Vittime della Luna

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La luna piena splendeva nel cielo limpido oscurando la luce delle stelle.
Sollevò il mento e inspirò una boccata d'aria gelida, inebriato dalla forza che solo quel pallido chiarore riusciva a conferirgli. Aprì gli occhi e la guardò.
Era lì, una quieta presenza, temuta eppure così tanto amata, un richiamo che l'istinto non riusciva a ignorare.
Avvertì il calore salire fino agli occhi e i denti acuminati pizzicare l'interno della bocca, mentre il desiderio di ululare si faceva più forte e...
E poi il telefono squillò.

«Scott...» disse la voce all'altro capo, ridotta a poco più di un sussurro agitato. Conosceva quella voce, conosceva fin troppo bene quel tono e, di solito, non prometteva nulla di buono.
«Lydia, stai bene?»
«Volevo chiamare Stiles, ma poi mi sono ricordata che Malia è sempre con lui e... e tu forse...» la sentì sempre più lontana e poi ci fu un disturbo sulla linea, come un sospiro.
«Stai piangendo? Lydia, dimmi dove sei!»
«N-no, sto bene, sono nel bosco.»
«Quale bosco? Ci sei arrivata da sola? Lydia!»

Era caduta la linea.
Trattenne l'impulso di gettare via il cellulare e, presa la rincorsa, si lanciò giù dalla finestra della sua stanza.
Saltò in sella alla moto e quella ruggì sferzando la nebbia fitta che scendeva giù dai pendii delle colline, infiltrandosi attraverso la boscaglia fino in strada.
Di nuovo Scott sentì l'istinto prevalere sulla ragione e la voglia di correre tra gli alberi e ululare alla luna ammaliante e tentatrice, ma il pensiero di Lydia, sola e spaventata, lo fece desistere. Aveva percorso pochi chilometri, quando vide l'auto blu accostata sul ciglio della strada, lo sportello ancora aperto, come se l'avesse abbandonata all'improvviso.
Si affacciò nell'abitacolo, l'odore della paura era così forte da coprire quello di Lydia, ma sul sedile del passeggero c'era una sciarpa e, notò con orrore, anche il cappotto.
Affondò il naso nel tessuto, "Eccolo!" pensò e per non perdere quell'odore avvolse il foulard attorno al collo.
Era una notte d'inverno, tra le più rigide dell'anno, e lei era fuori senza nemmeno qualcosa con cui coprirsi.
In altre occasioni avrebbe chiamato Stiles o Derek, ma non c'era altro tempo da perdere, il freddo non era l'unico assassino in circolazione. Gettò la testa all'indietro e si lasciò andare, il calore dal centro del petto si irradiò al resto del corpo, trasformandolo.

Annusò la sciarpa di Lydia, l'aria era pregna del suo profumo e ne seguì la scia nel fitto della foresta. Ogni albero, ogni arbusto o roccia erano per lui familiari come gli oggetti nella sua stanza e si rese ben presto conto di dove portasse la traccia, smise quindi di seguirla per correre direttamente nel luogo in cui tutto era cominciato.
Lei era lì, seduta sulle rovine della vecchia casa bruciata degli Hale, indossava solo un pigiama leggero e aveva i capelli sciolti sulle spalle, una chioma rossa e un po' selvaggia che spiccò nell'oscurità. Gli dava le spalle, ma sentiva che stava piangendo. Ritrasse gli artigli e le zanne, avvicinandosi con cautela per non rischiare di spaventarla.
Si inginocchiò accanto a lei e le scostò i capelli dal volto rigato dalle lacrime.

«Lydia, perché...?»
«Scott, io devo dirglielo, lo devo fare adesso» sussurrò aggrappandosi alla sua maglietta.
«Stai tremando, non puoi restare qui. Ne riparleremo con più calma una volta tornati a casa» le disse gentile, provando a farla alzare.
Lydia lo guardò, gli occhi vitrei, come se non fosse lì ma immersa in uno dei suoi incubi lucidi.
«Lei vuole che lui sappia!» urlò poi all'improvviso e l'onda d'urto generata da quel grido lo sbalzò lontano di qualche metro, contro una grossa quercia.

Dopo quelle che sembrarono ore, Scott si rialzò a fatica, ancora stordito e con i sensi appannati, trovandola svenuta a pochi passi da lui, il viso sporco di sangue che colava dalle orecchie.

Non anche lei.

«Lydia! Lydia, ti prego svegliati» disse, incredulo e angosciato. La sollevò dal fango e la cinse forte al petto, sfregandole le mani sulle braccia, in un inutile tentativo di scaldarla.

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