando con circospezione un foglio che ormai osservava da ore. Di tanto in tanto riprendeva la penna in mano e si appuntava qualcosa, per poi tornare a far scorrere lo sguardo sulle carte con fervida attenzione e la fronte corrugata, segno di riflessione.

« Papà? »

Fu il suono di una voce dolce e melodiosa ad interromperlo, scuotendolo dal suo stato di solitudine. L'uomo alzò lo sguardo, posando gli occhi cerulei su di una bambina dai boccoli biondi e lucenti, cui un sorriso timido sul volto ne esprimeva tutta l'ingenuità.

« Sylvia » la appellò lui, distendendo il viso in un'espressione assolutamente tranquilla, lasciando che lo stress accumulatosi durante le ore di lavoro gli scivolasse di dosso. « C'è qualcosa che non va? »

La bambina abbassò il capo, intrecciando nervosamente le dita fra loro e facendo correre gli occhi ridenti e schivi lungo le assi del pavimento. « Se... » vi fu una pausa, come se alla biondina fosse mancato il respiro. « Se stai lavorando, non è importante ». Fu solo il sussurro a fuoriuscire dalla sua bocca, così fievole che minacciò di dissolversi nel grande silenzio dell'ufficio del padre.

Il signor Tanner, dal canto suo, piegò la testa di lato, restando a contemplarla da dietro la scrivania. Cosa aveva che non andava, sua figlia? Era vero, non aveva mai amato i bambini, ma dopo aver ricevuto la notizia di Sylvia, non aveva più potuto far nulla. "Tanto vale crescerla bene, allora" si era detto l'uomo, decidendo di caricarsi sulle spalle quell'ennesimo peso. Crescerla bene, però, per lui significava darle tutti gli oggetti materiali di cui aveva bisogno: cibo, indumenti, materiali scolastici. Ma William Tanner pareva far finta di non conoscere la vera necessità dei bambini: l'amore.

D'altra parte, era curioso il fatto che lui la chiamasse Sylvia, benchè il primo nome della bambina fosse Crystal. L'uomo, però, era solito preferire il secondo, dato che lo definiva più "elegante, raffinato e professionale". A rigor di logica, però, era semplicemente un'altra delle manifestazioni del poco interesse che egli provava per sua figlia, vedendola solo come un'altra delle tante carte che erano ordinatamente composte in pile sul suo piano di lavoro.

« Se non fosse stato importante, non mi avresti recato disturbo » le fece notare il padre, tornando alla realtà dopo le sue lunghe riflessioni. Ora la sua espressione era mutata di nuovo. Vi era un leggerissimo sorriso tirato sulle sue labbra sottili e taglienti, e il suo sguardo non pareva esprimere alcuna emozione: era semplicemente vuoto, proprio come lui. Il viso era disteso in un'espressione ancora più soave, tanto che non si distingueva più neanche una delle rughe che erano solite caratterizzare la sua fronte durante le attente ed elaborate ore di lavoro.

« Io... mi stavo chiedendo una cosa... » riprese a quel punto Crystal, fermandosi come per rispettare una pausa melodrammatica. Ormai le era palese che discutere col padre e cercare di negare l'evidenza l'avrebbero soltanto portata ad un vicolo cieco.

« Chiedi pure » la rassicurò lui, facendole segno con la mano di avvicinarsi. Provò ad assumere un'altra maschera: una più gentile, dolce e affettuosa, che avrebbe potuto riservare ad una figlia, ma il risultato fu semplicemente la faccia cordiale che riservava ai suoi potenziali clienti. La bambina, ciò nonostante, parve non farvi caso e obbedì, i piccoli passetti che echeggiavano regolari sul pavimento pregiato. Si sporse oltre la scrivania, poggiando le manine sul piano di lavoro e osservando dunque il padre dritto negli occhi. I suoi, profondi come l'oceano, cercavano inutilmente di scavare oltre quell'aria di indifferenza dell'uomo, nella speranza di trovare un qualche atteggiamento di affetto nei suoi confronti.

« Tu... mi vuoi bene? Mi vuoi bene come un papà? » la domanda fu un sussurro riuscito per miracolo al di fuori delle sue labbra, appena percettibile, che si disperse subito nella grande sala vuota che minacciava di sovrastarlo con la sua freddezza. Era come uno spiraglio di luce all'interno di un vicolo buio e oscuro: rappresentava la speranza, quel sentimento che ogni mattina corrodeva e contorceva lo stomaco della biondina come una morsa.

« Papà? » lo incalzò ancora, osservandolo confusa.

Le iridi grandi e profonde della bambina si colmarono di pura delusione quando l'unica cosa che giunse alle sue orecchie fu il freddo ed opprimente silenzio.



La speranza è qualcosa con le ali, che dimora nell'anima e canta la melodia senza parole, e non si ferma mai.

--- E. Dickinson




Angolo Autrice

Ed eccomi con la seconda parte della storia. Qui Crystal è chiaramente più grande, sono passati vari anni da "Silenzio.", anche se il signor Tanner non è cambiato nell'atteggiamento nei confronti della figlia.

Ne approfitto per salutare Trisss_Prior e per ringraziarla ancora del meraviglioso supporto.

Aggiungo, inoltre, che ho intenzione di cominciare a pubblicare una nuova storia a capitoli - e non una raccolta come questa. Si tratta di un giallo, si troverà perciò nella categoria "Mistero/Thriller". Come protagonista, però, avrà proprio il signor Tanner in modalità AU ( Alternative Universe ). Ciò comporta un leggero cambiamento nel carattere e una storia completamente diversa per il personaggio. Penso di pubblicare il primo capitolo durante questa settimana.

Bene, penso di aver detto tutto.

A presto!




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