Prologo

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Dicono che appena prima di morire la vita ti scorre davanti agli occhi in un lampo, ma a me non è andata così.
In tutta sincerità, avevo sempre pensato che la storia del momento fatale in cui rivedi la tua vita come un film fosse davvero atroce. Certe cose è meglio che restino morte e sepolte, come direbbe mia madre. Sarei felice di scordare tutta la quinta elementare, per esempio (il periodo "occhiali e apparecchio"), e ditemi, qualcuno vorrebbe davvero rivivere il primo giorno di scuola media? Aggiungete le vacanze con la famiglia più noiose, le lezioni di algebra inutili, il mal di pancia per le mestruazioni e pessimi baci a cui sono sopravvissuta per un pelo...
La verità, però, è che non mi sarebbe dispiaciuto rivivere i momenti migliori: quando io e Justin ci siamo baciati in mezzo alla pista da ballo, durante la festa di inizio anno, per mostrare a tutti che stavamo insieme; quando Lindsay, Elody, Ally e io ci siamo ubriacate e abbiamo provato a disegnare angeli di neve in pieno maggio, lasciando le sagome dei nostri corpi nell'erba del giardino di Ally; la festa dei miei sedici anni, quando abbiamo acceso cento candeline e ballato sul tavolo in cortile; la volta che io e Lindsay facemmo uno scherzo di Halloween a Clara Seuse, i poliziotti si beccarono e ridemmo quasi fino a vomitare. Le cose che volevo ricordare; le cose per cui volevo essere ricordata.
Invece prima di morire non ho pensato a Justin né ad altri ragazzi. Non ho pensato alle cose assurde che ho fatto con le amiche. Non ho pensato neanche alla mia famiglia, alle pareti della mia stanza color crema nella luce del mattino, né al profumo delle azalee davanti alla finestra in luglio, un misto di miele e cannella.
No. Ho pensato a Vicky Hallinan.
Per la precisione ho pensato a una lezione di ginnastica, in quarta elementare, quando Lindsay annunciò a tutta la classe che non voleva giocare a palla prigioniera in squadra con Vicky. -È troppo grassa- sbottò. -La colpisci anche a occhi chiusi.- Non ero ancora amica di Lindsay, ma già all'epoca aveva quel suo modo di parlare che rende tutto ridicolo, e risi insieme alle altre mentre la faccia di Vicky diventava viola come l'orizzonte di un cielo in tempesta.
Ecco cos'ho ricordato un momento prima di morire, quando in teoria avrei dovuto essere chissà quale grande rivelazione riguardo al mio passato: l'odore di vernice e lo scricchiolio delle scarpe da ginnastica sul pavimento lucido; i calzoncini fritti di poliestere; l'eco delle risate nel grande spazio vuoto, come se in palestra ci fossero ben più di venticinque persone.
Il volto di Vicky.
La cosa assurda era che non ci pensavo da un'eternità. Era uno di quei ricordi che non sapevo nemmeno di avere, se capite cosa intendo. Non che Vicky fosse rimasta traumatizzata. È soltanto una di quelle cose che succedano tra ragazze. Non certo una questione di stato. Ci sarà sempre qualcuno che ride di qualcun'altro. Succede tutti i giorni, in tutte le città d'America, probabilmente in tutto il mondo, per quel che ne so.
L'importante, quando si cresce, è imparare a stare dalla parte di chi ride.
Tanto per cominciare, Vicky non era così grassa: aveva soltanto il viso rotondo e un po' di pancia, alle superiori diventò più magra e più alta di otto cm.
Divenne persino amica di Lindsay. Giocavano a hockey su prato insieme e si salutavano in corridoio. Una volta, in prima superiore, Vicky riparlò dell'episodio a una festa (eravamo tutte piuttosto brille) e ridemmo come delle matte, soprattutto Vicky, finché il suo viso non ridiventò quasi viola come tanti anni prima in palestra.
Questa è stata la cosa assurda numero uno.
Ancora più assurdo è il fatto che fino a poco prima stessimo parlando proprio dell'ultimo istante prima di morire. Non ricordo esattamente come fossimo arrivate al discorso, a parte che Elody si lamentava che volevo sempre sedermi davanti senza allacciare la cintura, e continuava a sporgersi per curiosare nell'iPod di Lindsay, malgrado il ruolo dei dj, in teoria, spetasse a me. Cercavo di illustrare la mia teoria dei "momenti migliori da ricordare prima di morire" e tutte stavamo elencando i migliori. Lindsay scelse il momento in cui aveva scoperto di piacere a Duke, ovviamente, e Ally, che tanto per cambiare si lamentava del freddo, partecipò alla discussione soltanto per dire che le sarebbe piaciuto rivivere per sempre il primo bacio con Matt Wilde, il che non sorprese nessuna. Lindsay e Elody fumavano, e dallo spiraglio dei finestrini aperti entrava pioggia gelata. La strada era stretta e tortuosa, da una parte e dall'altra i rami secchi e scuri degli alberi agitati dal vento ci frustavano.
Elody mise Splinter dei Fallacy per fare incazzare Ally e perché forse era stufa di sentirla piagnucolare. Era la canzone di Ally e Matt che l'aveva lasciata a settembre. Ally le diede della stronza e si slacciò la cintura di sicurezza, sporgendosi in avanti per strapparle l'iPod. Lindsay si lamentò che qualcuno le stava infilando un gomito nel collo. La sigaretta le sfuggì di bocca e le atterrò tra le gambe. Iniziò a imprecare cercando di spazzare via la brace dal sedile mentre Elody e Ally litigavano e io cercavo di calmarle ricordando di quando avevamo fatto gli angeli di neve a maggio. Le ruote sbandarono appena sulla strada bagnata, l'auto era piena di fumo di sigaretta, pennacchi sottili e leggeri come fantasmi.
Poi, all'improvviso vedemmo un lampo bianco davanti all'auto. Lindsey strillò qualcosa (parole che non riescii a decifrare, qualcosa tipo "sai", "dai", oppure "vai") e un istante dopo l'auto schizzò dalla strada verso la bocca scura del bosco. Udii un rumore orribile, stridulo (metallo su metallo, vetro sbriciolato, un'auto che si piegava in due), e l'odore del fuoco.
Feci in tempo a chiedermi se Lindsay avesse spento o no la sigaretta.
Poi il volto di Vicky Hallinan sbucò dal passato.
Sentii le risate riecheggiare, travolgermi e crescere fino a diventare un urlo.
Poi più niente.
Il fatto è che nessuno te lo dice. Non è che ti svegli con una brutta sensazione alla pancia. Non vedi ombre dove non ne dovresti vedere. Non ricordi di dire ai tuoi che gli vuoi bene, anzi, magari, com'è successo a me, non riesci neanche a salutarli. Se sei come me, ti svegli sette minuti e quarantasette secondi prima del momento in cui la tua migliore amica dovrebbe passare a prenderti. Sei talmente occupata a pensare a quante rose riceverai nel Giorno dei Cupidi che ti infili i pantaloni, ti lavi i denti e preghi Dio di aver lasciato i trucchi sul fondo della borsa, per poterti dare una sistemata in macchina.
Se sei come me il tuo ultimo giorno inizia così.

E finalmente ti dirò addioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora