L'omicidio - Parte 2

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Alle 5:52 Patsy chiamò il 911 per denunciare il rapimento della bambina. Gli inquirenti appurarono che la somma richiesta dai presunti rapitori ammontava all'esatto valore di un bonus che John Ramsey aveva ricevuto quale gratifica natalizia dall'azienda di cui era presidente. Nonostante la lettera imponesse ai familiari di non avvisare nessuno, tanto meno le forze dell'ordine: "pena l'immediata esecuzione della bambina", Patsy Ramsey telefonò immediatamente a polizia, parenti e amici (il pastore Rol Hoverstock, della Chiesa Episcopale di St. John, gli amici John e Barbara Fernie e i coniugi Fleet e Priscilla White). La polizia locale - che nel corso dell'anno 1996 non aveva mai dovuto affrontare casi di omicidio né di sequestro di minore - condusse una ricerca sommaria all'interno e all'esterno della casa, senza trovare segni evidenti di intrusione o di effrazione. Le istruzioni della richiesta ammonivano che la raccolta del riscatto sarebbe stata monitorata e che JonBenét sarebbe stata restituita alla famiglia non appena il denaro fosse stato ottenuto. John Ramsey prese accordi per avere immediata disponibilità dell'ammontare del riscatto, che un amico, John Fernie, prelevò la mattina stessa da una banca locale. Attorno alle ore 13:00 circa, il detective della polizia di Boulder Linda Arndt chiese a Fleet White, un amico dei Ramsey, di accompagnare John Ramsey a ispezionare la casa per controllare se ci fosse "qualcosa di insolito". John Ramsey e due dei suoi amici iniziarono la ricerca nel seminterrato. Dopo aver visionato il bagno ed una stanza dedicata agli hobby, si spostarono nella cantina dei vini, una stanza isolata ed appartata, dove Ramsey trovò il corpo di sua figlia, avvolto nella sua coperta bianca preferita. La piccola indossava i pantaloni bianchi di un pigiama, mutandine bianche, una maglia a maniche lunghe e una felpa con sopra disegnata una stella argentata e decorata con paillettes. Portava anche un anello all'anulare della mano destra, una piccola croce d'oro al collo e un braccialetto di identificazione timbrato con la frase "JonBenét 12-25-96". Era riversa supina, con le braccia verso l'alto al di sopra della testa. Nel palmo della sua mano sinistra era stato disegnato un cuoricino usando un pennarello rosso (non è mai stato appurato se quel disegno fosse stato fatto dall'assassino). Del nastro adesivo le copriva la bocca (in sede di autopsia fu rilevato che era stato con ogni probabilità posizionato post-mortem). Il collo e i polsi erano legati con una corda di nylon, stranamente lasciata molto allentata. Il manico rotto di un pennello lungo 10 cm appartenente a Patsy Ramsey era stato usato per avvolgervi attorno un capo della corda di nylon per formare una garrota. In preda al panico, John Ramsey rimosse il nastro adesivo dalla bocca della figlia e trasportò immediatamente il corpo al piano superiore, dove nonostante l'evidente rigor mortis fu fatto un tentativo di rianimazione. Uno dei detective spostò ancora il corpo, poggiandolo sul pavimento del soggiorno accanto all'albero di Natale. John lo coprì con una coperta presa da una poltrona lì accanto e in seguito qualcuno ci mise sopra anche una felpa. Solo alle 13:50 la casa fu dichiarata scena del crimine e posta sotto sequestro. Alle ore 20:00 il medico legale effettuò un primo sommario esame sul posto e alle 20:45 il corpo fu portato all'obitorio. L'autopsia venne svolta il giorno successivo. Il rinvenimento avvenne quasi otto ore dopo la denuncia di scomparsa. Molti criticano l'indagine sostenendo che i funzionari avevano permesso un andirivieni di familiari e amici sulla scena del delitto, cancellando e alterando le prove e che non avevano tentato di raccoglierle prima e dopo il rinvenimento del corpo di JonBenét, forse perché i loro sospetti erano stati immediatamente rivolti ai Ramsey. Alcuni titolari di questa inchiesta iniziarono a riferire tali sospetti ai media locali, che il 1º gennaio riportavano la notizia che il procuratore distrettuale pensava di non sbagliare quando evidenziava che il fatto che il corpo della bimba fosse stato ritrovato in casa sua era un indizio molto forte. Gli inquirenti notarono che le lenzuola del letto di JonBenét erano bagnate; numerosi testimoni confermarono che la bambina (all'epoca di 6 anni) soffriva di enuresi notturna, disturbo generalmente collegato a una situazione di ansia e/o sofferenza, comprensibile in una bimba che, così piccola, riceveva fortissime pressioni a causa delle ambizioni dei genitori. Emersero inoltre indiscrezioni - mai del tutto verificate - in merito ad una forte depressione che avrebbe colpito Patsy Ramsey, a causa del cancro per il quale si stava curando e dei disturbi connessi. La scena del crimine appariva quantomeno singolare, posto che in casa non era stato rubato nulla e non furono rivelati segni di scasso su porte o finestre, circostanze che indussero a ritenere molto probabile che il responsabile dell'omicidio dovesse essere ricercato tra i familiari della bambina. Lo scantinato dove fu rinvenuto il cadavere di JonBenét era un locale pressoché in disuso[12] e la sua ubicazione era ignota persino all'ex domestica, la quale più volte sostenne che la casa era particolarmente difficile da percorrere per qualcuno che non fosse di famiglia, per la sua complessità e perché alcune modifiche inusuali erano state apportate dai Ramsey. I risultati dell'autopsia rivelarono che JonBenét era morta per strangolamento e che presentava una massiccia frattura del cranio di circa 20 cm,[13] causata da un corpo contundente smussato (non c'era lacerazione cutanea).[14] La garrota con cui la bambina era stata strangolata era stata ricavata da un pezzo di corda tweed avvolta attorno al manico rotto di un pennello appartenente alla madre e lo strangolamento era avvenuto da dietro, come se l'assassino non avesse voluto guardare in faccia la vittima, il che suggeriva che si trattasse di qualcuno che la conosceva. Inoltre furono trovate delle abrasioni alla parte posteriore del dorso e alle gambe, che vennero attribuite al trascinamento del corpo. Il nastro adesivo con cui la bambina era stata imbavagliata appariva intonso, suggerendo che fosse stato applicato dopo la morte, dal momento che non vi erano tracce di saliva che lasciassero supporre il tentativo della vittima di strapparselo via e comunque tale reperto era stato manomesso dai primi soccorritori che, non appena rinvenuto il cadavere, l'avevano rimosso. La corda con cui i polsi della vittima erano stati legati era stata stretta approssimativamente e lasciando abbastanza spazio alle braccia per muoversi liberamente. Inoltre, non c'era alcuna prova di stupro "convenzionale", anche se la violenza sessuale non poteva essere esclusa poiché vi erano segni ambigui che avrebbero potuto essere stati provocati anche da manovre di pulizia effettuate in modo rude, dopo che la bambina aveva bagnato il letto per l'ennesima volta. La causa ufficiale della morte era avvenuta per asfissia causata dallo strangolamento e associata ad un trauma cranico cerebrale. Le setole del pennello vennero ritrovate in una vasca in cui Patsy Ramsey teneva degli strumenti per dipingere, ma la parte bassa dello strumento non fu mai rinvenuta, nonostante la ricerca in tutta la casa dalle forze dell'ordine nei giorni successivi al delitto. Gli esperti confermarono che la costruzione della garrota aveva richiesto conoscenze specifiche sulla formazione dei nodi.

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