Autodifesa personale

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«Tutti sapevano quale fosse il mio problema: il mio corpo!

Non mi sono mai piaciuta e per questo faccio kick, anche se è strano che una ragazza ami queste cose, ma è l'unico modo per non pensare alla mia faccia! Lo so che è normale a 17 anni avere problemi di accettazione, me lo dicono tutti, ma a me non frega nulla... sapendo che il tuo dolore è condiviso non puoi aspettarti che scompaia, anzi, se possibile, aumenta, schifata dalla generale finzione, tutti che sembrano felici.

Perché? Perché, mi dicevo, non se ne parla mai? Perché in classe, anziché fisica, italiano o biologia, non parliamo dei nostri corpi? Di quanto siamo spaventate e disgustate che i maschi ci scelgano e apprezzino solo quando abbiamo un bel sedere, siamo magre eccetera? Non è giusto! E così mi allenavo duramente nel solo posto al mondo in cui cessavo di essere ragazza per divenire asessuata, scarica di pugni e calci che non pensa a niente.

«Luca era diverso... ogni volta che lo vedevo il cuore mi balzava in petto, smettevo di essere dura ed imbronciata e mi sentivo sciogliere, come se tutt'a un tratto la mia solitudine finisse e iniziasse il paradiso, verso il quale viaggiavo da una vita sotto la pioggia della disperazione. Luca era il buongiorno, i raggi del sole che ti salutano al mattino baciandoti la pelle, Luca era Luca... in classe erano immaturi, ognuno che si faceva i fatti propri cagando gli altri solo per se stesso, per quello che poteva ricavarne, non uno che si accorgesse del tuo grido di dolore, della tua ricerca d'amicizia, del tuo bisogno di approvazione, anzi tutti attenti ad evitare gli occhi che parlano, la bocca che sussurra... tutti tranne Luca, che aveva un modo di scherzare diverso, delicato e sensibile... non so come dirlo... era l'unico che non rideva mai di te, ma con te. Sara, la mia migliore amica, mi diceva di stare attenta, che quel ragazzo era strano, che Linda, la sua ex era rimasta traumatizzata e nessuno sapeva perché. Sara mi diceva che c'era sotto qualcosa, che i suoi genitori, medici importanti, non si amavano ma rimanevano insieme solo per far sesso e per i vantaggi alla carriera, perché erano belli, ambiziosi e molto stronzi.

Non so cosa provasse il figlio in tutto questo, ma certo, non è bello ricevere finto affetto, tua madre che ti schiaccia col suo infelice splendore, pretendendo che tu non le dia problemi, tuo padre che ammicca come un amicone, toccando il culo alla mamma davanti a te solo per mostrarsi arrogante e affascinante. Secondo me Luca aveva trovato il suo strano, fragile equilibrio per sopravvivere alla follia di casa sua...

Non che ci pensassi... a me piaceva e basta, finché alla sua festa di compleanno fummo tutti invitati, tutta la scuola. Per la prima volta misi la minigonna e ci andai con Sara. Fin da subito quella casa mi colpì, grande e brillante come un castello, musica alta, scale e soffitto pieni di festoni, alcool a non finire ed un sacco di roba da mangiare. Tutti erano euforici e il giardino con la piscina era pieno di gente che non avevo mai visto, ragazzi e ragazze di altre scuole, finché Luca ci venne incontro e per la prima volta mi salutò con un abbraccio. Da quel momento non capii più nulla, improvvisamente fragile e bisognosa di fissare il mio universo in lui, di farne il mio centro per non perdermi nel vuoto. La musica, il frastuono, i mille saluti, i bicchieri, tutto impazzì in una girandola nella quale mi perdetti, e Luca, sorridente, al centro che mi teneva stretta per non lasciarmi cadere.

Cosa stava succedendo?

Mi stavo innamorando.

Vivevo la vertigine, Luca che non mi mollava un attimo e mi accompagnava dappertutto, dicendo che ero carina, che non era la prima volta che se ne accorgeva ed anzi era felice che mi fossi vestita a quel modo. Io ascoltavo e non capivo, raggiunta un attimo dopo dal senso delle parole e meravigliata che le avesse dette proprio a me, finché mi accorsi che teneva la sua mano sul mio fianco, e mi portava in giro col braccio attorno alla vita e divenni rossa come un peperone.

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