Capitolo uno

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Il dolore pulsante alle tempie mi distrae dalla scena a qualche metro da me. In qualche modo ringrazio di avere la vista offuscata e le membra indolenzite a tal punto che ogni minimo movimento sembra rompere i muscoli in mille pezzi, così da non poter rendermi conto di quello che sta succedendo poco oltre il parabrezza frantumato. Credo di avere una costa rotta ma non posso esserne certa. Ho bisogno di aria, non riesco a respirare chiusa tra le lamiere, e credo di aver bevuto per l'ultima volta non meno di quarantotto ore fa. Calma.

Sei viva, sei viva e probabilmente questa è l'unica cosa che conta davvero al momento, continuo a ripetermi.

La manica lacerata del mio cappotto è incrostata al volante in un grumo scuro di sangue. Raccogliendo tutte le mie forze (e vi assicuro che è stata la cosa più faticosa della mia vita) cerco di mettermi in una posizione più comoda e sbatto più volte le palpebre per riuscire a mettere a fuoco quello che mi circonda. Vorrei non vedere quello vedo né sentire quello che sento. Un ragazzo viene adagiato su una barella e questa viene issata sull'ambulanza. Non riesco a valutare le sue condizione fisiche, sono troppo lontana, ma sembra avere la maglietta insanguinata su un fianco. Candice, la riconosco dall'eccentrico vestito rosso, sta discutendo animatamente con un agente della polizia, gesticolando e cercando di sovrastare con il suo tono di voce il trambusto della situazione. I lampeggianti rossi e blu delle auto e il loro suono strillante quasi mi stordiscono. Tutti i rumori sono amplificati, le fitte di dolore al petto altrettanto, davanti a me vedo un brulichio persone senza riuscire a distinguere i volti dei medici e dei volontari del pronto soccorso che corrono agitati da una parte all'altra della strada. E' buio ma una debole linea rosata si profila all'orizzonte, oltre quella scena drammatica, a indicare l'arrivo del mattino.

Cosa è successo? Me lo chiedo pure io.

Non riesco a ricostruire l'accaduto, nella mia mente vorticano solo le scene frammentate di una serata, sfocate e molto confuse. Ricordo solo una cosa vividamente: un bacio. Non ricordo dato a chi, né in quale situazione, né dove. Come se lo stessi provando in questo momento, sento un dolce calore sulle labbra che lentamente si irradia a tutto il corpo. Forse sto solo sognando. Probabilmente sono ancora sotto shock dall'incidente che neanche riesco a visualizzare immagini realmente accadute.

«Hey, riesci a sentirmi? Mi senti?» mi parla una voce insistente nell'orecchio. «Adesso ci occuperemo di te, andrà tutto bene, stai tranquilla.» mi rassicura. Un paio di uomini scardinano la portiera accartocciata e mi prelevano delicatamente dal veicolo.

Non ricordo nient'altro, solo questo. Al momento sono in un letto di ospedale. I dolori al petto sono più lievi ma sono comunque circondata da macchinari per facilitarmi la respirazione e le altre funzioni vitali. Meglio abituarsi fin da subito a questa stanza, sembra che ci dovrò passare un po' di tempo. Fatico a ruotare il capo, ma riesco a vedere con la coda dell'occhio Candice addormentata su una poltrona nell'angolo più lontano da me. Ha ancora il vestito rosso di ieri sera (ieri? In realtà non saprei dire quanto tempo sia passato dai miei ricordi), il trucco sbavato e i capelli in disordine. Noto solo ora che ha una lunga ferita diagonale sul braccio e fortunatamente non sembra molto grave. Quando dorme ha un volto così angelico e rilassato, in netta contrapposizione rispetto alla sua personalità forte e decisa: se non la conosceste a fondo, non potreste che considerarla una ragazza tutta rose e fiori. Beh, vi sbagliereste.

Conosco Candice dal primo anno di liceo e più che migliore amica la definirei una sorta di compagna di vita, nel senso che semplicemente ci siamo ritrovate a passare la maggior parte delle ore assieme, a scuola e fuori. Mi piace la sua compagnia perché non è assillante, sa rispettare le mie giornate no e soprattutto mi asseconda nei momenti in cui non sono di molte parole. E' l'unica che è rimasta per un così lungo periodo di tempo al mio fianco. Gli altri non sono restati, hanno preferito delle amicizie più semplici e non li biasimo: per starmi accanto ci vuole pazienza e voglia di impegnarsi seriamente. Frequentiamo entrambe l'ultimo grandioso e fatidico anno di liceo. Si, quell'anno che nell'immaginario collettivo dovrebbe essere il più bello della tua vita. Ma se vogliamo raccontare le cose come stanno, non è propriamente così. A causa del diploma si ha il triplo della mole di studio (se vuoi un voto mediamente alto, ovvio) e mai un momento libero per se stessi. In più è l'anno decisivo per le relazione sociali, c'è il ballo di fine anno, il famoso e idolatrato campionato di football e tutte quelle altre cose che si associano subito ad una scuola di stampo americano, nonostante abitiamo ad Amstelveen, Paesi Bassi.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Nov 25, 2015 ⏰

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