Between us. cap.11

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Era il 30 marzo.
Una giornata calda, fin troppo.
Ricordo che quel giorno lo stavo programmando da tanto, tanto tempo.
Dovevo aspettare Louis che arrivasse e mi ero appoggiata su un gradino al parco.
Il vento caldo soffiava forte e i bambini giravano sullo skate e con la bici.
Erano passati più o meno quindici minuti e non riuscivo a smettere di pensare a come potesse essere.
Magari aveva la solita maglietta bianca coi pantaloni corti, oppure la sua maglietta a croce con i pantaloni lunghi, ma conoscendolo sicuramente era più per la prima scelta.
Arrivò dopo un pò.
Era bello come sempre, aveva i capelli scombinati dal vento, gli occhi lucidi e si strofinava la faccia.
"Ehi" sorrise. "Ho qualcosa nell'occhio da mezz'ora e non riesco a toglierlo" rise.
Mi alzai per guardare e lo aiutai a togliere una piccola ciglia che era finita nel suo occhio.
"Meglio?" lo guardai.
"Si" scoppiò a ridere.
Erano le 19:00 e il sole ancora non aveva iniziato a calare.
Louis mi prese la mano e mi portò in un posto vicino la pista ciclabile.
Mi guardai intorno; c'erano murales ovunque ed era una pista completamente deserta, non c'erano bambini sullo skate, gente che correva, nulla.
"Perchè mi hai portato qui?" chiesi a bassa voce.
"Vedi, lì ci sono i binari del treno, alle 20:00 chiudono la stazione e possiamo stare lì, a quell'ora fa buio." rispose velocemente.
"Oh" mi limitai a dire.
Camminammo verso delle rocce sovrapposte dove mi aiutò a salire.
"Ehm..Lou, non ci arrivo".
"Dai non è difficile, metti un piede sulla roccia in basso, ti dai la spinta, afferri la mia mano e sali" rispose.
Aveva questo vizio di prendere tutto in modo facile, insomma, io non sono mai stata una persona agile come lui.
Scoppiò a ridere quando scivolai all'indietro e finii in un cespuglio.
"Dai aiutami" ridevo anche io, forse non per la situazione, ma per lui che stava letteralmente a terra dalle risate.
"Dammi la mano" rideva come non mai.
Afferai la sua mano e lo trascinai giu con me.
Iniziai a ridere come lui e appena riuscì a respirare di nuovo iniziò a farmi il solletico.
Ci calmammo dopo poco, e per le 20:00 salimmo sui binari.
Siamo rimasti seduti per molto finchè il sole non è tramontato definitivamente.
I semafori del treno erano gialli e lampeggiavano, tirava un vento fresco e si sentiva odore di estate.
C'era il rumore dell'acqua del piccolo fiume sotto di noi e le foglie degli alberi si muovevano insieme al vento.
Lui era seduto accanto a me e guardava il piccolo spicchio di luna sopra di noi.
Finalmente si girò verso di me:
"Come va?" sorrise sotto la luce della piccola luna.
"Oh, bhe, bene" balbettai.
Mi prese le mani.
"Non devi aver paura, insomma, qui non c'è pericolo." disse.
"No non ho paura è che..ecco..sono molto fragile." abbassai lo sguardo.
I suoi occhi azzurri mi osservavano e bruciavano sopra di me.
"Capisco" si girò a fissare la luce lampeggiante del semaforo.
"Magari..insomma..più il là potresti cambiare idea su molte persone, su persone a cui tenevi davvero molto, rimarrai delusa, è inevitabile.
Però ti prego, trova la forza di andare avanti, e non stare con chi non ti ama."
Abbassò lo sguardo.
Non capii il motivo di quel discorso, forse aveva capito che ho a che fare con persone false ogni giorno o forse aveva capito che ero molto fragile.
Disse altre due parole ma non riuscii a capire per il rumore forte del vento che si infrangeva sugli alberi.
Siamo rimasti così fino alle dieci, sdraiati sui binari, con le nostre mani incrociate l'uno all'altra.

Era domenica, mi alzai presto anche se avevo più possibilità di dormire.
Presi il telefono e guardai l'orario.
Era il 25 ottobre ed erano le 6:00 del mattino.
Caddi col la testa all'indietro e mi misi le mani sul viso.
25 ottobre.
Sette mesi, sette mesi che amo quel ragazzo, sette mesi che mi autoconvinco con altri ragazzi, che loro sono lui.
Avevo smesso di pensare a lui così frequentemente da un pò.
Non leggevo più i vecchi messaggi, non pensavo alle uscite fatte, alle risate fuori scuola, niente di niente.
Ma rimaneva il ricordo, il ricordo di lui.
Forse non lo amo più come dico a tutti
quando chiedono di lui, forse su questo ero riuscita a uscirne fuori.
Eppure ogni 25 del mese mi ritrovo in camera, chiusa, a pensare come era e come sarebbe stato.
Guardai fuori, faceva freddo e i calzini erano caduti a terra durante la notte.
La camera era in disordine come sempre.
Un altro 25 passato pensando "è meglio così".

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