Il lazio nella prima guerra mondiale

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"Seduto sullo zaino affardellato, tra i rumori dell'accampamento, contemplo estatico la bella luna piena apparsa or ora all'orizzonte.
Quali sensi invadono il mio animo in questo momento non potrei descrivere: Nostalgia... rimpianto... tristezza... amore?... Non saprei!
Di tutto sento passarmi nelle fibre un'onda di ricordi. Questa notte parto pel fronte."

Con queste parole, il due agosto 1917, inizia il diario di Adriano Colabona, un ragazzo, partito da Teano, che allora aveva appena venti anni e come tanti altri giovani italiani viene chiamato a combattere per il suo paese.
Nel suo diario, contrariamente a tanti altri soldati, non emerge mai un lamento e tra i morti e i feriti di una sanguinosa guerra non mancherà mai la fede nella vittoria.
Nelle parole di Colabona rivive l'anima di quei soldati d'Italia, partiti volontari, che sorretti dall'amore invincibile per la loro patria lottarono per essa mantenendo vivo il ricordo della famiglia e delle persone care, sentimenti completamente opposti invece a quelli degli uomini e dei ragazzi che contro la loro volontà si ritrovarono a combattere per una Patria che essi non riconoscevano e a morire per essa.
A distanza di cento anni da questo sanguinoso conflitto, la memoria di esso va sempre più affievolendosi, sia perché vengono a mancare i diretti testimoni e sia perché a volte il secondo conflitto mondiale oscura l'importanza e la crudeltà del primo, ma non bisogna mai dimenticare il sacrificio dei giovani che hanno combattuto e delle famiglie che hanno sofferto a causa di questa guerra, che non avrebbero mai voluto vedere, ma che ha portato via con sè mariti, figli, amanti e cari.
Non è un caso che la prima guerra mondiale venga comunemente designata con l'appellativo di Grande Guerra. L'aggettivo suggerisce tutta la portata sconvolgente dell'avvenimento, lo identifica a livello del senso comune come trauma collettivo e come frattura del corso storico nell'età contemporanea.
Dopo un lungo periodo di attriti internazionali e tensioni sociali che si erano accumulati tra la fine dell'ottocento e gli inizi del novecento, il conflitto ebbe inizio il 28 luglio 1914 con la dichiarazione di guerra dell'impero austro – ungarico al regno di Serbia in seguito all'assassinio dell'arciduca Francesco Ferdinando D'Asburgo-Este a Sarajevo e si concluse oltre quattro anni dopo.
Questo primo conflitto mondiale vide inizialmente lo scontro tra gli imperi centrali, che comprendevano Germania e Impero Austro – Ungarico, contro le nazioni dell'intesa quali Francia, Gran Bretagna e Russia.
A seguito di varie alleanze però, a questo scontro presero parte anche Italia, Impero Ottomano, Belgio, Canada, Australia, Stati Uniti, Serbia, Romania, Sudafrica e Nuova Zelanda.
Il bilancio in vite umane e feriti della grande guerra fu naturalmente senza precedenti e alle oltre 10 milioni di vittime, si aggiunse l'enorme danno alle risorse materiali che causò un enorme aumento dei debiti pubblici degli stati. I governi cercarono di far fronte a questa grave crisi successiva stampando un numero maggiore di banconote ma questo portò ad un forte processo di inflazione che provocò profonde tensioni sociali.
Ovviamente una volta iniziato, il conflitto venne sostenuto con grandi quantità di denaro. Tutti gli stati, che non furono in grado di sostenere l'enorme spesa, iniziarono a chiedere prestiti alle nazioni estere ma anche al proprio paese e in questo modo in Italia il popolo iniziò a pagarsi la guerra.
Le parti del paese più penalizzate da questa guerra furono le campagne e quindi soprattutto la parte meridionale, dove la massa di contadini era più consistente di quella degli operai e le requisizioni di cavalli e bovini rendevano ancora più faticosi i lavori agricoli lasciati nelle mani di donne e anziani.
Le famiglie si vedono private dei loro beni più preziosi e come sempre, a pagare la somma più salata sono le classi più povere a cui oltre ai beni materiali vengono tolti anche i giovani e gli uomini che vengono mandati a combattere al fronte senza alcuna garanzia di poter tornare vivi o in buona salute.
La morte diventa compagna fedele del soldato, e la paura di perdere il proprio figliolo accompagna le famiglie giorno dopo giorno.
In tutto il paese vige la censura, i giornalisti non sono ammessi in zona di guerra; le notizie si hanno solo tramite i bollettini ufficiali che cominciano ad omettere cifre e dati non appena le perdite si fanno consistenti.
Nelle trincee i soldati, per gran parte analfabeti, costretti dalle circostanze iniziano ad imparare a leggere e scrivere nella speranza di poter far avere proprie notizie e rassicurare chi è rimasto a casa, anche dando false notizie per evitargli di stare in pena.
Il Lazio offrì alla patria moltissimi valorosi combattenti, a cui vennero conferite le più svariate medaglie, tra cui Enrico Toti, un leggendario ciclista che si arruolò volontariamente e a cui fu conferita la medaglia d'oro al valor militare per essersi coraggiosamente lanciato sulla trincea nemica, continuando a combattere con ardore, quantunque già due volte ferito; fu in fine colpito a morte da un terzo proiettile. Alle numerose vittime di questo conflitto mondiale sono stati dedicati svariati monumenti in tutta la Ciociaria, tra cui quello al centro di Piazza della Vittoria a Ripi, per non dimenticare non solo il sacrificio dei soldati ma anche delle loro famiglie che oltre a sostenere le numerose spese della guerra hanno perso i loro cari o comunque hanno visto partire i loro giovani sani e forti per rivederli tornare mutilati, traumatizzati o comunque profondamente segnati da questa terribile esperienza, dove sono stati costretti ad uccidere per salvarsi o a veder morire i loro compagni e amici. A Frosinone sono stati eretti due monumenti dedicati uno all'eroismo del soldato Turriziani, figlio dell'allora podestà di Frosinone, e uno dedicato a tutti i caduti frusinati; entrambi i monumenti sono stati curati da Cesare Bazzani.
Anche in tutte le altre province del Lazio sorsero vari parchi e monumenti commemorativi, ogni comune aveva dato il suo tributo di sangue alla prima guerra mondiale.
Al giorno d'oggi è di grande importanza continuare a ricordare le imprese di tutti gli italiani del tempo che avevano paura del pericolo ma erano spinti dalla fede negli ideali.
Bisogna continuare a ricordare tutti i fanti che partivano per lottare a costo della loro vita in quella guerra di liberazione, bisogna mantenere vivo il ricordo di quei soldati italiani nel fango della trincea, lanciati contro il nemico, sotto il fuoco incrociato dei bombardamenti, intenti però anche a mangiare sotto la pioggia e a ricordare le loro vite prima di questo catastrofico sconvolgimento.
I giovani di oggi spesso dimenticano l'importanza della propria patria che invece allora spingeva i giovani al fronte, gli italiani si sentono sempre meno legati a questo paese per cui si sono sacrificate migliaia di persone e si dimentica anche quanto si è lottato per l'unità di esso.
Oggi i media ci hanno abituati ad una freddezza "chirurgica", che ci rende indifferenti alla morte e alla sofferenza altrui che viene continuamente documentata e che è diventata un fatto quotidiano a cui si fa l'abitudine.
La celebrazione del centenario è un occasione per ricordare ai nostri giovani che l'unità rende più forti e come i giovani fanti della guerra erano uniti dall'amore per la propria patria o dalla voglia di combattere per migliorare le loro condizioni ed hanno lottato per la realizzazione di ciò, così debbono essere uniti i giovani di oggi nel lottare per non vanificare i sacrifici dei loro antenati e lasciare il paese naufragare senza lottare per esso.
Bisogna continuare a ricordare non solo il sangue versato, che anche se fosse di una sola persona dovrebbe essere ricordato, ma anche la paura e il terrore che ha dominato e trasformato la vita di milioni di persone impedendo loro di realizzare i propri sogni, condizionando il loro futuro e cambiandoli fisicamente e umanamente.
Inoltre non si può dimenticare un evento di cui ancora oggi viviamo le conseguenze, come l'acquisizione di un posto centrale degli Stati Uniti nello scacchiere internazionale a scapito dell'Europa.
Bisogna sempre tenere a mente che una guerra non è mai giusta, soprattutto se le vittime sono i civili o chi non l'ha mai condivisa.

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