15. Niall

136 11 0
                                    

  Quando avevo ricevuto un messaggio di Eilis che mi chiedeva se mi andava un caffè non riuscivo a credere ai miei occhi.
Il mio numero probabilmente glielo aveva dato Neev il mio primo giorno di lavoro nel caso mi fossi perso da qualche parte – come io avevo il suo – ma mai e poi mai avrei pensato che lo avrebbe usato per altri scopi.
Sapevo che dopo la giornata di lavoro insieme non le stavo più antipatico come prima ma mi era sempre parsa una tipa un po' riservata, con la testa tra le nuvole e che non chiedeva alla gente di uscire. Invece mi aveva piacevolmente sorpreso.
Entrai nella caffetteria scorgendola quasi subito seduta ad un tavolo con una tazza di caffè fumante in mano e una di fronte a lei. Mi avvicinai e la salutai prendendo posto nella sedia vuota.
«Mi sono presa la libertà di ordinare anche per te» mi disse Eilis, prima di bere un sorso del suo caffè.
Annuii prendendo lo zucchero, «hai fatto bene.»
Restammo in silenzio per alcuni secondi, poi fu lei a parlare.
«Come va il lavoro?» mi domandò.
Alzai le spalle, «bene, mi piace» conclusi senza sapere cos'altro dire.
C'era uno strano imbarazzo tra di noi e una domanda che volevo dannatamente fare mi girava in mente. Perché mi aveva chiesto di uscire?
«Sai» iniziò lei, osservando la tazza che si rigirava tra le mani, «prima sono arrivata a casa e la porta era aperta nonostante non ci fosse nessuno» fece una pausa.
M'irrigidii, «ti hanno derubata?» chiesi poi scioccato.
Eilis scoppiò a ridere, «no! Certo che no! Anche se avrei quasi preferito, per quello che i ladri potrebbero trovare in quel buco. Non vedendo nessuno in salotto sono andata a bussare alla camera di Ruairi – il mio coinquilino – e ho commesso l'errore di aprire la porta prima di sentire "avanti".»
Sospirò.
«L'ho trovato a letto con...» fece una smorfia schifata, «con un uomo» sputò quasi.
La guardai sorpreso prima di scoppiare a ridere senza riuscire a trattenermi.
«Non c'è niente di divertente!» mi riprese lei mettendosi a braccia conserte. «Non ho niente contro i gay, anzi, sono fermamente convinta che si meritino gli stessi diritti di tutti gli altri, solo che vedere dal vivo due che...»
Arricciò il naso in una smorfia di disgusto, «è stato un po' traumatizzante, ecco. L'unica cosa che volevo fare era uscire di casa e la prima persona che mi è venuta in mente sei stato tu.»
Le sorrisi lusingato da quelle parole, «e Neev?»
«Sarà a letto con Harry!» esclamò lei scoppiando a ridere.
La guardai incredulo, «e lo dici così?»
«Come dovrei dirlo scusa?»
«Non so... Solo che sembri contenta della cosa» farfugliai incerto.
«E certo! Ha fatto l'affare! Tutti i lati positivi dell'avere un ragazzo senza avere un ragazzo! Lo farei anch'io se me lo proponessero!»
Strabuzzai gli occhi non credendo alle mie orecchie, come faceva ad essere d'accordo? Quando Harry mi aveva detto del loro strano patto non riuscivo a credere alle mie orecchie, avevo avuto anche un'accesa discussione con Neev a riguardo, che non ci trovava niente di male. E pure Eilis condivideva. Dov'ero andato a finire?
«Sì ma... E' una cosa meschina!» esclamai, leggermente nervoso.
«E perché? Nessuno obbliga nessuno, sono d'accordo entrambi, sono felici entrambi, se per caso conoscono qualcuno la smettono lì e rimangono amici come prima. Dov'è il problema?»
Aprii la bocca senza tuttavia dire niente, cosa potevo dire? Ero finito in una gabbia di matti, ne ero certo.
Oppure ero l'unico che credeva ancora un po' nell'amore e che non pensava solo al sesso.
«Dai Niall», Eilis sorrise, «se io ti proponessi di venire a letto con me ogni volta che vuoi, mantenendo però il nostro rapporto tale quale, cioè niente scenate di gelosia se esci con qualcun altro e cose del genere, non accetteresti?»
La guardai confuso, che razza di domande erano quelle?
«No!» esclamai poi irritato, facendola sobbalzare. «Se vado a letto con una ragazza è perché mi piace e comunque oltre al sesso c'è altro. Non andrei mai a letto con una ragazza solo per... Godere» conclusi quasi schifato.
Eilis mi guardava incredula, come se avesse davanti a sé un alieno e non me.
Non capivo tutta questa sorpresa da parte sua, ero fermamente convinto in quello che dicevo ed ero certo di non essere l'unica persona al mondo che la pensava in quei termini. Allora perché sembrava che stessi dicendo che gli asini potevano volare?
«Tu sei strano» concluse Eilis, finendo il suo caffè.
Senti chi parla, pensai.
«Sei per caso gay pure tu?» continuò, si prese le mani tra i capelli, «oddio no che figuraccia! Io non intendevo prendermela con... Voi. Cioè, non nel senso voi come razza diversa, voi nel senso... Gay, omosessuali, non sono per niente omofobica! Solo che...»
Eilis arrossì, visibilmente imbarazzata. Scoppiai a ridere senza trattenermi minimamente, vederla in difficoltà era uno spasso.
«Non sono gay, tranquilla!» esclamai, continuando a ridere, «etero al 100%.»
Lei strabuzzò gli occhi, «è che... I tuoi ragionamenti strani sull'amore e tutte quelle storie lì, insomma...» bofonchiò, con ancora le guance leggermente arrossate.
Scossi la testa, «sono semplicemente una delle poche persone che non pensa solo al sesso, ecco.»
Eilis mi osservò poco convinta, «mi stai nascondendo qualcosa» dichiarò poi, convinta.
Alzai le braccia in segno di resa, «non ho nulla da nascondere, giuro» mi difesi divertito.
Lei alzò un sopracciglio continuando a scrutarmi con fare indagatore.
«E' meglio che andiamo» decise poi su due piedi, cambiando completamente argomento.
«Dove?» chiesi.
Lei alzò le spalle, «non so, da qualche parte. Sono ancora traumatizzata.»
Scoppiai a ridere nel vedere la smorfia che fece, «va bene» concessi poi, alzandomi dalla sedia e andando a pagare il conto, da vero cavaliere.
Uscimmo dalla caffetteria e c'incamminammo per le strade del centro senza una meta precisa.
«Adesso che ci penso» esordii, «io devo comprare una chitarra.»
Gli occhi di Eilis s'illuminarono, «conosco io un posto perfetto dove vendono chitarre.»
M'illuminai a quelle parole, «davvero?»
Lei annuì convinta, «certo, e non è molto lontano da qui» spiegò prendendomi per un braccio e trascinandomi dall'altro lato della strada.
Dopo circa dieci minuti di cammino entrammo in un negozio piuttosto piccolo e nascosto in una stradina che non avevo mai notato fino ad allora.
Eilis andò a salutare il proprietario che sembrava conoscere prima di indicarmi, «al mio amico serve una chitarra.»
L'omaccione parve accorgersi di me solo allora, mi scrutò alcuni secondi prima di parlare.
«Ma io ti conosco!» esclamò, «sei uno di quella band...» continuò pensieroso.
Annuii lasciandomi scappare un sorriso mentre Eilis assisteva alla scena senza parole.
«Posso chiederti un autografo? Le mie figlie stravedono per te e i tuoi amici!»
«Certo» dissi gentile, avvicinandomi al bancone e prendendo la penna che l'uomo mi stava porgendo.
«Si chiamano Rebecca e Alison» continuò fiero.
Annuii e scrissi una piccola dedica sul foglio prima della mia firma, «ecco a te» dissi, appena ebbi finito.
Il proprietario mi ringraziò ponendo il foglio all'interno di un cassetto.
«Allora, di cosa avevi bisogno?» mi domandò poi.
«Una chitarra acustica.»
L'uomo annuì uscendo da dietro il bancone e facendomi strada verso un'altra stanza del negozio che non avevo notato prima. C'erano una marea di chitarre messe in esposizione, di tutte le forme e colori.
«Hai in mente un modello preciso?» chiese poi.
Scossi la testa, «posso dare un'occhiata?»
«Certo, io sono di là se hai bisogno» mi avvertì prima di sparire.
«Io non te l'ho ancora chiesto un autografo» scherzò Eilis, apparendo alle mie spalle.
Risi, «se vuoi posso farti una dedica speciale.»
«Magari dopo... Visto qualcosa d'interessante?»
«Non so» dissi distratto, guardandomi in giro. «Ci sono così tanti modelli diversi che non so da che parte guardare.»
«Ti aiuto io!» si offerse Eilis esaltata, cominciando ad osservare ogni singolo modello che le capitava tra le mani e pizzicando qualche corda a caso.
Sorrisi nel notare l'impegno e l'interesse che ci metteva nonostante ne capisse ben poco di chitarre.
Alcuni minuti dopo tornò con in mano una favolosa chitarra marrone scuro, «che ne dici?» mi chiese, contenta.
Presi lo strumento tra le mani e lo osservai attentamente, strimpellando alcune note,
«E' stupenda» ammisi poi.
Eilis alzò leggermente il mento fiera di sé stessa, «visto? Sembra un Stradivari.»
La guardai serio prima di scoppiare in una fragorosa risata sotto la sua espressione confusa.
«Quella è una marca di violini.»  


Give Me LoveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora