Night Changes

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We're only getting older, baby
And I've been thinking about you lately
Does it ever drive you crazy
Just how fast the night changes?


Quando una sera di marzo Ned si sedette a tavola comunicando di avere un importantissimo annuncio da fare, tutta la famiglia Stark si animò improvvisamente.
Ognuno dei quattro ragazzi si mise a fantasticare su quale potesse essere la notizia, ciascuno modellandola secondo i propri interessi e aspettative. La loro madre, invece, continuò a riempire i piatti di cibo senza battere ciglio, come se già sapesse.
Dopo qualche secondo di attesa volutamente prolungato, in cui Rickon insistette più volte con il padre per non essere tenuto sulle spine, vennero a sapere che il loro fratello maggiore Robb si sarebbe sposato con la sua fidanzata il due di giugno.
Un'ovazione di protesta e delusione si alzò da tutta la tavolata, fatta eccezione per Sansa e Catelyn. Bran e Rickon avevano sperato in qualche evento straordinario, dato il tono emozionato con cui il padre aveva detto di avere una sorpresa, e avevano visto i loro sogni di partite di calcio e corse di cavalli frantumarsi con la stessa velocità con cui avevano preso forma.
La famiglia Stark consumò la cena in un clima teso.
Se da un lato Sansa e i suoi genitori erano eccitati all'idea della cerimonia, dall'altro Arya e i due ragazzi già si vedevano in ghingheri, pigiati in abitini eleganti o completi da damerini nell'aria afosa dell'estate in arrivo.
Tutti erano contenti per Robb, naturalmente.
Era la festa a suscitare tutte quelle reazioni discordanti, dimostrando per l'ennesima volta quanto varia fosse la famiglia per interessi e modi di pensare.
Terminata la cena, Arya decise sfortunatamente di esprimere alla sorella tutto il proprio disappunto. I due fratelli stavano lamentandosi a loro volta nella camera che condividevano; si poteva facilmente udirli essendo le due stanze adiacenti.
Sansa si domandò per quale motivo la sorella non si recasse da Bran e Rickon, le cui opinioni coincidevano con la sua, anziché tediarla con le sue lamentele da ragazzina immatura. Ma forse era stato proprio il gusto di infastidirla il motivo di quella scelta.
Mentre Arya percorreva con ampie falcate la stanza che da anni erano costrette a dividere, le mani giunte dietro la schiena come un soldato, Sansa si domandò se la sorella sarebbe mai cresciuta un po'.
La sua argomentazione principale pareva essere la sua totale assenza di interesse per la cerimonia e la successiva festa. Per lei sarebbe stato perfetto congratularsi con Robb per poi ritornarsene in città dai suoi amici, senza dover partecipare a nessuna boriosa cena o parlare con parenti della sposa vestiti in maniera pacchiana e ingordi di vino e arrosti.
-E poi le foto! Ci faranno sicuramente delle foto, per Dio!- esclamò, appoggiandosi con una mano al comò e portandosi l'altra fra gli indomabili capelli castani. -Mamma poi le incornicerà e le appenderà in casa... ma dico, cosa penseranno Gendry e gli altri a vedermi vestita come una bomboniera?!- Con un'aria ribelle e disperata si sedette sul proprio letto, ancora disfatto dalla mattina a differenza di quello perfettamente ordinato di Sansa. Continuava a tormentarsi le maniche della vecchia felpa sdrucita, come se prendersela con quell'indumento avrebbe potuto risolvere in parte i suoi problemi.
La sorella arricciò il naso al pensiero della sua combriccola di amici. Per quanto la riguardava, sarebbe stato fantastico se quel gruppo di mascalzoni avesse d'un tratto deciso di escludere Arya; in tal modo magari lei avrebbe potuto cominciare a frequentare gente un minimo educata e normale.
Quasi ogni giorno Gendry, il capobanda, si presentava sotto casa e chiedeva a sua sorella di scendere. Questa lo seguiva immediatamente anche se non aveva ancora finito di studiare, spesso restava fuori tutta la giornata e solo a sera inoltrata tentava di recuperare il lavoro in arretrato.
Sansa manifestava il suo disappunto con una smorfia, tornando subito dopo a seppellire la faccia tra i libri universitari, protetta dalla sua programmazione quasi maniacale della vita.
-Arya, mi sembra esagerato fare tutta questa scenata. È il matrimonio di Robb, ed è un nostro dovere andarci, quindi tanto vale che ti calmi e la prendi con filosofia. Vorrà dire che per un paio di giorni dovrai stare lontana da Gendry...- disse Sansa, rispondendo ai mozziconi di frase che la sorella sputava fuori, ancora inferocita, senza smettere di tirare le maniche della felpa.
-Lo dici solo perché tu adori questo genere di stronzate. A tavola e adesso fai tutta la brava ragazza che non può sottrarsi al suo dovere di sorella, ma in realtà fremi al pensiero di andare con mamma a comprare il vestito, gli orecchini, le scarpe e tutto il resto per poi sfoggiarli davanti a quell'accozzaglia di cretini.-
La rossa si concesse un mezzo sorriso. -Devo ammettere che per una volta non hai tutti i torti. Forse un pochino entusiasta di andarci lo sono; ma questo non cambia ciò che ti ho detto. Mamma e papà non ci lasceranno restare a casa, nemmeno se tu fingerai di avere un febbrone da cavallo, quindi ti conviene non prendere neppure in considerazione l'idea.-
Arya emise un gemito rassegnato, sprofondando la faccia nel cuscino.
La sorella, al contrario, spense la luce e si coricò con un ghigno di trionfo dipinto in volto.
Qualunque obiezione avessero sollevato i suoi fratelli, per una volta lei sarebbe stata accontentata.

Dalla sua stanza Sansa udì la voce di sua madre chiamare Arya più volte, con un tono sempre più irritato man mano che questa continuava a rispondere "un attimo soltanto".
Aveva diciotto anni, ma in certe cose pareva non fosse affatto cambiata dai tempi in cui frequentava le elementari. Anche allora aspettava l'ultimo momento per prepararsi, e puntualmente arrivava in ritardo a scuola.
Catelyn spalancò la porta della stanza delle ragazze, domandò alla figlia maggiore: -Almeno tu sei pronta?-
-Sì, lo sono da oltre un'ora.- rispose Sansa, ritoccandosi per l'ultima volta il trucco, rimirando il proprio riflesso nello specchio.
-Allora noi vi aspettiamo in macchina. Vedete di darvi una mossa!-
Due settimane prima, le sorelle Stark erano andate a fare shopping per il matrimonio con la madre. La maggiore aveva tentato inutilmente di nascondere il proprio entusiasmo per quella che era una delle sue attività preferite, specialmente quando non doveva badare a spese. Arya al contrario si era trascinata dietro la madre e la sorella con l'aria svogliata e rassegnata di uno studente impreparato in procinto di affrontare una verifica.
Sansa aveva optato, dopo ore di prove e ripensamenti, per un vestito di raso ad una spallina, color rosa cipria, che le arrivava leggermente sopra le ginocchia.
Lei e sua madre avevano discusso animatamente sulle varie caratteristiche di ogni capo, a volte criticandoli e altre elogiandone i pregi, e avevano convenuto che il vestito scelto da Sansa era molto elegante e per nulla volgare.
Catelyn aveva persino chiesto un'opinione alla figlia minore prima di portare l'indumento alla cassa, ma secondo le aspettative questa si era limitata a rispondere a grugniti e monosillabi, dicendo che per lei erano tutti uguali.
Ora Sansa si compiaceva della sua figura elegante davanti allo specchio, esibendosi anche in qualche posa, temendo che sua sorella scegliesse proprio quel momento per entrare in camera.
I suoi timori non si rivelarono infondati, cosicché quando Arya aprì sgraziatamente la porta lei riuscì a ricomporsi in meno di un secondo, assumendo l'aria da sorella maggiore composta e matura che sapeva da lei tanto detestata. Ma nonostante i tentativi di rimanere impassibile e riservarle una strigliata per quell'attesa snervante, Sansa non riuscì a trattenere un fischio di sorpresa.
Il vestito indossato da sua sorella era un modello meno elaborato del suo, anch'esso rosa cipria come se servisse da testimone del loro legame di sangue. Sulla parte sinistra del corpetto erano ricamate alcune roselline, che salivano ad ornare la spalla e la manica corta.
La loro madre doveva averla senza dubbio aiutata a prepararsi, perché Arya non sarebbe stata in grado di truccarsi con una tale precisione neppure frequentando corsi specializzati per il resto della sua vita.
Nel complesso, Sansa dovette ammetterlo, sua sorella risultava davvero carina. Subito l'assalì il terrore che Gendry si potesse presentare a casa loro ancora più spesso, dopo aver visto le foto del matrimonio.
-Che hai da guardarmi a quel modo?- fece Arya, sulla difensiva.
-Nulla, solo che... stai bene.- quel piccolo complimento le mise addosso un disagio tale da farle sentire immediatamente il bisogno di attenuarlo. -Hai una vaga idea di quanto ci hai fatto aspettare?-
-Non è qualcosa che ho deciso io. Non sono minimamente abituata a indossare questo genere di roba, e poi devi solo ringraziare che non sia scappata di casa all'alba per sfuggire a questo supplizio.-
Le due sorelle uscirono dalla loro stanza per raggiungere sotto casa il resto della famiglia, che le attendeva in macchina. Per la scala Arya spostava irrequieta il peso da un piede all'altro, seccata dal fatto che con quelle ballerine non avrebbe avuto la stessa libertà che le conferivano le sue solite scarpe da tennis.
-Queste scarpe sono così strette... e in questa specie di costume da principessa Disney mi pare di soffocarci, mi stringe tutta in vita.-

La cerimonia in chiesa sarebbe stata una dura prova anche senza Arya che non faceva che lamentarsi. Grazie a lei, risultò un autentico strazio.
Nonostante fosse appena il due di giugno, e l'estate vera e propria non fosse perciò ancora giunta, il caldo era soffocante. Nella modesta chiesetta di campagna, per nulla sfarzosa nella sua struttura compatta e nel corredo essenziale, pareva che la pietra della struttura assorbisse i raggi del sole per poi rilasciarli sotto forma di calore cocente a discapito dei fedeli.
Gli Stark erano disposti in uno dei primi banchi, essendo la famiglia dello sposo. Robb aveva salutato con affetto i suoi fratelli, abbracciato le sorelle e dato pacche sulle spalle a Bran e all'ormai non più così piccolo Rickon.
Poi era arrivato anche Jon ed era stato accolto come un divo del cinema da tutta la famiglia, che andava a trovare assai raramente a causa degli studi.
Arya era stata felicissima di vederlo, poiché sin da piccoli li avevano legati un forte affetto e interessi in comune, nonostante Jon fosse frutto di una relazione extraconiugale del loro padre.
Difatti, malgrado l'iniziale disappunto di Catelyn per quello che soleva definire un "incidente", il ragazzo era cresciuto in casa loro dopo la morte di sua madre e tutti i figli Stark gli si erano profondamente affezionati.
Jon frequentava l'università come Sansa, ma aveva preferito trasferirsi in un'altra città e iscriversi a un college esclusivamente maschile.
Robb aveva raccontato alla famiglia che da giorni non stava più nella pelle. Per due anni lui e Talisa avevano oscillato in un limbo d'indecisione, finché lei non era rimasta incinta e lui aveva raccolto il coraggio necessario a fare quel grande passo della proposta, subito accettata da lei con entusiasmo.
Sansa sapeva per certo che alla loro madre non era mai piaciuta la fidanzata di Robb. Era stata contraria sin dal primo momento al loro fidanzamento, ma lui era stato dal primo momento in cui l'aveva conosciuta talmente preso da lei da far diventare il loro rapporto un dato di fatto che non poteva far altro che accettare.
A malincuore Catelyn gli aveva dato la sua approvazione e supporto, anche se quando era venuta a conoscenza della gravidanza di Talisa non era riuscita a nascondere il proprio sdegno. Quel giorno però tutti avevano fatto del proprio meglio per mostrarsi contenti per Robb, e in fondo tutti lo erano, poiché vederlo così ben vestito e con quel sorriso luminoso aveva scaldato il cuore persino ad Arya nelle sue scarpe strette.
Sansa non si era neppure sforzata nel tentativo di ascoltare la messa. Aveva preferito perdersi nei suoi pensieri, riuscendo quasi ad ignorare i borbottii della sorella e di Rickon che avrebbe preferito restare chiuso in albergo a guardare la televisione. Bran era l'unico tranquillo; si alzava quando tutti gli altri fedeli si alzavano, non si torceva freneticamente le mani, il suo sguardo era serio e concentrato. Sansa non sapeva se stesse davvero ascoltando, ma ammirava la sua compostezza.
Si chiedeva quando fosse diventato così maturo, se le fosse cresciuto davanti agli occhi senza che lei si fosse accorta di nulla.
Anche lei si sforzava di resistere, apparentemente immune al caldo e alla noia, ma Arya la stava portando lentamente all'esasperazione. Tentò di concentrarsi su tutti i complimenti che le erano stati rivolti da amici di famiglia, lontani parenti degli Stark e della sposa.
Aveva sorriso compiaciuta ad ogni loro occhiata, ricambiato con soddisfazione le occhiate languide dei giovanotti alla sua figura alta e sottile, si era riempita di vanità e orgoglio.
Qualcuno aveva lodato anche Arya, ma questa si era limitata a ringraziare a mezza voce, rigirandosi un lembo della gonna tra le dita, si era fissata il vestito come se fosse una seconda pelle che non le apparteneva.
Se Sansa si stancava di crogiolarsi nei complimenti altrui la situazione si poteva definire critica. Perciò, quando decise di arrischiarsi a lanciare un'occhiata esplorativa al resto dei presenti, aveva i nervi a fior di pelle consapevole della gravità della cosa.
Il suo sguardo sorvolò signore dai vestiti a fiori e coppie di mezza età in abiti disseppelliti dai recessi degli armadi esclusivamente per l'occasione, si soffermò giusto un attimo di più sui loro figli e figlie intorno alla ventina, poi sui ragazzini più piccoli seduti composti con le loro famiglie e provò un senso di fastidio paragonandoli ai suoi nevrotici fratelli.
Finché non la vide.
Restò per un tempo interminabile con la testa girata e la schiena rivolta all'altare, dimentica di trovarsi in prima fila. Persino Arya rimase piuttosto indispettita dal suo comportamento, ma tenne la bocca chiusa, tornando a concentrarsi sui molteplici dolori che le provocavano le ballerine.
Sansa tornò a guardare davanti a sé solo quando sua madre fu costretta a richiamarla, sussurrandole la propria indignazione a denti stretti.
Stranamente il rimprovero non suscitò nella ragazza alcun effetto, tanto era rimasta sconvolta dalla propria scoperta. L'immagine della famiglia Tyrell al completo era vivida nella sua mente come un marchio impressovi a fuoco.
L'anziana Olenna Tyrell, presenza ormai universale e sicura a qualsiasi evento, si stagliava come una collina primaverile nel suo abito verde menta, con l'immancabile velo a coprirle il capo. Alla sua destra era il figlio Mace, ormai sulla cinquantina e con una discreta pancia.
Ma Sansa avrebbe potuto fornire solo una descrizione frammentaria dei due adulti, e anche del giovane Loras dai bei riccioli biondi, perché quando aveva notato lei non era stata capace di guardare altro.
Margaery si sarebbe detta totalmente estranea a quel luogo e a quelle persone. Fasciata dal suo abito di chiffon azzurro a motivi floreali, dalle maniche lunghe fino a coprirle tutte le braccia e persino le mani, impalpabile come avrebbero potuto essere le ali di un angelo.
Sansa si ritrovò ad essere improvvisamente consapevole di tutte le proprie imperfezioni, dalla matita sull'occhio destro impercettibilmente sbavata, alle ciocche ribelli che le sfuggivano dall'acconciatura.
Quando dovette girarsi perché richiamata da sua madre, provò un moto di rabbia per non essere stata avvisata della presenza della famiglia Tyrell. Successivamente si diede della stupida per non esserci arrivata da sola.
I Tyrell erano amici di famiglia da tempi immemori- Arya diceva sempre "dal Medioevo"- ed era proprio grazie a questo legame che univa le loro famiglie che, quattro anni prima, Sansa aveva conosciuto la sua ex ragazza.
Margaery era stata la sua prima volta e la sua prima e unica storia seria.
Si erano incontrate in occasione del compleanno di sua nonna Olenna, per i cui settant'anni i figli e i nipoti avevano organizzato una festa coi fiocchi e invitato tutti gli amici di famiglia e i parenti più lontani. Il giardino della villa estiva dei Tyrell era così immenso da poter ospitare tranquillamente un esercito, e spesso veniva adibito a spazio per cerimonie e feste di ogni genere.
Al tempo Sansa aveva sedici anni ed era un'adolescente chiusa e introversa.
Non era mai stata brava a relazionarsi con persone nuove, specialmente se si trattava di suoi coetanei, perciò quando Catelyn e Ned avevano presentato i giovani nipoti di Olenna a lei e Arya, si era stretta nelle spalle e aveva sussurrato appena il proprio nome.
Loras aveva stretto la mano a entrambe e le aveva subito invitate al loro tavolo, riuscendo a crepare la corazza di Arya con la sua affabilità naturale. I due si erano allontanati parlando fitto di passioni che avevano in comune, lasciando sole le rispettive sorelle.
Sansa aveva alzato il viso, incuriosita da quella ragazza a cui prima non aveva prestato particolare attenzione, ed era rimasta di sale.
Era certa che non fosse solo merito dei suoi ormoni impazziti se in quel momento aveva pensato di non aver mai posato gli occhi su una ragazza più bella. Anche a distanza di dieci, vent'anni, le sarebbe rimasta scolpita nella memoria come tale.
Indossava un vestito corto che le lasciava scoperte le gambe alla brezza estiva, i lunghi capelli castani le incorniciavano sciolti il viso in morbide onde.
Margaery, così aveva detto di chiamarsi, non aveva distolto un attimo quegli occhi azzurri da lei; l'aveva scrutata con curiosità e interesse particolare sin dal primo momento.
La rossa non avrebbe saputo dire per quanto tempo avevano condiviso quella silenziosa interazione, ma quando la ragazza inarcò un sopracciglio e le chiese: -Non sei molto abituata alle feste, vero?- sentì il fiato mozzarlesi in gola.
Già il fatto di trovarsi sola con lei le pareva una sorta di sogno ad occhi aperti.
Nonostante fosse leggermente più bassa, era chiaro che Margaery fosse più grande di lei. La sua maturità traspariva dal tono della sua voce, dalla postura e da ogni suo gesto.
Si era lasciata condurre da quella ragazza ormai quasi donna nei recessi più nascosti del giardino, il vocio degli invitati affievolirsi sempre più fino a diventare un mormorio dietro la morbida voce di Margaery.
L'aveva ascoltata con attenzione quasi morbosa, senza mai distogliere lo sguardo dal suo profilo cesellato, pendendo dalle sue labbra come se si trattasse di una fonte inesauribile di nozioni nuove e misteriose.
Non seppe mai dire per quanto tempo avevano camminato fianco a fianco tra cespugli di rose, gerani e ortensie dai colori sgargianti, luminosi e rinvigoriti dalla bella stagione e dai raggi del sole.
I discorsi della ragazza l'avevano portata lontano: le aveva raccontato di università, amici e città lontane e feste pazzesche il sabato sera. Per come questa l'aveva dipinta, la vita di Margaery doveva essere tanto movimentata e ricca di avventure da far parere quella di Sansa un autentico mortorio.
Ma questa considerazione, anziché intristirla, l'aveva riempita di nuova attrazione per la nuova amica.
Terminato il loro giro, si erano ritrovate al punto di partenza. Udite le voci dei suoi genitori e dei fratelli chiamare il suo nome, Sansa si era riavuta da quella sorta di atmosfera ovattata.
-Credo che ci stiano aspettando per la cena...- aveva detto, voltandosi appena per guardare la sua interlocutrice.
-Lo credo anch'io, e vorrei tanto che aspettassero ancora un po'.- e così dicendo la castana le aveva rivolto un mezzo sorriso sghembo, sorriso che probabilmente non aveva quello scopo, ma aveva provocato lo stesso alla più piccola un'acuta fitta al basso ventre.
-Andiamo.-
Sansa l'aveva seguita, abbandonando i propri piani di sedersi al tavolo dei genitori per evitare imbarazzanti conversazioni con i vari cugini.
Non aveva neppure sperato che il suo rossore non si notasse; era stata troppo distratta dal movimento ipnotizzante dei suoi fianchi, mentre la seguiva facendosi spazio tra invitati di ogni età, senza vederli mai veramente.
Durante la cena si era concessa qualche bicchiere in più del solito che le permettevano di bere i suoi genitori la domenica. Era un'occasione importante, ed era certa che nessuno avrebbe avuto nulla da ridire se avesse bevuto un po'.
Margaery non era stata certo d'aiuto.
Nonostante la tavolata fosse composta da una trentina di ragazzi urlanti e scatenati di tutte le età, per Sansa quella era stata una cena per due a lume di candela.
La candela c'era davvero, o meglio, ve n'erano una decina disposte lungo tutto il tavolo; ma ce n'era una proprio tra lei e Margaery, e questo bastava ad assecondare le sue fantasie di adolescente.
Né Bran, né Rickon e neppure Arya erano riusciti a rovinarle la serata con le loro solite lamentele; erano esistite solo lei e quella ragazza dagli occhi di cielo.
Il cibo le era sembrato ancor più squisito di quanto doveva essere, aveva mangiato con appetito intervenendo talvolta nei discorsi di Margaery. Anche lei non aveva smesso un attimo di guardarla o di parlarle, proprio come se la presenza degli altri fosse stata solo una scenografia artificiale e spenta.
Dopo la torta ai ragazzi era stato permesso di alzarsi da tavola, alcuni tra gli invitati più anziani erano stati riaccompagnati in albergo.
Sansa aveva seguito Margaery con la testa che le girava, erano andate in una sezione di giardino deserta e coltivata interamente a rose. La ragazza le aveva spiegato che per la sua famiglia le rose erano una specie di emblema, un marchio di fabbrica dei Tyrell.
La loro risata era riecheggiata nella notte buia e fresca, si erano sedute nell'erba circondate da rose dalle mille sfumature di rosso, senza smettere un attimo di parlare.
A Sansa quasi bruciava la gola per tutto il vino e le parole pronunciate, ma non si era fermata, non era mai stanca di raccontare a quella ragazza cose che non aveva confidato mai a nessuno in tutta la sua vita.
Trascinate dall'alcol e dall'ebbrezza che dava loro quel senso di intimità e sfarzo, erano arrivate a toccare argomenti che Sansa aveva condiviso solo con la sua migliore amica delle medie Jeyne Poole.
Margaery le aveva chiesto com'era stato il suo primo bacio.
In altre circostanze la più piccola sarebbe arrossita e avrebbe risposto un appena mormorato "nulla di che". Invece le era andata più vicina, fino ad appoggiarle la testa sulla spalla. La mano di lei aveva preso ad accarezzarle i capelli rossi, seguendone la lunghezza fin lungo la schiena.
-È stato in prima media, avevo undici anni e lui era un ragazzino viziato e odioso di nome Joffrey. Lo baciai solo per una questione di orgoglio infantile. Lui sosteneva che io non avessi il coraggio di baciare nessuno e che appunto non l'avessi mai fatto, e si vantava anche di aver avuto un sacco di ragazze. Così io, spinta dalla rabbia o non so da quale assurdo sentimento, gli ho chiuso la bocca con la mia.-
La risata di Margaery le aveva carezzato l'orecchio morbida come seta. Aveva riso anche lei, stringendosi al suo corpo caldo ancora un po', perché cominciava a fare freddo e il vino le dava coraggio.
Mentre ammiravano le stelle in silenzio, strette l'una all'altra, la ragazza più grande aveva tratto dalla propria borsetta un pacchetto di sigarette e un accendino.
Aveva tolto il braccio destro dalle spalle di Sansa giusto il tempo necessario per accenderne una e portarsela alle labbra. Aveva aspirato una boccata di fumo, trattenuto un poco e poi la rossa l'aveva sentita espirare. Fumava ad un ritmo talmente costante che ascoltarla distendeva i nervi; improvvisamente sentiva su di sé gli effetti della serata movimentata e dell'ora tarda.
Nuovamente con la testa nell'incavo della spalla di lei, aveva chiuso gli occhi, concentrata sul suo respiro.
-Vuoi favorire?- le aveva chiesto la castana ad un tratto, rischiando di spaventarla dato il clima placido che si era venuto a creare.
-No, ti ringrazio. Non ho mai fumato e non credo che...- non era riuscita a finire la frase, che Margaery si era improvvisamente distaccata da lei con un'espressione sconvolta in viso. Quasi subito uno scintillio malizioso era comparso nel suo sguardo azzurrino, e di nuovo quel mezzo sorriso.
-Quindi per te sarebbe una prima volta, mh?-
Sansa si era ritrovata inspiegabilmente ad arrossire. -Bhe, sì. Ma l'idea non mi alletta poi così tanto...-
La castana si era portata ancora la sigaretta alle labbra, inspirato ancora un po' di fumo.
-Non voglio assolutamente obbligarti a fare qualcosa che non vuoi. Però secondo me sarebbe un'esperienza, ecco. Hai sedici anni, dico bene? Alla tua età io ero continuamente alla ricerca di nuove esperienze.-
La più piccola aveva deglutito rumorosamente. Non si era mai sentita a quel modo: avrebbe voluto sprofondare ma al contempo non vi era nessun posto al mondo in cui avrebbe desiderato essere.
-Non lo so, sono un po' indecisa. E mi gira anche lievemente la testa.-
-La testa è perché non sei abituata all'alcol, per l'indecisione invece credo di poter fare qualcosa. Mi hai detto che il tuo primo bacio l'hai dato per una sfida; trasformiamo in una sfida anche questa.-
Sansa l'aveva guardata con un sopracciglio inarcato. -Che cosa intendi? Non voglio fare nulla di estremo, semmai giusto provare.-
-Stai tranquilla. Prendi giusto una boccata, fai attenzione a non aspirare troppo fumo o ti verrà da tossire.- fermatasi un attimo, le aveva rivolto un sorriso che era la quintessenza della malizia. -Se sarai così coraggiosa da arrischiarti in quest'impresa, ti darò un bacio.-
La più piccola era rimasta senza parole.
Nella sua mente la parola "bacio" era stata immediatamente associata ai quotidiani baci sulle guance con cui salutava le amiche; poi aveva incontrato nuovamente gli occhi di Margaery e le sue convinzioni erano crollate come un castello di carte.
Senza dire nulla aveva preso la sigaretta che lei le porgeva, se l'era portata alle labbra e aveva inspirato un poco. Dato che aveva seguito le sue istruzioni, l'irritazione fu minima e non le venne neppure da tossire.
-Senti, per quello che hai detto prima...- aveva biascicato, rendendole la sigaretta, ma ancora una volta non era riuscita a terminare la frase.
Quando aveva sentito le labbra di Margaery premute sulle proprie, la sigaretta le era sfuggita di mano, la cenere riversata sull'erba.
Oltre al bacio a stampo che aveva dato a Joffrey quasi con violenza, aveva baciato solo una specie di gorilla di nome Ramsey in prima liceo, ma questi si era rivelato interessato più che altro a farle una visita alle tonsille.
Margaery era un altro pianeta. Era stata il suo primo vero bacio, e respingerla, se anche l'avesse voluto, era stato totalmente impossibile.
La mano che un attimo prima le stava porgendo la sigaretta era corsa alla sua guancia, libera finalmente di toccare quella pelle nivea e liscia. La più grande l'aveva stretta a sé cingendole la vita con un braccio, senza mai smettere di carezzarle i capelli, mentre schiudevano le labbra all'unisono.
Quel primo bacio con Margaery era stato impetuoso e timido allo stesso tempo. Le loro lingue si erano sfiorate appena, come inibite da quel contatto, ma subito dopo si erano lasciate trasportare da un duello sensuale dettato dai loro desideri inespressi esumati dall'alcol.
Si erano separate per riprendere fiato, discostandosi appena di pochi millimetri, ma proprio quando Sansa aveva nuovamente sfiorato le labbra dell'altra un fracasso infernale si era insinuato nel loro paradiso privato.
La rossa si era separata dalla più grande di malavoglia, ripescando il cellulare dalla borsetta abbandonata nell'erba. Sul display lampeggiava la scritta "mamma", con l'avviso di numerose chiamate perse durante il resto della serata.
Nei messaggi vocali che le aveva lasciato, Catelyn ordinava alla figlia di raggiungerli all'ingresso della villa, dove l'intera famiglia stava aspettando solo lei da oltre mezz'ora. Il tono della sua voce lasciava presagire una sfuriata di proporzioni epiche in arrivo.
-Immagino che tu debba andare- Margaery si era alzata, porgendole la mano, nella chiara richiesta di poterla accompagnare.
Avevano percorso il giardino ormai semi deserto in silenzio. I pochi festaioli rimasti si erano tutti radunati nelle vicinanze dei gazebo dove era stata consumata la cena, cosicché non avevano incontrato nessuno lungo il loro cammino.
Solo nei pressi del portone d'ingresso, che appariva come una netta linea di confine tra due mondi distinti rappresentati dal giardino e dagli interni della villa, Sansa aveva trovato il coraggio di chiedere alla sua accompagnatrice ciò che la tormentava da quando avevano lasciato lo spiazzo delle rose.
-Per te è stato solo un gesto impulsivo e dettato dall'alcol? Devo far finta che non sia accaduto nulla?- aveva sperato che nei suoi occhi non si leggesse quell'incertezza disperata, la paura di perderla dopo averla appena conosciuta. Doveva sembrarle così piccola e fragile, nella sua conoscenza ristretta del mondo, con quell'aspetto che ai suoi occhi doveva parere appena adolescenziale.
Margaery le aveva regalato un sorriso più dolce di tutti i precedenti.
-Sono effettivamente un po' brilla. Ma voglio rivederti, Sansa, perché mi piaci.- le aveva dato il suo numero di telefono, quindi si era sporta a baciarle l'angolo della bocca, con di nuovo quella malizia negli occhi.
E quello sguardo celeste aveva accompagnato Sansa lungo tutto il viaggio in macchina, la predica di sua madre un borbottìo meccanico in sottofondo; non l'aveva abbandonata neppure quando, poggiata la testa sul cuscino, era piombata in un sonno inquieto.

Da quella sera avevano cominciato a frequentarsi. La città in cui Margaery e suo fratello studiavano era facilmente raggiungibile in un'ora per mezzo dell'autobus, e Sansa aveva preso a recarvisi ogni fine settimana.
Uscivano insieme, parlavano e ridevano continuamente, come se gli argomenti non potessero mai esaurirsi. Margaery riusciva sempre a trovare del tempo da dedicarle, nonostante la spaventosa mole di studio dell'università, e dopo due mesi della loro pseudo relazione avevano girato la città in lungo e in largo.
Per celebrare i tre mesi di quello che ormai faticava a non considerare il loro fidanzamento, Sansa aveva chiesto a sua madre l'autorizzazione per restare a dormire da Margaery un sabato sera, naturalmente tacendo la vera natura del loro rapporto. Accordatole il permesso, aveva telefonato alla ragazza tradendo la propria euforia nel tono della voce.
Inutile dire che quel sabato sera gli eventi avevano preso una piega inaspettata- ma in un certo senso ovvia- e che Sansa non aveva fatto nulla per cambiare il loro corso.
Non aveva trovato alcun motivo per rimandare ancora; al contrario, quando si era trovata coinvolta con Margaery in un bacio estremamente passionale aveva deciso che era tempo di placare quel fuoco che le bruciava ogni volta nel ventre incontrando le sue labbra.
Avevano bevuto un po', decisamente più che al compleanno della signora Olenna, e i ricordi di Sansa su quel momento non erano mai stati estremamente vividi.
Ricordava solo le molle del divano cigolare oziosamente, seguendo il ritmo dei loro movimenti. Ricordava il sapore acre e leggermente fruttato delle labbra di Margaery, il suo corpo caldo premuto contro il proprio e le spinte circolari e lente con cui l'aveva portata a conoscere il piacere per la prima volta in vita sua.
Non era stato eccessivamente doloroso, né romantico come aveva sognato con la sua amica Jeyne Poole quando arrivavano a toccare l'argomento prima di addormentarsi.
Ma la mattina dopo, svegliandosi tra le braccia di una Margaery ancora profondamente addormentata, non si era pentita di niente.
Con il tempo i loro incontri si erano fatti sempre più audaci. Se in un primo momento la più grande si dimostrava cauta e premurosa, vedendo che lei l'assecondava si era fatta ogni volta più intrepida, e per Sansa ogni volta era stata un'esperienza tutta da scoprire.

La chiesa si stava svuotando quando Arya la tirò per un braccio. Non si era minimamente resa conto dello scorrere del tempo, dopo che quella visione nei banchi centrali l'aveva catapultata nel suo passato di adolescente.
La presenza di Margaery a quel matrimonio non lasciava presagire nulla di buono, non dopo tutto ciò che era accaduto tra loro. E come se non bastasse, Sansa non riusciva a decifrare pienamente i propri sentimenti. Sentiva solo un groviglio indistinto nello stomaco, quasi un dolore fisico.
L'unica possibilità era non farsi vedere da lei.
Seguì gli Stark stando bene attenta a procedere tra Jon e Bran, che ultimamente aveva superato Arya in altezza. Percorsero la navata senza problemi, seguendo a poca distanza gli sposi.
Gli ultimi rimasti in chiesa uscirono a loro volta, riversandosi nel piazzale ingombro di automobili. Gli Stark entrarono a loro volta in macchina: Jon sulla sua Punto nera con i fratelli, mentre le due ragazze si apprestavano a salire sull'Audi grigia di Ned e Catelyn.
Arya si era già sistemata sui sedili posteriori quando qualcosa attirò l'attenzione della sorella maggiore.
La mano già sulla portiera spalancata, Sansa si voltò: si sentiva osservata. Lanciò una breve occhiata di ricognizione alla chiesa e ai dintorni, ma proprio quando stava per tirare un sospiro di sollievo e darsi della complessata la vide accanto ad una Mercedes di un grigio metallico.
Ci stava appoggiata con una tale disinvoltura da far credere che lo facesse ogni giorno, per nulla preoccupata di poter rovinare quello splendido vestito che sicuramente era costato l'equivalente di uno stipendio della madre di Sansa.
La guardava con la stessa curiosità di quattro anni prima, quando Loras e Arya le avevano lasciate sole. Anche quel sorriso sghembo non era cambiato di una virgola.

Durante tutta la cena Sansa si sentì come un tacchino durante la vigilia di Natale. Sapeva che la sua ora si avvicinava con il passare di ogni secondo, ed era altrettanto consapevole di non poter sfuggire al proprio destino.
Robb e Talisa avevano deciso di organizzare una cena a buffet, in modo che ognuno potesse servirsi secondo le proprie preferenze. Quella scelta aveva avuto numerosi riscontri negativi, il più evidente dei quali era stato il caotico accalcarsi degli invitati attorno al tavolo delle portate principali, simile alla coda di una mensa per senzatetto in un giorno festivo.
Per Sansa la cosa era stata per lo più positiva. Si servì quel tanto che bastava a non suscitare la preoccupazione dei suoi genitori, quindi si sedette tra Arya e Bran senza che nessun cameriere le proponesse tartine o spuntini dai sapori artificiali.
Mentre piluccava distrattamente la sua magra porzione di maiale con patate arrosto, pensò per tutto il tempo a possibili vie di fuga. Anche se l'esperta in quel campo era notoriamente sua sorella, le vennero in mente alcuni trucchi che al momento non le parvero da buttare.
Ma dopo soli cinque secondi dovette tornare realistica e mettere da parte l'ipotesi di fingere un attacco epilettico, così come quella di gettarsi dal muretto a secco che aveva visto fuori del castello dove si erano recati per la serata.
In entrambi i casi avrebbe attirato l'attenzione di tutti, quindi anche quella della sua ex.
Il piano più fattibile era quello di andare da sua madre per comunicarle di stare poco bene, inventando qualche sintomo e assumendo un'espressione sofferente. Sicuramente Catelyn avrebbe acconsentito ad accompagnarla in albergo e si sarebbe successivamente scusata con Robb da parte sua; quando si trattava della sua figlia maggiore il dubbio che stesse mentendo non la sfiorava neppure. Se Arya diceva di stare male, invece, era un altro paio di maniche.
Inizialmente non seppe spiegarsene il motivo, ma scartò anche quella possibilità. Si disse che non poteva andarsene così all'improvviso dal matrimonio che suo fratello aveva organizzato con tanto impegno, e inoltre dopo la cena si sarebbe sicuramente ballato.
Ma c'era anche qualcos'altro a tenerla ancorata alla sedia, convincendola a portarsi alle labbra ancora un boccone e a bere un altro sorso di vino.
Stando attenta a non farsi notare, più volte cercò Margaery con lo sguardo. La trovò seduta con gli altri Tyrell e un paio di adulti che non aveva mai visto, probabilmente amici del padre di lei.
Margaery e suo fratello ridevano alle battute degli altri commensali, partecipavano animatamente alla conversazione. Spesso le sue dita affusolate avvolgevano lo stelo del bicchiere, se lo portava alle labbra con un movimento fluido e lo posava sul tavolo subito dopo aver bevuto un sorso.
La scollatura dell'abito metteva in risalto le sue clavicole leggermente sporgenti, lasciava completamente libera la lunga e squisita curva del collo.
Scoprendosi a mangiarla con gli occhi, Sansa si domandò se davvero volesse scappare.

Terminata la cena, come era prevedibile, gli invitati si diedero alle danze più sfrenate.
Quel groviglio di corpi sovreccitati in perenne movimento permetteva a Sansa di mimetizzarsi alla perfezione, fingendo di essere anche lei presa dalla musica e recandosi di tanto in tanto al bancone delle bevande per sorseggiare distrattamente qualcosa quando scattava l'allarme Margaery.
Riuscì a mantenere il ritmo per una mezz'ora buona, considerandolo già di per sé un ottimo risultato, finché la testa non cominciò a girarle per la musica troppo alta, quel poco di vino che aveva bevuto e la folla intorno.
Si appoggiò ad un tavolo, nel tentativo di calmarsi, mentre un paio di signore di mezza età si serviva del punch da una ciotola accanto a lei, schiamazzando brille e allegre.
Volse lo sguardo alla sala, dove i tavoli erano stati spostati contro le pareti per fare spazio; i contorni stavano lentamente tornando al loro posto quando una sagoma dai colori vivaci spiccò tra il mare di figure ondeggianti.
Impiegò qualche secondo a rendersi conto che era proprio la sua ex quella che si stava pericolosamente avvicinando- quale bizzarra coincidenza- al tavolo davanti al quale lei stava in piedi.
Il suo cervello si trovò improvvisamente intasato di pensieri sconnessi e mozziconi di piani di fuga; nel frattempo a sua fine avanzava inesorabile, ormai a pochi passi dalla meta, quasi serafica nel suo abito lungo.
Stupidamente, tastò con i palmi delle mani la superficie dietro di sé, rovesciando un paio di bicchieri contenenti ancora qualche goccia di bevande varie. Nel panico più totale, al fondo della sala adocchiò una porta che conduceva in un corridoio. All'inizio della serata sua madre glielo aveva indicato nel caso avesse avuto bisogno del bagno.
Ai suoi occhi fu un'apparizione divina.
Corse a perdifiato, facendosi largo a spallate tra giovani e adulti ubriachi fradici, fino a imboccare il corridoio. Anche allora non si fermò, spalancò la porta e si rifugiò in uno dei due bagni delle signore. Fu solo con la schiena poggiata alla porta, mentre riprendeva fiato quasi avesse corso la maratona di New York, che si rese conto di essere finita dalla padella nella brace.
Come a voler confermare le sue perplessità, dei passi frettolosi rimbombarono per il corridoio di pietra. Un attimo dopo Sansa udì il cigolio di una porta che veniva aperta, e seppe senza alcun dubbio che solo la porta alla quale stava appoggiata la separava dalla sua ex ragazza.
Le ginocchia le tremavano, come se da un momento all'altro le gambe avessero potuto cedere, e il cuore le palpitava in gola. Anche se date le circostanze avrebbe dovuto provare soltanto il panico più assoluto, un pensiero vivido le attraversò la mente.
Si ritrovò a interrogarsi sul vero motivo per cui era fuggita in quel corridoio, ben sapendo che conduceva ai bagni. Perché non aveva imboccato l'uscita, se il suo scopo era quello di evitare Margaery? Non si sarebbe certo dovuta infilare in un vicolo cieco, se non avesse voluto attirarla in un luogo appartato. Fu scossa dai brividi metabolizzando che in verità il suo obiettivo era stato quello sin dall'inizio della serata; ebbe paura di se stessa.
La sua autoanalisi venne bruscamente interrotta da una voce proveniente dall'altra parte della porta.
-Sansa, esci di lì, per favore.-
Alla ragazza parve di trovarsi sull'orlo di un precipizio e di star perdendo l'equilibrio, senza poter fare nulla per salvarsi. Respirò profondamente e a lungo, nel silenzio più carico di tensione della sua intera esistenza, quindi si decise a rispondere, in un sussurro. -Che cosa vuoi da me?-
-Vorrei solo parlarti, e vederti. Ma se non ti decidi a uscire...-
Con una mossa fulminea dettata dal semplice istinto che la riempì di stupore, Sansa spalancò la porta e venne allo scoperto. Le ci volle qualche secondo per notare di trovarsi a pochi centimetri di distanza dal volto di Margaery, che probabilmente si era appoggiata alla porta a sua volta e ora aveva rischiato di essere investita dalla sua trafelata entrata in scena.
Tentò di allontanarsi con uno scatto, ma urtò contro la porta dietro.
-Sono passati quasi quattro anni. Quanto sei cresciuta...- gli occhi di Margaery erano indecifrabili, non riuscì a leggervi le sue emozioni come aveva imparato a fare durante la loro relazione. -...sei diventata ancora più alta.-
Sansa quasi non sentì le mani di lei posarsi sulle sue spalle.
-Sono stata una codarda.- la ragazza più grande abbassò lo sguardo per una frazione di secondo, per poi riportarlo sulla rossa, che la fissava trattenendo il respiro. -Aspettavo questo matrimonio da mesi, perché non avevo il coraggio di venirti a cercare.-
-Perché avresti dovuto cercarmi?- la voce di Sansa era appena un mormorio sommesso.
-Perché da quel giorno non ho desiderato altro che rivederti.-
Le labbra di Margaery riuscirono a sfiorare le sue, prima che la più piccola la respingesse non troppo dolcemente, come se tutto a un tratto avesse preso coscienza delle circostanze.
-Che diavolo fai? Non puoi baciarmi senza alcuna spiegazione, dopo quello che è successo tre anni e mezzo fa...- il suo tono voleva essere irritato e deciso, ma si affievolì inevitabilmente pronunciando le ultime parole. Le bruciavano le guance, e temette seriamente che le gambe non la reggessero più.
Stava quasi per lasciarsi andare, fingendo uno svenimento neppure troppo falso, quando con una mossa fulminea Margaery poggiò le mani contro la porta, ai lati della sua testa.
In quel momento, bloccata dalle sue braccia, comprese davvero di non avere via di scampo. Non che sfuggire a quella situazione fosse impossibile; le sarebbe bastato respingere la sua ex e ritornare nella sala da ballo, pregare sua madre di accompagnarla in albergo perché si sentiva stanca.
Ma le vere catene che sapeva l'avrebbero tenuta ancorata in quel bagno per parecchio tempo se l'era forgiate personalmente, dal momento in cui l'aveva vista in chiesa tra Loras e la signora Olenna.
La sua mente si svuotò in un attimo. Tutto il risentimento, i ricordi e le lacrime versate a causa sua e i giuramenti fatti a se stessa di non volerla vedere mai più, svanirono in un vortice di impulsi primitivi e irrefrenabili.
Così, quando Margaery si sporse verso di lei con quel solito mezzo sorriso, e le disse: -Sei sempre stata una che pensa troppo, Sansa.- le incorniciò il viso con le mani e premette con forza le labbra sulle sue.
Entrambe schiusero le labbra immediatamente, e dopo tanti anni avere il sapore di lei in bocca fece credere a Sansa di poter morire in quel preciso istante.
Le mani della sua ex si scostarono dalla porta, immergendosi nei suoi capelli ramati e disfacendole l'acconciatura con qualche difficoltà. Si separarono per riprendere fiato, il pavimento disseminato di forcine per capelli, per poi riprendere a baciarsi quasi con violenza.
La rossa si sentiva le guance in fiamme, anche se quel bruciore non era neppure lontanamente paragonabile all'incendio che le stava divampando tra le gambe.
Percorse i suoi fianchi con le dita, stringendoli come se temesse di potersi svegliare da un momento all'altro, scoprire che non era stato altro che un sogno.
Risalì lungo la schiena, fino a incontrare una serie di piccoli bottoni che per poco non scucì nella foga di aprire.
Margaery ruggì di frustrazione quando la più piccola abbandonò la sua bocca, ma subito dopo emise un ansimo quando la sentì baciarle il collo, schiudendo le labbra per lambire con la lingua le zone di pelle che precedentemente aveva morso.
Sansa le mordicchiò il lobo, in modo da farle avvertire il proprio respiro nell'orecchio. -Che cosa vuoi, Marge? Una sveltina, e poi mi lascerai di nuovo come un fazzoletto usato?-
L'altra ragazza rabbrividì visibilmente al tono della sua voce, scoprendovi mescolati sensualità e dolore allo stesso tempo.
-So solo che non tornerei in quella sala per nulla al mondo, e che non c'è altro posto in cui vorrei trovarmi in questo momento.-
Non appena la più piccola udì quelle parole, sentì una mano insinuarsi sotto la gonna del suo vestito corto, accarezzarle la coscia con lentezza misurata. Non riuscì a trattenere un piccolo gemito quando Margaery le graffiò sensualmente il ventre, per poi discendere fino a raggiungere l'elastico degli slip.
Le afferrò il polso giusto in tempo; era certa che se fosse riuscita a stuzzicarla anche solo un minimo le sarebbe risultato impossibile fare alcuna resistenza.
La ragazza la guardò con quegli occhi azzurri pieni di perplessità, come se temesse di veder crollare la certezza di essere riuscita a convincerla. Sansa però sapeva che quella certezza non era stata minimamente scalfita.
-Marge, ti prego...- prese un respiro profondo, le guance le si imporporarono mentre raccoglieva il coraggio necessario a terminare la frase. -Voglio la tua lingua dentro di me.-
Margaery continuò a fissarla per attimi che le parvero interminabili, le gote arrossate e ciuffi ribelli a contornarle quel viso d'angelo.
La rossa stava per rimproverarsi aspramente a causa delle parole appena pronunciate, sicura di aver rovinato tutto, quando la più grande le strinse i fianchi tra le mani in un bacio impetuoso. Si separarono solo impercettibilmente, giusto per riempirsi i polmoni dell'aria sufficiente a permettere alle loro lingue di intrecciarsi ancora in quella danza carnale.
Sansa sentì le mani della sua ex abbassarle con foga la zip del vestito e l'unica spallina un attimo dopo, lasciando il suo busto celato solo dal reggiseno di pizzo.
Gemette rumorosamente quando quelle labbra sottili percorsero il suo collo, fino a raggiungere il petto serrato in quella gabbia di stoffa.
Margaery baciava e leccava i suoi seni quasi con venerazione, mista alla stessa irruenza che le aveva dimostrato dal primo bacio che si erano scambiate dopo tutti quegli anni di lontananza. Le strappò un altro gemito quando le sue mani liscie tornarono a insinuarsi sotto la sua gonna, questa volta per stringerle possessivamente le natiche.
-Sei proprio diventata una donna, piccola Sansa.-
Se uno dei suoi fratelli maggiori o chiunque altro avesse osato chiamarla "piccola" Sansa si sarebbe infuriata; ma sentirselo dire da Margaery, con quel tono che era un mormorio roco, per poco non la fece venire senza neppure essere toccata.
Estasiata dalle attenzioni che lei stava dedicando al suo petto, ma al contempo impaziente, portò una mano tra i suoi lunghi capelli castani e la spinse verso il basso.
Quando stavano insieme la sua ex aveva sempre dato prova di trovare particolarmente dilettevole farla impazzire prima di assecondare qualsiasi sua richiesta, e non si smentì neppure quella volta.
Di fatto spostò le proprie mire dal suo seno a poco più in basso, mordicchiandole il ventre lasciato scoperto dal vestito mentre le sue mani non smettevano un attimo di stringerle il fondoschiena.
-Quanto siamo impazienti.- e la sua voce era tanto bassa che la udì appena.
Le leccò il contorno dell'ombelico prima di infilarci la lingua, e solo quando Sansa quasi gridò per la frustrazione si decise ad accontentarla.
Le sollevò la gonna con le mani, e la rossa giurò che le sue labbra si fossero piegate in quel sorriso irresistibile alla vista delle sue mutandine fradice. Abbassò lo sguardo e per poco la sua ragione non andò all'altro mondo alla vista del rigonfiamento della sua gonna che era la testa di Margaery, mentre le sue mani le sfilavano lentamente gli slip.
-Mio Dio...- sussurrò la castana, e nonostante non la vedesse in volto Sansa avrebbe potuto giurare che si era leccata le labbra.
Sperò con tutto il cuore che oltre la porta nessuna signora stesse pazientemente aspettando il proprio turno di svuotare la vescica, perché non potè far altro che gridare quando la sua ex si avventò contro la sua intimità come un leone su un'inerme preda.
Sentì la sua lingua leccare lungo tutta la sua entrata, con calma e a lungo, come se stesse gustandosi il suo piatto preferito. Non perse tempo a spingere con i fianchi contro il suo viso, stremata da quella tortura e dal desiderio che le incendiava il ventre da quando le loro labbra si erano incontrate.
Margaery ridacchiò con il viso premuto contro il suo sesso, quella risatina altezzosa e tremendamente erotica che le veniva involontaria quando sapeva di avere il pieno controllo. Strinse le cosce di Sansa e affondò in lei con tutta la lingua.
La rossa tentò invano di smorzare il gemito che le salì in gola, scaturendo dalla sua bocca dopo quelli che per lei erano stati anni di astinenza quasi volontaria a qualsiasi rapporto sessuale.
Un paio di ragazze si erano dimostrate interessate a lei, ma le aveva respinte, seppur a malincuore. Non che le sarebbe dispiaciuto vivere una relazione senza particolare impegno con una di loro; ma era certa, anche se sarebbe morta piuttosto che ammetterlo, che a letto il pensiero della sua ex ragazza non l'avrebbe mai abbandonata.
Concedersi per la prima volta in assoluto a una come Margaery era il più grande errore che si potesse fare, poiché dopo di lei qualsiasi altra sarebbe stata del tutto deludente.
Eppure, accompagnando gli affondi della sua lingua con energiche spinte dei fianchi, Sansa pensò che avrebbe commesso quell'errore altre mille volte.
Poggiò una mano sul capo della sua ex, coperta dalla stoffa liscia della gonna, dettando il ritmo secondo il proprio volere.
Ma a Margaery era sempre piaciuto fare di testa propria, senza alcuna interruzione esterna, e per vendetta uscì dalla sua intimità senza più rientrarvi, limitandosi a mordicchiarle le labbra insolente.
Sansa ruggì il suo nome, muovendo freneticamente i fianchi nel tentativo di convincerla a riprendere ciò che aveva sospeso, detestandola dal profondo del cuore per essersi interrotta proprio quando stava per farle raggiungere il culmine.
Di nuovo la castana sogghignò, soddisfatta dei risultati che stava ottenendo, e dopo aver percorso la sua entrata con un'ultima, lunga leccata mormorò: -Devi fidarti di me, piccola Sansa. Io so meglio di chiunque altro come farti impazzire.-
Sansa avrebbe voluto darle della stronza montata, se solo non avesse riconosciuto quelle parole come le più vere del mondo, e la bocca di Margaery non si fosse chiusa sul suo clitoride dopo averle pronunciate.
A quel punto non riuscì più neppure a formulare un frammento di pensiero, tanto era persa a gemere nel piacere quasi insostenibile che le procuravano quelle labbra sottili succhiando affamate il suo centro.
Non resistette che per poco prima di venire, spingendo freneticamente i fianchi contro il viso della sua ex, e neanche allora Margaery si fermò. Tornò a lambire il suo sesso con la lingua, prolungando il più possibile le ultime ondate dell'orgasmo, prestando attenzione a non farsi sfuggire neppure una goccia del suo nettare.
Ritrovarsi dinanzi il volto della sua ex ancora sporco dei propri umori, unito alla spossatezza che la invase dopo uno degli orgasmi più intensi che avesse mai avuto, fece cedere definitivamente le gambe a Sansa.
Margaery le impedì di cadere, stringendola a sé come aveva sempre fatto quando stavano insieme, lasciando che le poggiasse la testa sul petto anche se era più alta di lei.
Quando anche gli ultimi strascichi di piacere l'abbandonarono, la più piccola si sentì assalire dalla malinconia, mista alla rabbia ora che i pensieri tornavano ad affiorare. Alzò il viso e fissò quegli occhi azzurri, scuriti quasi completamente dalla lussuria, e nonostante il tumulto che le si agitava nel petto non potè fare a meno di eccitarsi nuovamente vedendola leccarsi le labbra lucide dei suoi fluidi.
La baciò con furia disperata, attirandola a sé per i fianchi, assicurandosi di premere il suo corpo nuovamente ardente di desiderio contro quello di lei. Il risentimento di essere stata tradita non l'aveva mai abbandonata in quei quattro anni, e in quel momento si trovava scissa tra due fazioni contrastanti. Se da un lato avrebbe voluto riempire Margaery di improperi, respingerla come si sarebbe meritata, dall'altro aveva prevalso la parte di lei che nelle sue labbra aveva ritrovato un motivo per vivere.
La castana ansimò quando l'altra ragazza le si strusciò contro con ancora più impazienza, come se volesse provarle quanto il suo corpo era cambiato in meglio, le sue forme più definite e adulte; quasi dovesse dimostrarle qualcosa.
Contro la parete, accanto ai lavelli, vi era un tavolo di quelli adibiti al cambio dei bambini. Sansa vi spinse contro la sua ex, finché questa non si lasciò persuadere e vi si sedette, senza mai separarsi dalle sue labbra insaziabili.
Le strinse un seno da sopra la stoffa del vestito, suscitando un ansimo da parte di Margaery e un mare di ricordi nella propria mente. Seppellì il volto nell'incavo del suo collo, baciando quella pelle candida tra i respiri spezzati, sentendo un nodo formarlesi in gola per il surrealismo di quella situazione.
-Perché lo hai fatto?- ed era un singhiozzo frenato.
Le sovvenne la memoria amara di quella sera, quando quella che, nelle sue speranze di adolescente, aveva creduto sarebbe stata la donna della sua vita le aveva confessato di aver avuto un'avventura con una sua insegnante dell'università. La Margaery diciannovenne le aveva detto, con un'aria insopportabilmente indifferente, che se lo avesse voluto la loro storia sarebbe finita. Aveva ammesso di essere nel torto; ma al fascino di quella tale Cersei Lannister, di quindici anni più grande di lei, non aveva saputo resistere.
Dopo aver passato una settimana infernale mangiando appena il necessario a non svenire, Sansa aveva deciso di doversi fare una ragione di quanto accaduto. E da quel momento si era trascinata di giorno in giorno, di mese in mese, quasi fingendo che Margaery non fosse stata la cosa più bella e instabile che fosse mai accaduta nella sua breve monotona vita.
-Il fatto che io sia la più grande delle due non significa che sia anche la più saggia.- la voce della sua ex la strappò ai suoi ricordi, stupendola per la sua vena avvilita.
-Ero troppo orgogliosa per venire a chiederti scusa, per pregarti in ginocchio di perdonarmi. Stupidamente credevo che avrei potuto rimpiazzare una ragazzina con chiunque altro, mi ero convinta a catalogarti come un divertimento passeggero, un abbaglio preso per il troppo alcol e poi nutrito troppo a lungo.-
La mano destra di Sansa si fece strada tra le pieghe della sua gonna, ansiosa di incontrare la pelle scoperta di quelle cosce candide. Tornò a guardarla negli occhi, in trepida attesa delle parole che vedeva smaniare per uscirle dalle labbra.
-Ma Sansa, in questi quattro anni, non c'è stato un solo giorno in cui io non abbia pensato a te.-
Non resistette oltre e la baciò, il bacio più dolce e al contempo disperato che si fossero mai scambiate. La rossa risalì lungo la sua coscia, premette il palmo contro la sua intimità da cui non la separava che un sottile strato di stoffa umida.
-Credi che dicendomi questo io ti perdonerò quattro anni passati a tentare di dimenticarti invano? Quattro anni in cui mi sono convinta che mi avessi solo usato, che ti fossi presa la mia verginità come se non contasse niente?-
Margaery ansimò contro la sua bocca, tirandole piano il labbro inferiore con i denti mentre la più piccola le cerchiava il clitoride da sopra gli slip.
-Non so se mi perdonerai, ma so di non meritarlo. Tu dimmi la verità: dal primo momento in cui mi hai vista, hai capito che sono una stronza orgogliosa. Io ti dirò solo che sei tutto ciò che questa stronza vuole al mondo.-
Sansa salì sul tavolo a sua volta, sedendosi a cavalcioni sul suo grembo.
-Per me sarai sempre la prima e l'unica, Marge.- e dicendo ciò le infilò la mano dentro gli slip, rischiando di perdere il lume della ragione sentendola così calda e bagnata a causa sua.
Entrò dentro di lei con due dita, adottando un ritmo incalzante sin da subito, senza praticamente darle il tempo di metabolizzare quanto stava accadendo. La sua ex si abbandonò ai gemiti, cercando la sua bocca ogni qualvolta ne aveva la possibilità, anche se le sue spinte non le davano quasi tregua.
-Perché mi hai tradita con quella professoressa?- chiese Sansa, le ultime parole esalate in un gemito poiché la mano destra della castana si era insinuata a sua volta sotto la sua gonna, per poi penetrarla con forza senza neppure trovare l'impedimento degli slip.
La più grande approfittò della posizione in cui si trovavano per affondare il viso contro il petto della rossa, soffocando i versi quasi animaleschi che le graffiavano la gola.
-Non ero abbastanza, per te?- continuò l'altra, accompagnando quelle parole di sfida con un affondo particolarmente mirato, inarcando le dita dentro di lei dove sapeva esserci un punto sensibile.
Margaery rispose inarcandosi contro di lei, gemendo il suo nome così forte che dalla sala qualcuno avrebbe tranquillamente potuto udirla, quindi aggiunse un terzo dito strappando un urlo alla più piccola.
Presero a spingere vicendevolmente, sudate e ansanti, le fronti premute l'una contro l'altra e le labbra, spalancate nei gemiti, che ogni tanto si incontravano, mordendosi, per poi tornare a separarsi pregne del sapore dell'altra.
-Avevi bisogno di andare a letto con qualcuno più maturo...- Sansa dovette interrompersi; le si mozzò il fiato in gola quando le tre dita della castana entrarono così a fondo da non parerle possibile. -...per sentirti più matura a tua volta?-
Vennero insieme, raggiungendo un picco di piacere che non avevano mai neppure sfiorato durante la loro breve ma intensa relazione.
Sansa si abbandonò contro la spalla della sua ex ragazza, fondendosi con lei in un abbraccio stremato e fremente, le loro dita a riempirle a vicenda. Sentiva Margaery ansimare ancora contro il suo seno, cercare di riprendersi da quell'orgasmo violento.
Non si aspettava una risposta alla sorta di sfogo che aveva espresso durante il loro amplesso, perciò rimase sorpresa quando la ragazza prese fiato e parlò.
-Ti ho tradita perché sono stata una stupida, perché l'idea di andare a letto con una vera adulta mi elettrizzava, credevo che sarebbe stata un'esperienza unica di cui mi sarei potuta vantare. Ho cercato di sminuire ciò che provavo per te, di convincermi che non eri niente. Avrei voluto continuare a vivere come avevo sempre fatto, passando da un'avventura all'altra senza impegni e sentimenti.- quegli occhi azzurri la cercarono, colmi di qualcosa che Sansa non vi aveva mai scorto: pentimento. -Ma tu sei riuscita a cambiarmi, piccola mia; tu mi hai fatto maturare più di qualsiasi professoressa universitaria.-
E a quel punto fu inevitabile che le loro labbra si incontrassero, accese da una passione pari a quella dei loro altri baci, ma questa volta intrisa di un sentimento prima represso da entrambe le parti.
Sansa sentì la stanchezza svanire come per incanto e il desiderio crescerle nuovamente nel ventre, e più tardi non avrebbe saputo dire per quanto tempo fossero rimaste in quel bagno a fare l'amore.
Aveva totalmente perduto la cognizione del tempo, e anche se l'avesse avuta non le sarebbe servita a nulla. Cosa poteva importare, se non la certezza che Margaery sarebbe rimasta con lei; che dopo quella sera, sarebbero di nuovo appartenute l'una all'altra?

But there's nothing to be afraid of
Even when the night changes
We will never change, me and you


NdA: Le frasi a inizio e fine capitolo sono tratte dall'omonima canzone dei one direction.



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