Prima di cena

8 3 0
                                    

«Che giornata di'mmerda!» sbotto mentre mi fisso cupo nello specchio della camera. Un'occhiata alle lancette; poi getto l'orologio nello svuotatasche e inizio a sfilarmi svogliatamente i vestiti impregnati del mio odore. Dalla cucina giungono rumori di pentole e stoviglie.

«Papà, tra un quarto d'ora è in tavola!» la voce argentina trasfigura il mio grugno in un sorriso pieno d'amore.

«Arrivo tesoro!» rispondo con tono divenuto affettuoso «Doccia, pigiama e son tutto per voi!» aggiungo rassicurante. Poi ripiombo sotto una coltre di pensieri.

Non è la stanchezza da pendolare che mi deprime. Il tempo scorre e da 5 giorni Sonia non c'è più. Ma Francesca, mia moglie, continua a torturarsi col suo fantasma. E a torturare anche me. Ma anche senza le sue torture la mia ennesima fuga avrebbe avuto lo stesso epilogo. Troppi 20 anni di differenza; troppo forte la diga costituita da mio figlio Luca; troppi 24 anni di matrimonio con Francesca: un bagaglio pesante ma rassicurante che avrei dovuto gettarmi alle spalle per tuffarmi senza paracadute in un abisso d'incognite. Apro a manetta il miscelatore della doccia per affogare sotto un getto d'acqua bollente quest'ultima parentesi colorata, svanita per sempre assieme ai sogni da eterno Peter Pan. L'acqua m'avvolge caldissima inghiottendomi in una nube di vapore. Poco a poco il cervello, attivato dal ricordo di Sonia, m'inonda di dopamina e provoca un'irrefrenabile eccitazione. Comincio ad assaporare i suoi caldi baci su ogni centimetro di pelle e mi ritrovo preda di uno strano revival erotico. «Che cavolo sto facendo?» dico, mentre con la mano mi accarezzo intimamente. Con la fantasia le sussurro proposte sconce mentre la lingua saetta intorno ai lobi e poi lungo il collo irrigidito dal piacere indugiando intorno ai turgidi capezzoli. Le cingo i fianchi e inizio a violare dolcemente il suo bollente scrigno del piacere. L'immaginazione continua a galoppare sfrenata lungo le sue curve mentre la mano scorre concitatamente su e giù finché, all'acme, esplodo in un violento orgasmo solitario che mi catapulta di nuovo dal sogno vaporoso alla cruda realtà. Dopo un breve appagamento da endorfine post eiaculazione, avverto di nuovo il sottile male di vivere che m'aveva rincorso prima dell'irruzione di Sonia nella mia vita. Ora quella sorta "malattia mortale" - per dirla con Kierkegaard - m'afferra ancora imprigionandomi in una palude di apatia. Dovrò rassegnarmi a sopravvivere appoggiandomi a emozioni sublimate dalla mente; a piccoli sprazzi di libertà nella cornice di un matrimonio che mi limita ma, nel contempo, mi protegge come il guscio col pulcino.

Ho visto questo tempo correre e rubarmi affetti ed emozioni; alla fine questo ladro porterà via anche me. Ma so che da qualche parte l'eternità esiste; perciò non mi accontento di qualche scampolo di bene anelando al Bene; d'un amore raffazzonato pensando all'Amore; di frammenti di felicità cercando la Felicità. Soprattutto, non ho pazienza di scovare questi tre semi preziosi nella vita quotidiana, coltivarli, farli germogliare nel cuore finché, alla fine del tempo, si saldino con le immagini perfette che abitano un inaccessibile "Iperuranio". Così ne vado in cerca come un'anima in pena, assetato d'una compiutezza che non riesco ad afferrare.

Dentro me vive un universo di passioni che, paradossalmente, con Francesca non riesco a declinare. Perché invece di mostrarmi amore lei mi trasmette una possessività opprimente. Perché ha sempre avuto un problema col sesso ma, invece di affrontarlo, lo ha rimosso; solo quando si è vista minacciata ha giocato per un po' la carta della passionalità, poi è ripiombata nel suo naturale stato di quiescenza ormonale. E poi perché al posto della gioia di vivere, sprigiona un pessimismo contagioso. Ma la cosa peggiore è come vive la situazione: da un lato non vuole metabolizzare ciò che è accaduto, dall'altro non ha il coraggio di affrontarlo prendendo posizione. Così, invece di riconquistarmi o mandarmi per sempre a quel paese, ha reagito aspettando. «Ma cosa aspetti?» le ho chiesto l'altra sera «Non vedi che il tempo corre e noi invecchiamo condividendo queste mura come due compagni di università? » Eppure lei aspetta. Come durante tutti gli anni passati con me. In una EMail mi scriveva: "T'ho aspettato nelle stazioni ferroviarie quando non vedevo l'ora che tu scendessi dal treno. Ti ho aspettato sotto casa mentre eri già con altre donne; ti ho aspettato negli aeroporti, ho aspettato una tua telefonata che non arrivava mai, un tuo abbraccio che non mi hai dato quando ne avevo più bisogno, ho aspettato una tua lettera, una tua consolazione, t'ho aspettato e aspettato...e ancora stupidamente aspetto da te un amore che forse non mi merito e che tu (stufo del mio aspettare) hai deciso di dare a un'altra donna."

Hai finito le parti pubblicate.

⏰ Ultimo aggiornamento: Nov 06, 2015 ⏰

Aggiungi questa storia alla tua Biblioteca per ricevere una notifica quando verrà pubblicata la prossima parte!

Prima di cenaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora