L'esplosione scagliò l'inferriata contro la parete.
Svegliato di soprassalto, il prigioniero sbatté la testa contro il muro.
La cella era aperta, mentre lo schianto echeggiava ancora nel corridoio.
Che diavolo stava succedendo?
Guardingo, il prigioniero si sporse dalla branda, e rabbrividì per l'invito alla fuga, seducente e pericoloso, che gli veniva offerto. S'avvicinò alle sbarre divelte e per guardare il corridoio, temendo di commettere errori. Il cervello esplodeva, urlandogli di scappare, mentre la testa gli doleva per la botta.
Non c'era tempo da perdere!
Fece un passo nel corridoio, acuendo i sensi, poi un altro, e si mise a correre, cercando di sfiorare appena il pavimento, mentre l'affanno e la trepidazione aumentavano a ogni passo. L'angolo si avvicinò rapido quando altri rombi lo paralizzarono. Senza fiato per la tensione si sporse come una tigre affamata oltre l'angolo del muro.
In terra vide strane macchie informi, di cui ignorava la natura. Riprese a correre, con più convinzione, e si buttò nel nuovo corridoio quando i contorni gli apparvero e comprese cosa fossero le macchie: cadaveri. Dominando il panico scavalcò i corpi, rabbrividendo all'idea che potessero afferrarlo e cercò a tentoni le armi vicino ai corpi. Se ne mise alcune a tracolla, scartandone altre, sperando di non doverne fare uso e augurandosi che fossero cariche.
Chi o cosa gli stava favorendo l'evasione? Non importava, l'avrebbe ringraziato a tempo debito, uccidendolo se era il caso.
Continuò con minore affanno, e dopo un altro paio di svolte, nuove ombre lo invitarono a servirsi di armi migliori, che scambiò con le proprie, finché il frastuono lo raggiunse. Smorzato per la distanza, si udiva un boato di voci che gridavano rabbiosamente.
In quale infernale girone stava discendendo?
In fondo al corridoio vide una luce, e un fremito gli percosse le ossa, per la vertigine di cadere. Chiuse gli occhi appoggiando la mano in fronte, e tornò a guardare: la luce era proprio in fondo alla discesa, il corridoio inclinato e oscuro da non riuscire a valutarne la profondità.
Alcuni spari alle spalle lo scossero, e si mise a correre verso la luce, quando il terreno gli mancò sotto i piedi e con orrore si accorse di cadere. Un attimo prima di perdere contatto, si trovò sbilanciato e scivolò in avanti, il vento sulla faccia. Il terrore gli impedì di urlare, nel timore di in un'immensa trappola.
Volò giù, nel condotto obliquo e senza appigli, nella luce che ingigantiva, con la sensazione di essere inghiottito, e lo strepito udito poco prima esplose in tutta la sua forza. Impattò contro qualcosa di duro, raggiunto dall'onda di dolore al cervello.
Il boato era enorme e faticava ad abituarsi alla troppa luce: di scatto si alzò e puntò le mitragliatrici.
Era nel cortile del carcere! In trappola!
In un attimo di sconvolgente lucidità, vicino a sé vide centinaia di carcerati, gli edifici attorno e le finestre da cui decine di soldati si sporgevano minacciosi. Il cuore che pulsava, nella carne sentì il tremito di una carica ruggente. Era un arena! Gli occhi e la bocca dilatati in un espressione di affascinato terrore, si trovò a gridare in preda al ritmo semplice e brutale scandito dai soldati, non sapendo perché, trascinato dal bestiale impulso.
Tutti gridavano al ritmo dei tamburi e una scintilla poteva scatenare la carneficina, quando una voce si alzò sopra ogni altra, come squillo da Tromba del Giudizio, ed il frastuono cessò.
«Puntareeeeee...» disse la voce.
La seconda parola fu cortissima.
«Fuoco!».
Più veloce del fulmine che graffia il cielo, della scintilla che divora la dinamite, un inferno di pallottole esplose e fu il caos, tutto divenne oscuro e sparò anche lui, cercando di uccidere. Godendo e urlando come un essere primitivo e bestiale, vedeva i soldati cadere giù, a frotte, colpiti dalle pallottole.
Le grida e le detonazioni si confondevano nella nebbia, finché rimase solo a gridare e sparare, vincitore sul macello.
La nebbia si dissolse e si trovò a fissare il cortile pieno di cadaveri, tremando per la prospettiva d'essere vivo, in attesa d'altre lotte per la libertà.
Distinguendo i contorni, man mano che il fumo evaporava, si rese conto di essere l'unico sopravvissuto.
Il cielo si spense.
Un rumore impressionante, di un interruttore che scatti, percosse l'aria e lo raggelò nelle viscere, mentre le pale d'un enorme ventilatore si azionavano, spazzando il cortile a ondate. Si appoggiò alla parete per resistere al tornado, e quasi svenendo per la meraviglia, vide una mano immensa calare su di lui.
Immobile, osservò le dita colossali che lo afferravano e lo sollevavano. Lasciando il cuore a terra, contemplò il nuovo universo che gli si stagliò davanti, dopo il mutamento d'ordine, e la figura immensa d'un gigante apparve.
Una voce tuonò.
«Allora capo, che ne dici del nuovo giocattolo?».
La voce mosse l'aria come un ciclone.
«Non so» rispose il gigante che lo teneva sospeso, «Questo robottino che evade, che aiuti a scappare per fargli raggiungere l'arena, ammazzando i nemici... mi sembra un po' eccessivo per dei bambini».
Il gigante lo scosse facendogli penzolare le gambe.
«Ma no, capo, è proprio questo il punto: ai bambini piacerà! Ti ho visto mentre manovravi la consolle: ti divertivi un mondo».
Come spostato da una gru, fu posto tra due visi enormi.
«È vero, però...».
«E allora! Potremo costruire il fortino con gli indiani che lo assaltano... poi un nuovo Risiko! Magari anche la città dei Puffi che deve difendersi da Gargamella! Tutto più realistico in 3D, coi bambini che manovrano i robot con l'app per cellulari!».
«Ma è proprio questo che mi mette a disagio: un gioco non dovrebbe essere così reale, ti fa scoprire cose che non dovresti mai sapere sulla tua natura...».
«Cioè?» chiese l'altro.
Il gigante esitò.
«Ti mostra come godi a uccidere...», disse fissando l'omino con una strana compassione, «Questo, per esempio... ora che trema, mi fa venire voglia di sbatterlo per terra».
L'omino, il prigioniero evaso, in effetti, tremava come una foglia.
«Meglio di no, capo» rispose l'altro, strappandoglielo di mano, «Ci frutterà un sacco di soldi: ci serve funzionante».
«Hai ragione: cosa proverei nel vedere mio figlio che distrugge ciò che gli ho appena regalato?».
Con nuovo terrore, il robottino scorse la confezione regalo in cui lo stavano ficcando, e che sarebbe stata la sua nuova cella.
L'istante dopo la sua memoria fu resettata per la partita successiva.