Gli Amanti

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  Ethan si dirigeva a passo sicuro verso la villa di Sir Malcolm Murray, con quell'incedere rapido e distratto di chi è solito calcare spesso la stessa strada.
Non vi si era più presentato da che avevano scovato Mina, nascosta negli oscuri anfratti del teatro. Aveva creduto adatto alle circostanze lasciare Sir Malcolm e Miss Ives piangere la perdita di una figlia e di una sorella tanto amata, consolarsi per uno stesso dolore. Non voleva interferire in un momento tanto intimo e delicato; e poi lui sentiva ancora il bisogno di piangere la morte della sua Brona.
Eppure, quando Sir Malcolm aveva richiesto la sua presenza, null'altro gli era sembrato di tale conforto quanto il pensiero di tornare in quella casa su cui l'oscurità sembrava gravare, come il pesante e rancido fiato del Diavolo.
Sembene gli aprì la porta, impeccabile nella sua divisa rossa, imperturbabile come ogni volta. Ethan lo salutò con un cenno del capo e attraversò l'ingresso, diretto nella sala in cui Sir Malcolm aveva allestito il suo studio, sulle cui pareti aveva accuratamente appeso le cartine geografiche dei suoi viaggi, posto dove teneva i libri che regolarmente consultava e ogni suo progetto; la sala dove, in attesa d'altro, trascorrevano i momenti di nullafacenza e meditazione per una prossima mossa.
L'americano, nell'entrarvi, fu sorpreso di trovare la sala in questione stranamente spoglia.
Lì si percepiva il vuoto che aveva lasciato la loro sconfitta, e la conseguente perdita della cara Mina.
Vi trovò Sir Malcolm, seduto su di una delle poltroncine, ad intrattenere una conversazione con Mr Frankenstein. All'ingresso di Ethan, i due si interruppero per alzarsi in segno di saluto.
– Mr Chandler. La stavamo aspettando, – disse Sir Malcolm, con un sorriso conciliante quasi estraneo sul suo viso.
Ethan si tolse il cappello a bombetta dalla testa, per poggiarlo contro il petto. Sorrise anch'egli, pacato ed esitante.
– Stavo giusto chiedendo a Mr Frankenstein di unirsi a me e a Miss Ives per Natale, in mancanza di altri inviti. Io e Miss Ives saremmo onorati se anche voi accettaste il medesimo invito.
Sir Malcolm, lo sguardo gentile pur mantenendo la solita rigida compostezza, attese l'esito dell'ospite.
Ethan si schiarì la voce, poi con sguardo sprezzante disse: – Vi è venuta voglia di giocare alla famiglia, adesso, Sir Malcolm?
L'uomo abbassò lo sguardo a terra e rispose: – Mr Chandler vi devo delle scuse. Avevate ragione. Ero così accecato dalla paura e dalla speranza di riabbracciare la mia Mina, da non rendermi conto della realtà dei fatti.
Ma dato che Mr Chandler non dava segno di accettare le sue scuse, Sir Malcolm aggiunse: – L'idea della cena di Natale è di Miss Ives. So che la renderebbe molto felice. Io le faccio solo da portavoce.
– Vi farò di certo avere la mia risposta a breve, – assicurò Ethan, raddolcito da quell'ultima frase. Scese un silenzio imbarazzato, così Ethan si affrettò a chiedere: – Per quale motivo mi avete chiamato, Sir Malcolm?
A quelle parole l'uomo sembrò quasi imbarazzato, se Ethan non fosse sicuro che emozioni come l'imbarazzo non erano cosa comune in una persona abituata a dettar legge, quale era Mr Murray.
– Come potete vedere questa stanza appare piuttosto spoglia senza il mio lavoro ad arredarla. Io e Miss Ives avevamo pensato di scacciare questa malinconica atmosfera portandovi un albero da decorare... si, insomma, da decorare assieme.
L'espressione sul viso di Ethan si fece glaciale e Mr Frankenstein si interpose tra i due, annunciando: – Vado a chiamare Sambane. Ci sarà utile per trasportare l'albero.
Ethan, che fece per seguirlo fuori dallo studio, fu invece bloccato da Sir Malcolm prima di poter varcarne la soglia.
– Come lo sapevate? – chiese.
Ethan si fermò, seppur senza voltarsi.
– Come sapevate ciò che significa Miss Ives per me, quando persino io ero troppo cieco per accorgermene? – chiarì; la voce gli tremava appena sotto la pressione di un'emozione sconosciuta, la quale rischiava di romperla.
Ethan considerò che si trattava della prima volta in cui udiva la voce di quell'uomo tanto instabile e tormentata.
– Dal modo in cui la guardavate quando lei non se ne accorgeva, – fu la risposta di Mr Chandler. Poi riprese il cammino e uscì dallo studio senza voltarsi indietro una sola volta.
Ritrovatosi nell'ingresso, da solo, decise di fare ciò per cui realmente era giunto in quella casa. Nei giorni passati Ethan aveva avuto modo di pensare. Indagare in quegli anfratti pericolosi quali erano i suoi pensieri più intimi e i suoi più segreti desideri. E vi aveva trovato solo il volto di una persona a restituirgli lo sguardo.
Si diresse verso la biblioteca della villa, sicuro di trovarvi lì l'unica persona che apprezzava davvero tra quello strambo gruppo che Sir Malcolm aveva messo assieme nell'unico disperato tentativo di riuscire in una folle – quanto disperata – impresa.
Miss Ives stava seduta al tavolino, nel centro della piccola biblioteca, intenta a scoprire ciò che solo lei scorgeva nei suoi tarocchi.
Era vestita di scuro, lo stesso abito che Ethan ricordava indossasse la prima volta in cui si presentò in quella grande casa. I capelli legati in una crocchia severa, i modi discreti e contenuti anche nel voltare le carte.
Era un piacere ammirare Miss Ives nei comportamenti consueti della sua solitudine.
– Buonasera, Mr Chandler.
Ethan sorrise nel sentire il suono della sua voce che lo salutava, nonostante egli non ebbe fatto il minimo rumore ed ella non ebbe dato nessun segno di averlo sentito arrivare, concentrata com'era sul suo lavoro.
– Miss Ives, – ricambiò il saluto, sentendosi libero di varcare la soglia e avvicinarsi a lei.
Allora Vanessa si voltò e quei suoi occhi dalle palpebre pesanti, ma che brillavano d'acume e d'intelligenza, si posarono su Ethan. Lei gli sorrise e lui non poté se non fare altrettanto.
– Sir Malcolm vi ha già invitato? Verrete a Natale?
Ethan vide tanta aspettativa affacciarsi sul delicato viso di Vanessa, che rispose quasi senza esitazione: – Non desidererei altro luogo o altra compagnia per trascorrere questo evento.
Vanessa si mostrò più che soddisfatta di quella risposta. Le sembrò persino felice, ed Ethan si sentì appagato come ogni volta che sapeva di compiacerla.
– Scegliete una carta.
L'uomo ci pensò su un attimo, osservando i tarocchi disposti a mezzo cerchio, come lei le aveva detto di fare tempo prima. La guardò dritto negli occhi e posò le dita su di una carta a caso, senza vedere quale. La voltò e sul viso di Vanessa si fece strada un sorriso scaltro.
– Gli amanti. Ancora una volta, – disse Miss Ives.
– Questa carta mi rincorre, – rise Ethan, leggermente imbarazzato.
– Al contrario, Mr Chandler. Siete voi a richiamarla.
Ethan si mosse a disagio. Per quanto si mostrasse scettico dinanzi a sciocchezze quali erano i tarocchi, quella carta gli era rimasta in testa a lungo la prima volta che gli era capitato di pescarla. Questo finché non aveva incontrato Brona e allora aveva creduto che lei fosse il significato che cercava in quella parola misteriosa, quale sembrava concernere l'aspetto fondamentale del suo stesso futuro.
Ma Brona era morta e quella carta era ricomparsa sul cammino del suo destino, come un fiore imperituro incapace di perire sotto i venti gelidi della sua anima.
Vanessa dovette intuire qualcosa nell'espressione dell'uomo, così posò le dita sulla mano di Etahn, ancora sopra la carta, e disse: – Sappiate che questo non sminuisce affatto ciò che Miss Croft ha rappresentato per voi.
Ethan annuì distrattamente. – Certo. Naturalmente.
– Dimenticavo quanto bassa fosse la vostra stima per simili attrattive. Continuate ad essere scettico, Mr Chandler?
– Se questo può rimediare, non sono affatto scettico nelle vostre capacità di cartomante. Anzi, non dubito affatto nella veridicità di ogni singola vostra affermazione.
Vanessa rise: – Mi sento onorata dalla fiducia che riponete in me.
Ethan sorrise compiaciuto per essere riuscito a farla divertire. Riteneva il sorriso di Miss Ives una preziosa rarità concessa a pochi.
Ma mentre lui la guardava, Vanessa smise di mischiare i tarocchi e il suo viso tornò serio e impassibile.
– Ecco ancora quello sguardo. Così tenero, colmo di compassione, – disse alzandosi in piedi, – siete compassionevole Mr Chandler. Voi guardate con amore persone che si portano il male dentro al cuore.
Prese a camminare per la stanza, con aria distratta, come se stesse commentando qualcosa di futile; Ethan seguiva con gli occhi ogni suo spostamento.
– Vi attrae, come forte era l'attrazione verso Miss Croft, malata di tifo, e forte è stato il vostro sentirvi in dovere di aiutare me, indemoniata priva di controllo, con ogni gentilezza possibile, anche quando il demonio mi rubava la voce per offendervi nei modi più vergognosi.
– Vi sentite a vostro agio con persone la cui vita è appesa ad un filo, la cui sorte è totalmente dipendente da fatti esterni a loro stessi, perché vi rivedete in loro, non è vero Mr Chandler? Quante cose nella vostra vita sarebbero state più facili se qualcuno vi avesse guardato con tanta gentilezza quanto ne avete mostrata a me, quanto sarebbe stato più facile convivere con ciò che quieto dorme dentro di voi?
Vanessa gli si era avvicinata, girandogli attorno con quell'incedere elegante e silenzioso, cosicché per Ethan fu facile fermarla afferrandole il polso.
Gli occhi di Vanessa si soffermarono su quel gesto ardito e per un attimo Ethan pensò di desistere. Ma quelle parole gli bruciavano addosso, facendolo sentire dolorosamente esposto. E la odiava e la amava per averlo compreso così in profondità.
Quegli occhi azzurri risalirono a cercare i suoi, e la genesi di quel suo gesto venne a compimento. Quella vicinanza gli annebbiava la mente e comprometteva il suo autocontrollo.
La baciò. Fu uno scontro di labbra, quasi impacciato, che si trasformò in un impeto di passione che li incendiò entrambi. Ma come tutte le grandi fiamme che ardono troppo rapidamente, anche quel bacio finì per consumarsi in un sospiro.
– Vi prego... no, – seppure con delicatezza, Vanessa lo scansò.
Ethan si sentì mortificato per la sua avventatezza.
– Si tratta per caso di Mr Gray? – volle sapere.
Sul volto della donna si dipinse una smorfia amara, prima di rispondere: – Oh no, Mr Gray... lui... richiamava la parte più oscura di me. Credo che egli riesca a richiamare il peccato in qualsiasi persona. Per la bestia che con tanta fatica controllo, la sua vicinanza era puro nettare da cui attingere. Per quanto mi attraesse e provassi interesse verso la sua persona, Mr Gray è l'incarnazione più spregiudicata del peccato. Sappiamo entrambi cosa accade se per un attimo abbasso la guardia, Mr Chandler. Non intendo mettere tutti voi in rischio una seconda volta.
– Così mi offendete, Miss Ives. Mi ritenete un uomo simile a Mr Gray? Non potrei mai cercare di ammaliarvi per il solo gusto della conquista e del piacere. Non potrei trascinarvi nei torbidi vortici della passione solo per vedervi annegare una seconda volta. Dio, ho rischiato di impazzire già la prima volta nel vedervi in quello stato.
Vanessa strinse le labbra, gli occhi azzurri freddi e distanti, come solitamente si mostrava nei confronti di sconosciuti.
– Voi non capite. Non si tratta solo di Mr Gray. Si tratta di me, del mio autocontrollo. Quando la paura ti mette gli artigli addosso, Mr Chandler, non ti lascia andare.
– Non trattatemi come uno sprovveduto. Vi sono stato accanto, vi ho curato mentre Brona moriva da sola su un letto di una merdosa taverna! Ho subito la vostra ira, guardandovi dritto negli occhi, Miss Ives. Ho sostenuto il vostro sguardo, vedendovi dentro il demonio, ma vi ho affrontato anche quando l'unica cosa sensata da fare era spararvi un colpo in testa.
Vanessa abbassò lo sguardo, incapace di sostenere gli occhi improvvisamente duri di Ethan.
– Io credo di amarvi, Vanessa. E se è la paura a frenarvi, vi posso assicurare che io l'ho già vissuta sulla mia pelle e che non è riuscita a frenare me. Vi voglio, Miss Ives. Vi voglio in tutti i modi in cui un uomo può volere una donna.
A quell'ultima frase, Vanessa tornò a guardarlo, così sorpresa che per un solo attimo la sua maschera dall'espressione imperturbabile andò in frantumi.
Ethan la guardava come non era mai stata guardata prima da un uomo. Non da Peter, per cui era solo un'altra sorella, né tanto meno dall'infedele ufficiale di Mina, incapace di resistere alle forti tentazioni. Nemmeno da Mr Gray, troppo intento ad ammaliarla con i suoi modi raffinati nell'unico scopo di possederla.
Ethan la guardava come se non potesse farne a meno, come doveva essere guardata una donna, sin nell'intimo e anche più in profondità.
Mr Chandler era un osservatore attento, capiva le persone, e Vanessa non si era mai sentita tanto vicina dall'essere compresa da qualcun altro che non fosse la sua amata Mina.
Anche nel cuore di Mr Chandler viveva l'oscurità, la paura e il rimorso. Nella sua anima convivevano peccati orribili e spietati, atti mostruosi. Viveva una bestia. Una belva che si faceva strada con zanne e artigli sulla pelle della sua anima pur di risalire in superficie.
Le grandi e forti braccia di lui la cinsero e le sussurrò: – Non permetterò che vi succeda nulla di male. Vi proteggerò anche da voi stessa. Ve lo giuro, ve lo giuro... .
Vanessa si abbandonò contro il suo petto e vi nascose il volto. Aveva il respiro affannoso, era rigida sotto gli abbracci di Mr Chandler e per la prima volta sembrava incapace di ribattere.
Ethan la costrinse contro il muro della biblioteca.
–Vanessa, per favore...
Lei chiuse gli occhi, una morsa al collo le impediva il respiro. Ricordò l'esatto momento in cui era tornata in sé, quando la possessione l'aveva sopraffatta, l'attimo prima che Ethan provasse ad esorcizzarla grazie alla piastrina di San Giuda, il Santo delle cause perse.
La medesima mossa, uguali parole, ma questa volta nei gesti c'era dolcezza e la sua voce la supplicava, senza urla disperate, ma con la tenerezza di un amante.
– Ethan... – mormorò lei, sconfitta, cercando le sue labbra. Si trovarono e si lambirono, si leccarono e mordicchiarono in un lungo, intenso e interminabile bacio che si abbatté tra di loro con la forza implacabile di un uragano. E loro vi si trovavano in mezzo, nell'occhio del ciclone, circondati da spire d'aria, implacabili e invincibili.
Fu Ethan a distanziarsi per primo, questa volta. Si resse contro il muro, affannato, stringendo ancora forte a sé Miss Ives. Ansimavano, l'uno addosso all'altra. Vanessa tentò di ritrovare le bocca di lui, ma Ethan la fermò posando il pollice sulle sue labbra. Le accarezzò, lentamente, lambendole con gli occhi come avrebbe voluto fare con la lingua.
– Ve l'ho detto, – mormorò con voce rauca, – Sono in grado di proteggervi. Da voi... e anche da me.
A quelle parole, quel sorriso smaliziato e scaltro tornò ad affacciarsi sul volto di Vanessa ed Ethan ne interpretò facilmente il significato.
Così, seppur a fatica cercò di ricomporsi, si aggiustò la giacca mentre Vanessa riordinò i capelli nella crocchia.
– Bene, credo che ora ci sia un albero ad attenderci, nello studio di Sir Malcolm, – disse Ethan, facendo segno con la mano di accingersi a raggiungere il resto della famiglia.
Si guardarono, divertiti e giocosi - Dopo di lei, Miss Ives -, aggiunse con un leggero inchino del capo.
– Mr Chandler, – lo ringraziò lei e uscirono dalla biblioteca; cercandosi ancora, tra le ombre di quella cupa casa, trovandosi con la punta delle dita, tra leggere carezze, sfiorandosi con sguardi lascivi e complici di due amanti consapevoli.  



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