III. A cup of coffee and some hot soup

39 2 2
                                    


Era passata quasi una settimana da quella sera. Dalla sera del ragazzo dagli occhi blu. La vita di Harry sembrava proseguire sempre nello stesso modo: le lezioni all'università, il lavoro negli uffici della "Styles Company", lo studio fino a notte fonda. Tutto come sempre. Se non fosse che pensava a quel ragazzo, a quegli occhi ogni istante della sua giornata. Costantemente. Da quando si svegliava la mattina, dopo una notte tormentata da profondi occhi azzurri, mentre beveva il suo caffè caldo, mentre arrivava all'università, stretto nel suo caldo giaccone di marca e sentiva il freddo pungente infilarsi nelle ossa, quando pranzava, prima di andare a lavoro e quando davanti alle porte girevoli che conducevano agli uffici di suo padre, si girava a controllare se lui fosse lì. Ogni giorno il suo sguardo finiva in quel punto, dove lo aveva visto stretto sotto la giacca che lui stesso gli aveva dato, mentre la neve fitta cadeva. Harry si era anche accorto che dalla finestra del suo ufficio, quella che dava sulla strada, riusciva a vedere perfettamente il posto in cui il ragazzo era seduto quella sera. Era sempre intento a controllare se per caso lui fosse lì, ma non arrivò mai.

Quel giorno Harry non aveva lezione all'università e decise di andare in ufficio di mattina, per dare una mano a suo padre. Solo tre esami, pensò parcheggiando l'auto nel suo posto. Da quando suo padre gli aveva detto che, ottenuta la laurea, sarebbe entrato a far parte in tutto e per tutto della compagnia, aveva cominciato a recarsi lì più spesso.

E non era per via di quel ragazzo, no.

Era per fare pratica. Infatti, da quel giorno aveva cominciato a lavorare al fianco di Nick Grimshaw, attuale vice responsabile del marketing, come assistente. Nick era un ragazzo simpatico e disponibile. "Un gran lavoratore", aveva detto suo padre. E quando Harry avrebbe finito l'università sarebbe stato promosso, mentre il vecchio Alfred Nicholson, sarebbe andato in pensione. Tutto era perfetto.

Harry scese dall'auto e forse, quello fu l'unico momento nel quale non stava pensando a quel ragazzo. Era troppo concentrato a pensare all'imminente esame, quello per il quale studiava da quasi un anno. Solo tre esami, si ripeté mentalmente.

Poi lo vide.

Era nello stesso identico posto dove lo aveva trovato la settimana prima, e indossava la sua giacca. Sembrava così piccolo. Harry poté sentire il suo cuore battere all'impazzata. Non era possibile. Era lì. La testa poggiata sulla spalla, gli occhi socchiusi. Stava dormendo.

I capelli sembravano più puliti dall'ultima volta che lo aveva visto. Harry sentì una fitta allo stomaco, chiedendosi allo stesso tempo chi avrebbe mai potuto portarsi a letto un ragazzo ridotto nelle condizioni in cui lo aveva visto, la sera di una settimana prima. Il pensiero lo distrusse.

Faceva troppo freddo quella mattina, lui stesso aveva le dita gelate, nonostante il pesante giaccone. Harry guardò davanti a sé, dove vide uno Starbucks, dall'altra parte della strada. Non fu mai così felice di vederne uno. Attraversò la strada a passi veloci, entrando nel locale. L'odore del caffè lo colpì assieme al calore e sentì il sangue fluirgli alle guance. Dopo diversi minuti di fila ordinò due caffè lunghi, e appena prese in mano i due bicchieri, le punte ghiacciate delle dita si scaldarono immediatamente. Aveva così tanto freddo che quel contatto fu quasi doloroso.

Uscì dal locale e tornò indietro, guardando il ragazzo addormentato. Una volta accanto a lui, poggiò il bicchiere alla sua destra. Quel giorno il ragazzo aveva un odore diverso. Harry sentiva nettamente l'odore del fumo ma quell'odore sgradevole e pungente di alcool e sudore sembrava essersi attenuato. Il riccio si morse il labbro dando le spalle al ragazzo e fece per andare verso le porte girevoli. Poi, però si girò.

Anata no me kara sekaiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora