I. 'Don't turn around'

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-Signor Styles? - Clare bussò alla porta in modo leggero, aprendola poi lentamente. Harry alzò lo sguardo dal suo computer e la guardò. Clare aveva cominciato da poco a lavorare nell'ufficio di Robert Styles come segretaria ed era ancora in prova ma, a quanto aveva capito dalle parole di suo padre, presto sarebbe stata assunta. Era una ragazza giovane e promettente, a quanto pareva, e meritava quel lavoro. Harry pensava che suo padre avesse ragione. Clare era molto brava nel suo lavoro, sempre gentile e disponibile. Harry la osservò nel tailleur nero, con una camicetta bianca sotto la giacca, i capelli scuri che le ricadevano sulle spalle. Era davvero una bella ragazza, di una bellezza molto semplice ma allo stesso tempo sorprendente.

-Clare, ti ho detto un sacco di volte che non sono mio padre, chiamami Harry. - le disse sorridendole in modo cordiale, chiudendo il proprio laptop con ancora tutte le pagine aperte e unendo le lunghe dita piene di anelli argentati sulla scrivania. Si sedette in modo composto sulla poltrona di pelle nera, protendendosi leggermente in avanti mentre guardava la ragazza. Harry si era reso conto che la ragazza avesse un debole per lui e anche quel giorno notò quel leggero rossore sulle sue guance che si faceva strada ogni volta che bussasse alla sua porta. Non era l'unica, dopotutto.

Harry era bello e sapeva di esserlo. Sapeva di attirare gli sguardi di molte ragazze e ragazzi, non solo perché figlio del presidente della famosissima "Styles Company". La sua bellezza era disarmante. I capelli lunghi quasi fino alle spalle, leggermente mossi, le labbra carnose e un sorriso smagliante, un fisico quasi perfetto. Ma erano i suoi occhi, quegli occhi verde smeraldo che aveva sfoggiato sulla copertina del 'TIME Magazine' l'anno prima, che colpivano chiunque lo guardasse. E accorgendosi di come Clare stesse osservando come incantata quegli occhi, non riuscì a trattenere un sorriso.

-Oh. Okay, mmh, Harry.- disse la ragazza scuotendo appena la testa come per riprendersi da un sogno ad occhi aperti e cercò di sorridere, provando a non lasciar trasparire la tensione di cui Harry, però, si era già accorto. -Tuo padre vuole vederti.-

Harry annuì, poggiando le mani al bordo della scrivania in modo da spingere leggermente indietro la poltrona e si alzò, andando verso la porta. Clare si spostò leggermente in modo da lasciarlo passare e prima che il ragazzo si allontanasse, giocando gli anelli che portava sempre alle dita, aprì bocca.

-Harry?- chiese, e la sua voce tremò leggermente. Harry si voltò e le rivolse un sorriso, inclinando leggermente la testa di lato. -Ti va se.. un giorno di questi usciamo a prendere assieme un caffè?-

Harry dovette trattenersi dal ridere. Bingo, pensò.

-Certamente, Clare.- le rispose, ammiccando e si girò, andando verso la porta dell'ufficio di suo padre.

Non sarebbe mai andato a prendere un caffè con quella ragazza, ovviamente. O forse l'avrebbe fatto, inventandosi poi una scusa, qualcosa su come non fosse professionale mischiare vita privata e lavoro, ma in quel momento era troppo stanco per pensare. Era ormai tardi, l'ufficio era quasi vuoto e le luci negli uffici erano quasi tutte spente.

Harry percorse tutto il corridoio quasi buio e, arrivato davanti alla porta dell'ufficio di suo padre, bussò, attendendo una risposta. Dopo poco, sentì l'austera voce di suo padre intimargli di entrare. Abbassò così la maniglia della porta ed entrò nell'elegante ufficio di Robert Styles. Suo padre era seduto dietro una scrivania di mogano, ricoperta come sempre di fogli e aveva i gomiti poggiati su di essa, parlando, o meglio, quasi gridando al telefono.

-No, non mi importa. Li voglio entro domani, hai capito? Domani!- esclamava, con il viso paonazzo, e scosse la testa, sbuffando. Alzò poi la testa per guardare Harry e gli fece segno di attendere, alzando l'indice, mentre continuava a impartire ordini al telefono. Harry accennò una risata e si avvicinò alla scrivania, sistemandosi la cravatta e si poggiò a una delle due poltrone che si trovavano di fronte alla scrivania.

-Sarà meglio per te che i resoconti trimestrali siano sulla mia scrivania entro domani, Harris. Sono stato chiaro? Bene. - concluse Robert, mettendo giù il telefono e si passò una mano fra i capelli scuri, che cominciavano ad assumere delle sfumature argentate. Scrisse poi qualcosa sulla sua agenda rilegata in pelle e alzò lo sguardo sul figlio. -Scusa.- gli disse, accennando una risata. Anche Harry rise leggermente, sedendosi sul bracciolo della poltrona.

-Nessun problema.- rispose il ragazzo poggiando le mani sulle proprie ginocchia. -Allora, perché mi hai mandato a chiamare?-

L'uomo si alzò dalla propria poltrona, toccandosi il mento come se stesse cercando le parole. Si poggiò alla scrivania, proprio davanti ad Harry e poggiò su di essa le mani. Harry si sentì leggermente a disagio sotto lo sguardo del padre e cercò guardare altrove, soffermandosi a ammirare le luci di New York brillare al buio di quella sera dalla finestra. Suo padre si schiarì la voce richiamando la sua attenzione e Harry riportò lo sguardo su di lui. Era un bell'uomo, Robert, e si manteneva ancora molto bene per i suoi cinquantasette anni, e nonostante le prime rughe cominciassero a solcare il suo viso, rimaneva molto attraente. Harry si rivedeva in lui. I tratti somatici erano quelli di sua madre, ma il carattere era di suo padre. Risoluto, determinato, sicuro di sé. E un giorno Harry sarebbe stato al suo posto, seduto dietro quella scrivania di mogano, dietro di sé le ampie vetrate dalle quali si riusciva a vedere Manhattan in tutto il suo splendore. Un giorno sarebbe stato lui a capo della "Styles Company". E Harry non vedeva l'ora.

-Quanti esami ti mancano, Harry?- chiese suo padre, guardandolo.

-Tre.- rispose il ragazzo, annuendo. Solo tre esami e avrebbe finalmente ottenuto la sua laurea in Economia. Harry era sempre stato un piccolo genio. Aveva frequentato le migliori scuole ed era sempre stato il migliore del suo corso e anche all'università aveva passato tutti gli esami col massimo dei voti, nonostante spesso aiutasse suo padre nel lavoro e anche lì era impeccabile.

-Solo tre?- chiese Robert e, vedendo Harry annuire, annuì a sua volta. -Sai, Harry. Tutto questo sarà tuo un giorno, quando io andrò in pensione, e non manca molto. Ma fino a quel momento, pensavo che sarebbe stata una buona idea assumerti, appena ti sarai laureato.-

Harry osservò suo padre, mordendosi il labbro e annuì leggermente, facendo girare uno dei suoi anelli d'argento attorno all'indice.

-Hai sempre lavorato benissimo ultimamente, e sei stato di grande aiuto alla compagnia. E per questo, meriti un premio. Appena ti sarai laureato, potrai lavorare come vice responsabile del marketing. Che ne pensi?-

Harry non poté fare a meno di sorridere. Sapeva che sarebbe stato assunto, appena finita l'università, ma suo padre non gli ha mai riservato trattamenti speciali, quindi si sarebbe aspettato di finire come una specie di segretario, costretto a rispondere al telefono o a fare le fotocopie. E invece, sarebbe stato vicedirettore. Una grande responsabilità e un grande onore.

-Oddio, sarebbe.. meraviglioso.- disse Harry, annuendo velocemente e si alzò dal bracciolo sul quale era seduto. -Grazie, papà.-

-Non ringraziarmi, è tutto merito tuo.- rispose Robert, scompigliandogli i capelli come quando era un bambino e gli diede poi una pacca sulla spalla. -Sarai stanco, torna a casa.-

Harry annuì, sorridendo a suo padre e andò verso la porta, abbassando la maniglia e aprì la porta. -E, Harry?-

-Si?- rispose il ragazzo, girandosi a guardare suo padre, senza smettere di sorridere.

-Dovresti dare una possibilità a Clare. È molto carina.-

Harry rise e scosse la testa, girandosi nuovamente verso la porta e uscì dalla stanza.

Harry era appena dalle porte girevoli dell'edificio che ospitava gli uffici della "Styles Company", quando sentì una voce.

-Ehi!- esclamò la voce alle sue spalle. Era acuta ma allo stesso tempo roca. Harry non aveva mai sentito una voce simile prima di allora. Non girarti, si intimò Harry. Non farlo. Ma come costretto da una forza, Harry si girò. Vide un ragazzo, seduto a terra, con addosso una giacca davvero troppo grande per lui, ma sicuramente inadatta al freddo pungente di quella sera di gennaio. Il ragazzo si alzò in piedi, andando verso di lui barcollando leggermente. Harry vide nelle sue piccole mani una bottiglia contenente un liquido trasparente e nell'altra invece aveva una sigaretta quasi finita. La strada era troppo buia per far si che Harry potesse guardare in faccia il ragazzo, che continuava ad avvicinarsi.

Non ti saresti dovuto girare, cazzo.


Anata no me kara sekaiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora